Ticketless – Imbrelev

cavaglion Grazie ad un vorticoso giro di mail, di richieste inevase, di buchi nell’acqua, riesco finalmente ad avere tra le mani un “Imbrelev” ovvero, per chi non lo sapesse, il mirabile “Piedmontese Essential Judaism” che nell’Ottocento tradusse dal francese il Professor Mario Tedeschi, Rabbino a Vercelli. Il suo vero titolo era “Preghiere d’un cuore israelita” (Imbrelev è la ruvida condensata traduzione in dialetto). Entrava nelle case degli ebrei appena emancipati, proprio di tutti, fornendo loro in italiano, le principali preghiere, suddivise in capitoli: preghiere quotidiane, per le maggiori festività, preghiere di lutto, meditazioni speciali o, come si diceva allora, “pietà intima”. Dentro trovavi proprio tutto, anche la preghiera di “altra donna” che assiste al parto o la preghiera della donna che “sente” di essere madre o la preghiera della “rassegnazione nelle avversità” (molto consumata questa pagina nell’esemplare che ho ritrovato e, temo, non solo in questo). Nel lessico famigliare degli ebrei piemontesi, si sa, “Imbrelev”, al pari di “kadoglie”, è diventata una parola-chiave, di cui si assapora il gusto pronunciandola, quasi mangiandola, simile alla gioia che si prova gustando quei dolci di mandorle che si fabbricano nell’astigiano: un concentrato di noci, moscato, miele, nocciole, zucchero a velo, pistacchi, cannella.

Alberto Cavaglion

(7 ottobre 2015)