Milano e i luoghi della memoria

De bortoli piccola Un viaggio attraverso i luoghi e i simboli della Memoria quello proposto dal volume “Luoghi della memoria a Milano. Itinerari nella città Medaglia d’Oro della Resistenza”, edito da Guerini e Associati (2015), a cura di Stefania Consenti. Targhe, memoriali, edifici, sono molti gli angoli del capoluogo lombardo in cui il ricordo della Resistenza vive e si mantiene, spesso ignorato dai suoi stessi abitanti. Un libro che va risolutamente alla riscoperta di una città, per rendere onore agli eroi di una pagina buia della Storia.

Giovane cronista, mi venne chiesto di andare in giro per Milano e di leggere le targhe ricordo per far riemergere un po’ di memorie milanesi. Fu un’autentica scoperta. Anche la scoperta di quanto fosse profonda la mia ignoranza, per la verità. Ma – mi chiedevo allora – dopotutto non è un delitto ignorare quale legame abbia avuto con Milano Florencio Sanchez, gloria teatrale sudamericana, il cui nome è scolpito in una targa in corso di Porta Nuova. In quegli anni erano brucianti nei nostri occhi le immagini del terrorismo nascente. Forte il disagio delle tensioni sociali. Grande l’incapacità di capire la portata storica degli avvenimenti. Era appena avvenuta la strage davanti alla Questura. In via Fatebenefratelli, proprio all’angolo con l’ultima residenza milanese del drammaturgo uruguagio.
La lapide che omaggia di un pensiero rispettoso quattro vittime della follia omicida degli anni del terrorismo, cittadini inermi che erano accorsi alla cerimonia organizzata, presente il premier Mariano Rumor, nel primo anniversario della morte di Luigi Calabresi, non era stata ancora apposta. Adesso c’è, persino lucidata, cosa assai rara, ma dubito che i passanti la leggano oppure che sappiano esattamente cos’è accaduto su quel marciapiede il 17 maggio del 1973.
Come vi sentireste voi se foste tra i familiari di quelle vittime innocenti? Che idea avreste di una comunità che consegna così frettolosamente all’oblio il sacrificio dei suoi martiri, dei vostri parenti? E, quello che è peggio, li abbandona nelle fosse comuni di rievocazioni storiche interessate, incomplete o strumentali? Pensereste che la loro morte è un delitto che continua a essere perpetrato. E il dolore non ha fine perché alimentato dall’ingiustizia della dimenticanza colpevole.
Per tanti anni siamo passati da via Ferrante Aporti, stazione Centrale, e non abbiamo avuto modo di sapere che quello era il luogo, ancora intatto, adibito a deposito postale, della deportazione verso i campi di stermino nazisti di tanti ebrei e prigionieri politici italiani. Una pagina di storia che pochi, fino a quel momento, avevano avuto il coraggio di scrivere. Silenzio. Come avviene nelle dittature. Una lacuna colmata soltanto dal coraggio dei sopravvissuti e dall’impegno di edificare il Memoriale della Shoah in quello che oggi è l’unico luogo originale di una tragedia immensa come l’Olocausto, nella quale non sono mancate le complicità italiane. Ma il Memoriale è aperto, ed è entrato nella mappa della memoria della resistenza civile milanese, solo nel 2013. Un po’ tardi.
E quante volte abbiamo ammirato quell’angolo fra via Silvio Pellico e via Santa Margherita come uno dei più suggestivi del centro senza avere il minimo sospetto che si trattasse di uno dei teatri più sanguinosi della repressione nazifascista durante la Repubblica di Salò. La targa che ricorda il luogo scelto dalle SS per torturare partigiani ed ebrei è stata posta, meritevolmente, solo nel 2010 in un bel palazzo restaurato, di proprietà delle Generali, fra lo stupore degli occupanti che ignoravano l’uso disumano che ne era stato fatto. Un po’ tardi anche in questo caso.
Nello scrivere queste righe introduttive riprendo un passo del lavoro di Stefania Consenti quando spiega come l’Albergo Regina fosse il posto nel quale si andavano a cercare amici e parenti scomparsi. I desaparecidos di quegli anni. E se voi foste tra i figli e i nipoti di quelle vittime che cosa direste dei troppi anni di distrazione? Ci indigniamo delle inciviltà e delle brutalità altrui, postiamo messaggi solidali (e facciamo bene) a favore dei diritti umani calpestati in tutto il mondo ma trascuriamo l’esercizio doveroso di mantenere viva la nostra memoria. Sotto casa.
Consideriamo giustamente il Piccolo Teatro una delle più importanti istituzioni culturali italiane, se non mondiali. Ma via Rovello, che ne ospita la prima sede, fu il quartier generale della banda Muti, feroce e crudele. Un altro luogo della Resistenza. In centinaia furono torturati e uccisi. La targa fu messa per tempo. A ricordo anche di quale straordinaria operazione culturale furono artefici, fondando il Piccolo, Paolo Grassi e Giorgio Strehler. La costruzione di un teatro che promuove e difende i diritti dei cittadini nelle stanze in cui una dittatura tentò di soffocarli nel sangue. E assume, in questa luce, un’importanza particolare anche il fatto, del tutto causale, che vi sia nel palazzo la sede ufficiale dell’Expo, esposizione sulla quale si addensano le speranze di Milano di avere una nuova ricostruzione, pari a quella che vi fu nel Dopoguerra.
[…] Questa guida, che ricompone una trama dei fatti ormai fragile per l’usura del tempo, ha anche il merito di restituire al lettore una più corretta conoscenza della successione dei fatti. E di convincerlo a guardare la sua città con occhi diversi.

Estratto dalla prefazione del libro Luoghi della memoria a Milano. Itinerari nella città Medaglia d’Oro della Resistenza (Guerini e Associati, 2015) a cura di Stefania Consenti

Ferruccio De Bortoli, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano e direttore del Corriere della Sera

da Italia Ebraica, maggio 2015

(26 aprile 2015)