Parole chiare, le nostre armi
nella guerra al terrore

Schermata 11-2457352 alle 14.37.25Mai come oggi, in questi giorni di minaccia e di paura, ma anche di risveglio degli ideali di libertà e di orgoglio identitario, vogliamo ascoltare e pronunciare chiare parole. Ecco la nostra istanza di ebrei italiani, di cittadini, di giornalisti. In questo anno terribile che si è aperto a Parigi con la strage nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo e che a Parigi è tornato alle porte dell’inverno seguente con le stragi di novembre, tutti i valori che sostengono e garantiscono la possibilità di essere davvero ebrei a testa alta, cittadini e giornalisti sono stati minacciati. Occorrono chiare parole di cittadini a tutti i concittadini. Per dire che la società aperta, plurale, tollerante, libera che queste ultime generazioni di italiani si sono conquistata al prezzo di indicibili sacrifici, non ce la faremo portare via da quattro manovali della morte.
E per dire che non rinunceremo ai nostri ideali di libertà, di giustizia e di tolleranza, non ci faremo vincere dalla paura, non ci chiuderemo dietro alle nostre porte, non rinunceremo a vivere la nostra vita. Ma non basta. Parole chiare, le stesse chiare parole scelte dal presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e da molte altre voci che contano nel mondo ebraico, a cominciare dal presidente del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi Josef Schuster, per dire ai musulmani cui è toccato il privilegio di condividere con noi la libertà e il progresso dell’Europa, che il momento di scegliere è arrivato. Oggi non si tratta, ammesso che sia mai stato opportuno o accettabile in passato, di pietire sommessamente una formale dissociazione dalle azioni dei terroristi, di dissociarsi dall’antisemitismo e dall’odio per la vita che immancabilmente li contraddistingue. Si tratta di passare ai fatti. Di imbracciare tutti gli strumenti di cui una democrazia che si rispetti deve essere dotata per schiacciare chi pratica l’odio. Si tratta di denunciare, di offrire la propria piena collaborazione, di assumersi la completa responsabilità, di assicurare alle autorità i malfattori che assediano e minacciano la nostra società.
E occorrono chiare parole di ebrei all’interno del mondo ebraico. Se la lezione di Parigi è in effetti determinante per ogni società che vuole continuare a credere nel futuro e nella vita, resta un passaggio importante anche per ognuno di noi.
Ora possiamo comprendere che quello che sta avvenendo ci impone la conquista di una grande maturità e un vero e proprio salto di qualità nel nostro modo di stare assieme.
La difesa dell’identità e la sicurezza non potranno certo passare attraverso quella mutazione avvelenata che proprio le forze del terrore sperano di ingenerare. Non siamo e non potremo mai davvero essere una piccola minoranza accerchiata, incapace di vivere la gioia della vita quotidiana e della nostra identità, in balia di duci cinici e cialtroni, carica d’odio e di desiderio di vendetta. Al contrario, è proprio restando noi stessi, conducendo rettamente la nostra vita quotidiana, vivendo appieno la gioia della vita ebraica autentica, dei valori di rettitudine, tolleranza e amore per lo studio che abbiamo ricevuto integri in consegna dalle generazioni che ci hanno preceduto, reagendo con estrema, inflessibile durezza, ma senza odio, a ogni aggressione, che l’ebraismo della Diaspora e l’ebraismo di Israele vinceranno uniti la terribile sfida che si trovano di fronte.
L’attacco generalizzato a un’intera civiltà, di cui siamo da sempre orgogliosi protagonisti, ma di cui condividiamo i valori e la responsabilità con l’insieme dei cittadini, impone al mondo ebraico di rafforzare relazioni solide e trasparenti con le istituzioni e con l’opinione pubblica, di costituire per tutti un modello di rettitudine e di misura, di fornire esempi di concordia, di solidarietà, di rigoroso rispetto dei ruoli e delle responsabilità.
E parole chiare di giornalisti ebrei a tutti gli operatori dell’informazione. Chi finge di non vedere come gli antisemiti minaccino l’intera collettività e non solo gli ebrei è oggi ridicolmente messo a nudo nella sua malafede. Ma cade il velo anche su chi non vuole vedere come coloro che minacciano i giornalisti professionisti minaccino tutta la democrazia e costituiscano un pericolo in primo luogo per le libere identità minoritarie.
Chi ha relativizzato la strage nella redazione di Charlie Hebdo, chi si è affrettato a classificarla come un esecrabile attacco alla vita umana, ma non ai cardini del nostro vivere comune, la libertà d’espressione e la libertà di stampa, o non ha saputo capire, o non ha voluto capire. E chi nega il valore professionale dell’informazione per affidarsi ai cialtroni della propaganda e della demenza digitale suscitando turbini di dicerie e puerili chiacchericci non fa altro che rafforzare proprio quegli strumenti che, fatti alla mano, hanno costituito il fertile terreno di ignoranza, di odio e di pregiudizio su cui prospera il terrorismo.
In questi pochi giorni febbrili che hanno seguito i drammi di Parigi, la redazione ha fatto del suo meglio per raccogliere parole chiare e raccontare le storie e le idee di ebrei, di cittadini e di giornalisti in un dossier che il lettore trova nelle pagine seguenti e negli altri notiziari redatti ogni giorno. Ora il motto del vascello di Parigi, “Fluctuat nec mergitur” (fende il mare in tempesta senza mai affondare), torna a risplendere vivo su tutti i muri. Nelle vele di quel simbolico vascello hanno da soffiare ancora più forte quei venti della libertà che solo le chiare parole di tutti noi assieme possono sollevare.

gv

Pagine Ebraiche, dicembre 2015

(25 novembre 2015)