Calcio – I “viola” di Israele per Paulo Sousa

viola club tel aviv“Paulo Sousa è stato un grande giocatore, anche se con una squadra assai poco simpatica. Come allenatore mi conforta quello che abbiamo visto da queste parti. È una scommessa, ma senz’altro positiva”. Parola di Stefano Boccaletti, addetto scientifico dell’ambasciata italiana a Tel Aviv. Fiorentino e tifoso gigliato doc, Boccaletti è una delle anime del locale Viola Club, nato un anno fa nel segno di Giancarlo Antognoni (di cui porta il nome). “Le scelte erano tre: lui, Baggio e Batistuta. Giancarlo ha stravinto” racconta il funzionario. Da “telaviviano”, Boccaletti ha seguito da vicino l’avventura di Sousa alla guida del Maccabi. Un’avventura conclusasi nel migliore dei modi: primo posto in graduatoria, con una voragine tra sé e la seconda squadra in classifica (l’Hapoel Beer Sheva).
“Beh, qua ha seminato piuttosto bene. Tutti lo ricordano con affetto anche perché, grazie a lui, è stato possibile inanellare il secondo successo consecutivo in campionato e creare le premesse per il terzo, conquistato poche settimane fa. Il Maccabi è storicamente la squadra più vincente di Israele – ci spiega – ma era tanto che non tornava a questi livelli”. È un mondo piccolo ma variegato quello che segue la Viola da Tel Aviv. Il presidente del club, Andrea Nicchi, è il tecnico informatico dell’ambasciata. Tra i soci onorari il grande Kurt Hamrin; Marco Carrai, uomo di fiducia del premier Renzi; sua moglie Francesca Campana, organizzatrice a Firenze del “Festival delle religioni”. Ad animarlo costantemente, al fianco di Boccaletti e Nicchi, professionisti che per un motivo o per un altro portano questi colori nel cuore. Come Luca Cappelli, addetto militare dell’ambasciata e primo socio. O come Lior Many, che Cesare Prandelli volle con sé come dietista e che è oggi un punto di riferimento al vertice del calcio israeliano. O ancora come Itai Anghel, reporter d’assalto che in questi mesi sta raccontando l’avanzata del Califfato in Siria e Iraq e la coraggiosa resistenza curda. Israeliano, senza alcun legame di sangue con Firenze e l’Italia, Itai si è appassionato alla Fiorentina seguendo in televisione le imprese di Roberto Baggio, facilitato in questa scelta, come ha raccontato a Pagine Ebraiche, dalla presenza nel quartiere in cui viveva di un coetaneo particolarmente molesto, tifoso della Juventus.
“Non lo sopportavo proprio. E così – sottolinea Anghel – la mia scelta fu inevitabile”. Per quanto riguarda Sousa, Itai si dice ottimista. Anche se, a suo dire “a Tel Aviv stava sulla panchina sbagliata”. L’arcano è presto sciolto. “In Israele tifo Hapoel, da sempre rivale del Maccabi. Una contrapposizione un po’ sulla falsariga di quella che c’è tra Fiorentina e Juventus. All’epoca lo vedevo come fumo negli occhi. Comunque al Maccabi ha fatto bene, conquistandosi il sostegno di giocatori e dirigenza. Diamogli fiducia”. Aderire al Viola Club è possibile da ogni latitudine, basta sottoscrivere l’apposito giuramento d’adesione pubblicato sul sito del gruppo (www.volucer.it/fiorentina.telaviv/). Per Itai è stata una formalità. “Grazie a Dio non sono gobbo”, recita con orgoglio.

Adam Smulevich, La Nazione

(14 giugno 2015)