Pio XII – Parla la regista Liana Maraini
“Il mio film per la beatificazione”

Pio XIIL’immagine sulla locandina sarà per molti un pugno nello stomaco: Pio XII nel candore del suo abito talare, con una stella gialla all’altezza del cuore. Si presenta così “Sfumature di verità”, il film che Liana Marabini, regista d’ispirazione cattolica, ha dedicato al pontefice. E il suo significato è tutto lì, in quell’immagine. Nel simbolo della persecuzione antiebraica apposto alla veste di colui che è stato definito il “papa di Hitler”, “il papa del silenzio” perché tacque sulla persecuzione antiebraica, anche quando nell’ottobre  del ‘43 da Roma partirono i treni che portarono ad Auschwitz gli ebrei rastrellati nel ghetto.
Sul ruolo di Pio XII negli anni della Shoah, gli storici sono ben lontani dall’essere giunti a conclusioni unanimi. Si continua dunque a discutere mentre si attendono le verità che potrebbero giungere dagli archivi vaticani, che ancora rimangono chiusi agli studiosi. “Sfumature di verità” entra però a gamba tesa nel delicato dibattito e ambisce a porgere decisive certezze nel processo di canonizzazione. Nel film e nelle parole della regista l’appello alla beatificazione di Pio XII risuona forte e chiaro, senza alcuna possibilità di equivoco. “Nessuno più di Pio XII merita di essere beatificato”, dice Liana Marabini. Non solo. “Considero un miracolo tante vite salvate in condizioni così estreme come quelle della Seconda guerra mondiale, in paesi occupati dai nazisti. Nessuno ha fatto più di lui, in quelle condizioni”.
Secondo la regista – che in più occasioni ha parlato di Pio XII come dello “Schindler del Vaticano” – il pontefice avrebbe salvato la vita a 800 mila ebrei in tutt’Europa, attraverso le disposizioni impartite ai vescovi del mondo, accogliendo gli ebrei nelle case e strutture della Chiesa, anche all’interno delle mura Vaticane e nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo. È una tesi che alcuni storici liquidano come del tutto priva di fondamento o addirittura come un “falso storico”, che potrebbe restare circoscritta a pochi addetti ai lavori, se il film non la immettesse in un circuito teso a imprimerle risonanza enorme.
Per “Sfumature di verità” – che nel cast annovera David Wall, Christopher Lambert, Giancarlo Giannini e Remo Girone – sono in programma presentazioni di massimo prestigio – oggi in Vaticano, fuori concorso al Festival del Cinema di Cannes e a settembre a Philadelphia all’Incontro mondiale delle Famiglie a Philadelphia, al quale interverrà anche il papa. Fra poche settimane il lavoro sarà in 325 sale cinematografiche italiane. Seguiranno 280 sale in Francia, Belgio, Germania, Stati Uniti, Argentina, Spagna e Portogallo e infine approderà in televisione.
È un’operazione di massa che per scrivere e riscrivere la Storia fa leva sulla fiction, arma rivelatasi in questo senso di un’efficacia spaventosa, oltre che perfettamente in linea con il gusto dei tempi. L’obiettivo, esplicito, è muovere le coscienze e la sensibilità collettiva in favore del pontefice. “Nel processo di canonizzazione, nessuno può fare molto, senza i miracoli accertati” spiega la regista. “Ma per la beatificazione spero che non solo il film, ma l’opera di tante persone, cristiani ed ebrei, associazioni, comitati, libri, articoli, possano fare qualcosa. Nessuno più di Pio XII merita di essere beatificato. Anche se, personalmente, considero un miracolo tante vite salvate in condizioni così estreme come quelle della seconda guerra mondiale, in paesi occupati dai nazisti. Nessuno ha fatto più di lui, in quelle condizioni”.

Il rapporto tra Pio XII, la Shoah e gli ebrei è un argomento spinoso e molto delicato. Perché ha voluto occuparsene?
Io non dimentico mai che la mia religione ha radici ebraico-cristiane. Gesù era ebreo, Maria Vergine era ebrea, Giuseppe era ebreo. Questa radice è qualcosa che tutti noi cristiani abbiamo in noi, nel nostro Dna. E ora, in questi anni di questo secolo, abbiamo in comune con gli ebrei anche il martirio per la nostra religione. Ora i cristiani sono martirizzati, perché sono tali, esattamente come gli ebrei lo sono stati per secoli. Penso che non esista fratellanza più grande tra due religioni come tra quella ebraica e quella cristiana. Era naturale per me pormi delle domande sulla controversa questione di Pio XII e l’Olocausto.

Questo a livello generale, ma da un punto di vista più immediato?
Anni fa ho avuto l’occasione di conoscere un anziano ebreo che teneva in casa la foto di Pio XII . Mi disse che Pacelli era l’uomo cui doveva la vita e aggiunse “È un tale peccato fare una guerra così insensata a questo Pontefice… In fondo siamo tutti fratelli e lui ha fatto molto”. “Siamo tutti fratelli” era una frase che parlava al mio cuore.
Decisi allora di fare un film, per dire ai nostri fratelli (non solo ebrei, ma anche cattolici) che Pio XII va commemorato come un giusto. Cominciai a raccogliere documentazione, sfruttando tutte le fonti possibili: la lettura degli Actes et documents; gli incontri e le  testimonianze; l’analisi di archivi di prigioni e monasteri; la visione di collezioni private di lettere e documenti. Soprattutto Sir Martin Gilbert, il più grande storico dell’Olocausto, che con i suoi scritti è stato il mio mentore. Aggiungo anche tutta la documentazione in possesso della Fondazione Pave the Way, che mi è stata generosamente messa a disposizione e che è forse la più ricca raccolta privata al mondo di prove riunite in un unico posto, dell’opera di Pio XII a favore degli ebrei. Pensai che un film, anche se ha meno “spazio” temporale (cento minuti) di un libro, potesse essere più immediato e più accessibile a tutti e che potesse spezzare una lancia a favore di Pio XII e della sua azione a favore degli ebrei.

L’atteggiamento di Pio XII rispetto la Shoah è stato molto discusso. “Nonostante i meriti per aver salvato un certo numero di ebrei, questo Papa non ha preso posizione pubblica ufficiale contro la Shoah, che era la condanna a morte di tutti gli ebrei”, dichiarava nel 2009 il rabbino Giuseppe Laras, allora presidente dell’Assemblea rabbinica italiana. Non ha provato un certo disagio nell’affrontare l’argomento?
Io sento nel cuore il dolore degli ebrei, e rispetto molto il rabbino Laras: ho letto tutti i suoi libri. Ma vorrei dire questo al rabbino: hanno molto più valore le vite ebree salvate di quanto possa avere una posizione da prendere ufficialmente. Prima di essere Papa, Pacelli era un nunzio, vale a dire un ambasciatore, cioè un diplomatico, e ha fatto tutto con quello che conosceva meglio: la diplomazia. Se avesse condannato con più forza il nazismo, sarebbe accaduta la stessa cosa che è successa in Olanda: a seguito della protesta dei vescovi olandesi sono stati giustiziati gli ebrei e anche gli ebrei convertiti al cristianesimo fra cui Edith Stein, che fu proclamata santa, e sua sorella.
Prendo atto delle parole del rabbino Laras, ma rispetto e ammiro anche la storia del rabbino Israel Zoll, divenuto Eugenio Zolli dopo la guerra, in segno di gratitudine verso Pio XII. Zoll ha vissuto in prima persona quel periodo, ha visto l’azione di Pacelli e il suo gesto racconta la storia senza parole. A volte le parole possono anche non esprimere ciò che si pensa veramente, ma i gesti mostrano la verità. Pacelli ha fatto gesti, non ha detto parole.

Il manifesto del film mostra l’immagine di Pio XII con la stella di Davide. Non pensa che qualcuno la troverà disturbante?
Spero che nessuno la trovi tale. Si riferisce a cristiani antisemiti? O a ebrei anti-cristiani? Spero che, se persone di queste due categorie si sentono disturbate, questa immagine ricordi loro che abbiamo una stessa radice, ebraico-cristiana, appunto, come dicevo sopra. Quindi siamo fratelli. E i fratelli possono litigare, ma niente e nessuno può cambiare la realtà della loro fratellanza.
L’immagine della locandina è in realtà un sogno che il protagonista fa verso la fine del suo cammino di ricerca della verità. Partito con pesanti pregiudizi contro Pio XII, man-mano che avanza nella sua indagine e raccoglie testimonianze, David Milano, giornalista incaricato di scrivere un articolo, sogna il Papa con la stella gialla cucita sulla veste: questo sogno riassume lo stato d’anima del protagonista.
E poi, è anche un fatto personale: durante la seconda guerra mondiale, i nazisti hanno chiesto ai danesi di origine ebrea di cucire una stella gialla sugli abiti per essere riconosciuti. E tutti i cittadini danesi cucirono stelle gialle sugli abiti. Questo è un gesto di grande eroismo e bellezza e mi è sembrato normale immaginarlo sulla veste di Pio XII, che per me, e per molti ebrei e cristiani, è un eroe.

La fiction che scrive la Storia va di moda. Tanto da spopolare pure agli Oscar – dal discusso “Selma” di Ava DuVernay sulla battaglia per i diritti civili in America, a “The Imitation Game” sulla vicenda di Alan Turing ad “American Sniper”. In film del genere il dato storico è inevitabilmente manipolato. Ma il mix di verità e finzione che ne risulta è così suggestivo che sull’onda dell’emozione si finisce per credere che è tutto vero. Come mai ha scelto la fiction per raccontare quel momento storico?
Sono d’accordissimo. Romanzare la storia può creare confusione nello spettatore/lettore. È quello che è successo con la rappresentazione teatrale “Il Vicario” di Rolf Hochhuth e altri scritti. Per questa ragione considero il mio un film-inchiesta. Perché non è romanzato. Nemmeno la storia d’amore descritta nel film è inventata. Le battute che i personaggi dicono esistono tutte in scritti o documenti che sono accessibili.
Nella controversa storia di Pio XII mi ha sempre stupita la mole di documentazione esistente a favore della tesi che lui abbia aiutato gli ebrei, paragonata alla documentazione esistente a favore della tesi opposta. Non ho trovato testimonianze di ebrei che avessero bussato alla sua porta e che lui ha respinto. Non ho trovato lettere in cui mandava ai nazisti liste di nomi di ebrei; non ho trovato documenti dell’occupante tedesco in cui è menzionato un qualche legame con Papa Pacelli. Invece ho analizzato gli scritti di Sir Gilbert, ho ascoltato testimonianze di persone che lo hanno conosciuto (ebrei e non), ho letto le parole di Golda Meir, Albert Einstein e tanti altri. I personaggi che ho incontrato e le parole che hanno detto sono tutte documentate, e i personaggi del film sono loro.

Il suo film, secondo quanto lei ha dichiarato, si basa su quasi centomila pagine di documenti, testimonianze poco note o inedite di ebrei sopravvissuti, libri. Con criterio ha selezionato i documenti?
Il criterio era di non lasciarmi sfuggire qualcosa di quanto disponibile per la documentazione. Mi serviva la convinzione di avere letto tutto e di avere ascoltato tutte le testimonianze, per essere più obiettiva possibile nella scrittura della sceneggiatura.
Il film non ha la pretesa di fare uno scoop, ma di aprire una finestra sulla vita e l’opera di Pio XII attraverso il cammino di qualcuno che non lo amava e lo ha scoperto un poco alla volta. Spero, in cuor mio, che qualcuno dei detrattori di Papa Pacelli abbia la grazia di fare lo stesso percorso. Il film trasmette un messaggio non solo a quella parte dei nostri fratelli ebrei che accusano ingiustamente Pio XII. Ma anche a tanti cattolici che, influenzati dall’azione dei comunisti che lo hanno denigrato nella vita e dopo la morte, lo hanno condannato senza conoscere veramente la sua opera.

Daniela Gross

(2 marzo 2015)