Un rabbino grande un secolo

toaff_vignettaalbertiniTra i desideri espressi dal rav Elio Toaff (z.z.l), 1915-2015, c’era quello di avere, nell’ora dell’estremo saluto, i suoi allievi attorno a sé. Quegli allievi che aveva formato negli anni del Collegio Rabbinico e che avevano poi intrapreso la
professione. Chi a Roma, chi altrove, ma sempre serbando un debito di riconoscenza nei confronti del Maestro.
Gli allievi di allora, i rabbini di oggi, sono accorsi in massa a Livorno per testimoniare il loro dolore.
E a Pagine Ebraiche hanno raccontato il ruolo del rabbino emerito su quelle che sono state le loro scelte e le loro convinzioni.
Tanti tasselli, situazioni circoscritte e suggestioni, che ricostruiscono l’impatto di un Maestro capace di incidere non solo nei momenti straordinari, ma anche nella quotidianità.
“L’incontro con il papa in sinagoga è stato un momento importante, ma non riassume la biografia. La sua è infatti la storia di una figura che ha segnato l’ebraismo italiano per almeno mezzo secolo” ricorda rav Riccardo Di Segni, dal 2001 suo successore come guida spirituale della più antica comunità della Diaspora. “Rabbino capo di Roma, prima ancora rabbino ad Ancona e Venezia, nato e cresciuto in una città dalla significativa tradizione ebraica come Livorno, dove ha voluto fare
ritorno per riposare al fianco della moglie. Parlare del rav Toaff vuol dire addentrarsi in questo mondo: soffermarsi sui singoli episodi – sottolinea il rabbino capo – ma abbracciare l’intera esperienza”. Quell’esperienza di vita, tra alti e
bassi, tra grandi gioie e dolori indelebili, comunque sempre intensa, che il rabbino partigiano ha tracciato nell’ultima intervista, concessa a Pagine Ebraiche in occasione del suo novantacinquesimo compleanno. Il ruolo e la dimensione del rabbinato. L’impegno verso la collettività di un leader spirituale. I giorni bui e la rinascita. Il rapporto con il padre, Maestro anch’egli. L’importanza di prendersi sul serio: ma non troppo. Questi i temi principali affrontati insieme a Guido Vitale, direttore della redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Un’intervista rilanciata
con evidenza dai media nazionali e internazionali nel momento stesso in cui si diffondeva la notizia della scomparsa, per arrivare alla scelta del quotidiano della Santa Sede l’Osservatore Romano che ha reso omaggio alla memoria del rav pubblicando in prima pagina il disegno realizzato allora da Giorgio Albertini.
Tra i tanti momenti di approfondimento anche uno spazio di confronto che ha visto Vitale nella diretta Rai ripercorrere i
momenti salienti della vita del Rav e raccontare alcuni aneddoti di quel colloquio. “Vedo spesso una carenza di misura,
di modestia se vogliamo. E talvolta anche di senso dell’umorismo” aveva confessato il rabbino emerito in quell’ultimo colloquio gettando lo sguardo su una vita comunitaria in cui non si ritrovava fino in fondo. Ma al tempo stesso rav Toaff aveva lasciato anche un memorabile insegnamento alle nuove generazioni. “Mio padre non me ne faceva passare una e forse proprio questa è stata la lezione più grande. Fare il rabbino significa agire secondo giustizia, senza favoritismi. Ma anche lasciarsi portare da un infinito amore.Proprio quello – le sue parole – con cui lui mi istruì”.

Adam Smulevich

“La fiducia del Rav, un grande onore”

gattegnaRav Elio Toaff ha lasciato segni indelebili nella mia vita, in quella degli ebrei romani e in tutto l’ebraismo italiano.Soprattutto nei giovani, ai quali ha sempre dedicato tempo e attenzioni.
Aveva una personalità di alto valore che incuteva rispetto e al tempo stesso ispirava simpatia.
Aveva un eloquio semplice e schietto, senza peli sulla lingua, ma sempre rispettoso della dignità di tutti. È stato rabbino capo di Roma per 50 anni e ha sempre saputo essere un leader carismatico, capace di andare controcorrente e di trascinare su posizioni più avanzate tutti coloro che avevano imparato a fidarsi del suo istinto e del suo fiuto.
Certamente, con lui, la Comunità di Roma e tutto l’ebraismo italiano si sono risollevate dopo la Shoah e hanno ritrovato il coraggio di confrontarsi con chiunque senza soggezione e senza timori.
Era infatti sostenitore di un ebraismo che fosse in grado di esprimere sempre e comunque i propri valori e che non si isolasse dal resto della società.

Un breve riferimento di carattere personale: con lui ho sostenuto il bar mitzvà, la maggiorità religiosa ebraica, ed è stato proprio il rav a celebrare il mio matrimonio.
Ne è nato un rapporto di stima e di fiducia tanto che, da allora, sono diventato una delle poche persone con le quali voleva ragionare quando doveva prendere decisioni complesse e delicate.
Da sempre ho percepito questa sua fiducia come un grande privilegio e un grande onore.

Grazie rav, per tutto quello che hai fatto. Sia benedetto il tuo ricordo.

Renzo Gattegna, presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

L’ultimo saluto della sua Livorno

livorno“Un aneddoto tra gli altri mi ha sempre commosso. E cioè il fatto che, mi è stato raccontato, si facesse accompagnare a prendere il caffè sul litorale di Ostia. Per vedere il mare, quel mare che in qualche modo gli ricordava Livorno”.
La testimonianza di Vittorio Mosseri, presidente della Comunità ebraica livornese, dà il segno dell’amore del rav Elio Toaff per la sua città d’origine. Quella città che si riversa in massa, in piazza Benamozegh, per l’ultimo saluto al Maestro prima della sepoltura. Quella città che ne accoglie adesso le spoglie, su sua espressa richiesta, per riposare al fianco della moglie Lia.

Istituzioni e comuni cittadini, i tanti rabbini che sono stati suoi allievi. E anche chi, come il presidente dell’Ari Giuseppe Momigliano, accorre per rendere omaggio “a un grande ebreo italiano”. Da Torino a Milano, da Trieste a Firenze, da Bologna a Padova, da Venezia a Napoli, i Maestri delle diverse Comunità sostano davanti al feretro. Tra loro il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che ha raccolto il suo testimone nel 2001 e che poche ore dopo, al cimitero, gli riserverà parole di profonda ammirazione e amicizia. Presenti anche Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica torinese, e una folta delegazione del Consiglio comunitario romano.

“Aveva un eloquio semplice e schietto, senza peli sulla lingua, ma sempre rispettoso della dignità di tutti. È stato rabbino capo di Roma per 50 anni e ha sempre saputo essere un leader carismatico, capace di andare controcorrente e di trascinare su posizioni più avanzate tutti coloro che avevano imparato a fidarsi del suo istinto e del suo fiuto”, afferma il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. A tracciare l’inestimabile valore del suo magistero sono anche gli altri ospiti chiamati ad intervenire: dall’ambasciatore dello Stato d’Israele in Italia Naor Gilon al presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, dal sindaco Filippo Nogarin al vescovo Simone Giusti. “La presenza del governo testimonia la vicinanza alla Comunità ebraica e il riconoscimento simbolico del valore che Elio Toaff rappresenta per la storia del nostro paese sotto il profilo umano, sotto il profilo culturale e sotto il profilo del suo impegno politico” afferma il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini.
“Tutti i Toaff sono seppelliti a Livorno. Mio padre voleva tornare dai suoi avi” conclude la cerimonia figlio Ariel. E Yair Didi, rabbino capo, aggiunge: “Amava la gente. E la gente lo ha amato”.

Il caffè sul mare, pensando a casa

vittorio mosseriRav Elio Toaff, sia il suo ricordo di benedizione, un uomo che ha saputo caratterizzare la vita dell’intero ebraismo italiano.
Un uomo che ha reso e continua a rendere onore a Livorno, anche con questo suo ultimo atto di volontà che lo vuole sepolto al fianco della moglie, nella città in cui nacque e in cui germogliarono i primi semi di una carriera rabbinica destinata a lasciare il segno. La città dove aveva ottenuto, ultimo studente, la laurea rabbinica, presso la prestigiosa Scuola Rabbinica Livornese.
In queste ore di profonda commozione e cordoglio, in queste ore in cui vecchie e nuove testimonianze ci sfiorano, sentiamo tutta la città di Livorno vicina e partecipe al lutto. Il sindaco, le istituzioni, tanti comuni cittadini.
Pur non essendo stato rabbino a Livorno, rav Toaff ha sempre mantenuto saldo il proprio rapporto con le radici ed è stato per molti anni un punto di riferimento per tanti di noi.
Lo ricordo come uomo dalla spiccata sensibilità e umanità, oltre i prestigiosi incarichi che ha ricoperto in una vita che è stata lunga, intensa e proficua.
Un aneddoto tra gli altri mi ha sempre commosso. E cioè il fatto che – mi è stato raccontato – si facesse accompagnare a prendere il caffè sul litorale di Ostia. Per vedere il mare, quel mare che in qualche modo gli ricordava Livorno.
Grazie rav. Sei stato un esempio, una guida, la coscienza spirituale e morale dell’ebraismo italiano.
La tua lezione e il tuo sorriso non saranno dimenticati.

Vittorio Mosseri, presidente Comunità ebraica di Livorno

Il suo sguardo oltre il nostro orizzonte

rav Elio Toaff Rossella Tercatin Adam Smulevich 8-11Sono tanti i momenti di calore e di amicizia che ci ha donato e che credo sia giusto rimangano custoditi fra i ricordi più intimi. Ma quel pomeriggio splendente d’agosto assieme ai colleghi della redazione, quell’atmosfera luminosa, va raccontata Il calore della sua persona sembrava fondersi con quello del tramonto sul lago. Erano con me, un po’ spauriti, i colleghi più giovani della redazione per mostrare al Rav un frammento della grande fatica e degli ideali che sorreggono la loro crescita professionale. Poche parole, molte le occhiate e i gesti che parlavano di affetto e di simpatia. Sotto quella luce, con al fianco Rossella Tercatin e Adam Smulevich, il Rav guardava lontano. Mi sono preso un attimo per vedere dove andasse il suo sguardo che tante volte mi aveva incantato e turbato. Quel giorno ho capito che andava ben oltre l’orizzonte a me visibile.

(g.v.)

Leadership, militanza civile, dialogo: la lezione del rav Toaff

della pergolaRipercorrendo, a breve distanza dalla conclusione del centesimo anno di vita del Rav Elio Toaff (zzl) che ci ha lasciati da pochi giorni, il testo di un mio intervento di dieci anni fa per onorare il suo novantesimo compleanno, non sono solo le emozioni personali a riaffiorare.
A fronte dell’esistenza immensa di un rabbino che ha affrontato con coraggio e slancio un secolo intero di sfide e di rivolgimenti epocali, il fattore che ha caratterizzato il nostro ultimo decennio è la difficoltà di agire e di trovare risposte adeguate alle sfide che ci stanno di fronte. Per questo credo sia utile a onorare la sua memoria rileggere quelle parole di dieci anni fa, che, va detto con inquietudine e preoccupazione, nulla hanno perso della loro attualità. Una bella pagina della Mishnà – Le Massime dei Padri (5, 24) – descrive le diverse età del ciclo della vita umana. A 90 anni, dice il testo ebraico – lasúach – ossia per andare ricurvi: osservazione certo non appropriata al nostro Maestro – sempre retto e ben presente. E allora, con una facile manipolazione del testo ebraico, noi diremo: a 90 anni – lasíach – ossia per il colloquio: quel colloquio nel quale ci siamo qui riuniti per onorare Elio Toaff e per esaminare insieme diverse angolature del pensiero ebraico alla luce del tema centrale: Sionismo e Religione. Vorrei qui brevemente delineare una panoramica della situazione del mondo ebraico contemporaneo, delle sue risorse, delle sue sfide e dei suoi obiettivi, mettendo altresì in luce alcuni aspetti dell’opera personale del Rav Toaff che dimostrano in maniera esemplare quale possa essere il contributo del singolo nel contesto del collettivo. Secondo il Rapporto per il 2004 del JPPI – un centro studi indipendente di Gerusalemme – “alla luce delle tendenze in corso e di quelle ragionevolmente prevedibili, il futuro degli ebrei nel mondo non è assicurato anche se esistono le premesse per uno sviluppo rigoglioso.
Per riuscire, sono necessari grandi investimenti di energie, è necessario saper assumere con coraggio decisioni cruciali, e va formulata con oculatezza e fermezza una politica strategica a lungo termine”. Nell’epoca della globalizzazione, il popolo ebraico in un certo senso ha raggiunto livelli di prosperità e di sicurezza senza precedenti nella sua lunga storia di 4000 anni. Nel corso del Ventesimo secolo – dopo la catastrofe della Shoah, l’indipendenza dello Stato d’Israele riportava impetuosamente nella storia gli ebrei come attori sovrani e non solo come variabile dipendente alla mercé delle volontà di altri e più forti protagonisti.
Lo Stato ebraico progrediva rapidamente e si associava al gruppo delle società maggiormente sviluppate. E tutto ciò mentre Israele assorbiva una massa di milioni di immigranti spesso provenienti da ambienti ostili, bisognosi di aiuto morale
e materiale. La società israeliana è così cresciuta fino a costituire il 40-45% del totale dei 14 milioni di ebrei che oggi vivono nel mondo. Da parte sua, la Diaspora ebraica veniva a concentrarsi sempre più nei paesi maggiormente progrediti e democratici, dove godeva ampiamente dei diritti civili e di possibilità quasi illimitate di mobilità sociale. La presenza ebraica nei grandi centri economici e culturali del mondo occidentale dimostrava la potenza delle forze di attrazione e di rigetto capaci di stimolare grandi migrazioni a livello planetario. Negli ultimi anni, poi, è stato finalmente riconosciuto
pubblicamente il dovere di ricordare l’esperienza della passata emarginazione e distruzione delle comunità ebraiche, e sembra sia stato recepito definitivamente, sia pure tardivamente, l’insegnamento che la memoria è doverosa per prevenire il ritorno a quelle tragiche aberrazioni. Come abbiamo visto in occasione del 60° anniversario della liberazione di Auschwitz,
l’esperienza ebraica è stata ammessa a far parte del nucleo più qualificante dell’identità europea. Di fronte a questi innegabili successi oggi otto importanti sfide, vecchie e nuove, incombono sul presente e sul futuro del popolo ebraico: (1)
Non è ancora del tutto superata la necessità di provvedere alla sicurezza e alla tutela fisica di comunità ebraiche situate in ambienti ad alto rischio. Questo problema, che era ben più acuto in passato, in gran parte è stato risolto grazie all’emigrazione di milioni di ebrei verso lidi più sicuri.
(2) Il conseguimento di una permanente condizione di pace e di sicurezza continua a costituire la massima priorità per lo Stato d’Israele.
(3) La sovranità dello stato ebraico va saputa gestire attraverso un delicato equilibrio fra le necessità irrinunciabili nel campo della difesa e degli interessi politici reali dello stato, ma sempre alla luce di elevati valori morali e sociali ebraici, e approfondendo i legami ideali fra Israele e la Diaspora.
(4) Va incoraggiata la continuità spirituale e fisica del collettivo ebraico, rinforzando le basi dell’identità culturale, il rispetto di se stessi, le conoscenze del patrimonio di valori, la creatività, la partecipazione alle iniziative comunitarie; e va sostenuto lo sviluppo demografico attraverso il naturale processo di avvicendamento delle generazioni minacciato dall’invecchiamento e dalla crescente assimilazione.
(5) Va tutelata l’unità e la solidarietà ebraica, incoraggiando il dialogo interno, la reciproca comprensione e tolleranza, costruendo con pazienza il consenso e la comune azione nello spirito di Clàl Israél – la comunione di Israele – e favorendo la coesistenza di un ampio spettro di idee e di forme di espressione ebraica.
(6) Ci si deve ancora misurare con forme a volte subdole, a volte arroganti di ostilità nei confronti degli ebrei e dell’ebraismo, spesso dietro il trasparente paravento dell’invettiva e del boicottaggio nei confronti dello stato d’Israele; e va pazientemente spiegata la posizione ebraica rifiutando le forme di intolleranza intellettuale e aggressione fisica che perdurano dal passato o proliferano nel presente.
(7) Va moltiplicato lo sforzo di proiettare i valori eterni dell’ebraismo nell’ambito del dialogo con le altre grandi matrici religiose, culturali e sociali, incoraggiando la conoscenza delle fonti ebraiche e apportando attraverso il Tikkún Olàm – la miglioria del mondo – il contributo peculiare dell’ebraismo nell’illuminare la condizione umana nella società globale.
(8) E finalmente vanno formate e sviluppate quelle risorse umane altamente qualitative che si assumano la responsabilità nel condurre a buon fine questi compiti non facili. Nel ripercorrere quest’ordine del giorno strategico, non si può fare a meno di notare come Elio Toaff nel suo lungo impegno di studioso e di maestro, di compagno e di guida, abbia personalmente testimoniato la sua alta sensibilità e abbia ottenuto grandi esiti riguardo a ognuno dei grandi temi ora enunciati. Come non ricordare, dunque, il coraggioso intervento di Elio Toaff, anni fa, volto a salvare l’ormai quasi estinta comunità ebraica dello Yemen, oggi trasferita quasi tutta in ambienti meno precari. Nel corso degli anni Toaff ha saputo operare con discrezione e costanza a favore della sicurezza dei suoi fratelli in Italia e in Israele. La sua preoccupazione per la difesa dello Stato ebraico e delle comunità in Italia e la sua militanza nella Resistenza hanno sempre fatto corpo unico con la sua lotta per la pace. Riguardo al tema della continuità e dell’unità della compagine ebraica, in un testo presentato al Congresso mondiale
per l’Educazione ebraica nella diaspora, tenuto a Gerusalemme nel 1947, l’allora trentaduenne Elio Toaff così si esprimeva a proposito dell’educazione ebraica in Italia: “La nostra educazione deve servire da ponte sull’abisso che generalmente separa studi profani e studi religiosi, lingua italiana e lingua ebraica, cultura umanistica generale e cultura ebraica, identità religiosa e identità nazionale. Queste dualità sono in contrasto con la nostra concezione unitaria della cultura ebraica”.
Ripercorriamo l’attività di Toaff efficace divulgatore verso il grande pubblico non-ebraico della saggezza e dell’immagine dell’ebraismo, e combattente contro il pregiudizio attraverso le pagine del suo indimenticabile diario Perfidi Giudei, Fratelli Maggiori ma anche attraverso le onde radiofoniche con le popolari trasmissioni di Ascolta si fa sera. Ricordiamo
il memorabile abbraccio con Papa Giovanni Paolo II nel Tempio Grande di Roma subito dopo il quale Toaff dichiarò: “In quel momento ho sentito che qualcosa era cambiato per sempre”. Ed è possibile che questo ci abbia resi testimoni di uno dei grandi e sperabilmente irreversibili momenti di un intero millennio. E infine, per quanto riguarda la preparazione di nuovi quadri dirigenti, l’insegnamento di Rav Elihú Refaèl Azrièl ben Hachachàm Shabbetài Toaff al Collegio Rabbinico Italiano
ha creato le basi del Rabbinato italiano, qui riunito quest’oggi, e sulle cui spalle poggia l’avvenire di una nuova generazione di giovani e la continuità dell’ebraismo italiano. Un ebraismo, quello di Elio Toaff, nel quale Sionismo e Religione non possono venire disgiunti, mentre la militanza per i valori della società civile e il dialogo con le altre grandi matrici religiose formano parte integrante della sua coscienza di uomo dalla fede incontaminata e dall’entusiasta
capacità di comunicare agli altri il suo mondo interiore.
In questa gamma straordinaria di attività e nell’esempio personale di Elio Toaff si compendia, dunque, tutta la problematica contemporanea dell’essere ebrei, nella fedeltà alle antiche tradizioni e nella partecipazione alla vita collettiva, e si intravede il vero spirito delle soluzioni e la promessa di successo di fronte alle sfide del futuro.

Sergio Della Pergola, Università di Gerusalemme

Pagine Ebraiche maggio 2015

(24 aprile 2015)