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Vendere o comprare?

cavaglionUn fantasma s’aggira in Europa, nelle acque tempestose dei mercati finanziari. Il fantasma della zia Regina, la leggendaria antenata che insegnò a Saba i rudimenti del commercio, prima il poeta acquistasse la Libreria Antiquaria di via San Nicolò con i soldi avuti in eredità proprio da lei. Sua l’aurea massima: “ È più difficile comperare che vendere”. “Ho camminato più che non creda sulle sue orme”, ammetterà Saba nei Ricordi, racconti. Letteratura e commercio nell’800 e ‘900 ebraico: ecco un bel tema per una ricerca nuova. In questi giorni mi è capitata per le mani una bellissima tesi di dottorato, discussa una decina di giorni fa all’Università di Ginevra da una abilissima studiosa di Saba, Marzia Minutelli (mi auguro possa essere pubblicata presto, perché, dopo tante crudeltà e malevolenze che, complice lo stesso Giacomino Debenedetti, abbiamo ascoltato sul presunto antisemitismo semita del poeta triestino, rende finalmente giustizia del ruolo fondamentale che l’ebraismo ha avuto in positivo, intorno al 1910, quando furono pensati e scritti i racconti ebraici e composte le liriche a Lina per “Casa e campagna”). “Preferisco vendere apparati elettrici a deformare le mie idee, i miei sentimenti e pensieri in articoli di giornale o prose da commercio”, così si confidava Saba con un amico, alla vigilia del periodo più biblico della sua formazione: “L’artista può anche essere un bottegaio, ma non del proprio ideale!”.

Alberto Cavaglion

(10 febbraio 2016)