Coppie, bambini, diritti

annasegreIn queste settimane di discussioni e mobilitazioni sulle unioni civili, e in particolare sulla stepchild adoption, provo un disagio crescente di fronte all’approccio totalmente astratto e ideologico con cui molti affrontano il tema. Come se non si trattasse di problemi reali di persone reali. Come se si potesse decidere a tavolino che determinate categorie di persone non esistono semplicemente perché qualcuno ritiene che non dovrebbero esistere. Si è sentito dissertare, per esempio, sul “diritto dei bambini ad avere un papà e una mamma”. Come si potrebbe realizzare, concretamente, un simile obiettivo? Mi vengono i brividi a immaginarlo, ma fortunatamente nessuno si è posto il problema. I bambini con due padri o due madri esistono già, che lo si voglia o no, e il tema di cui si dovrebbe discutere non è se e come farli sparire magicamente dalla faccia della terra, ma quali siano gli strumenti più adatti a tutelarli.
L’interesse prevalente dei bambini era anche, a quanto ricordo, uno dei temi principali trattati in una lezione rabbinica che avevo ascoltato alcuni anni fa; come accade quando si tratta di questi temi dal punto di vista ebraico, tutte le riflessioni e tutti i pareri halakhici che ci venivano esposti prendevano le mosse da casi concreti, in particolare riguardanti la realtà israeliana (in Israele arrivano ebrei da tutto il mondo, da Paesi estremamente diversi l’uno dall’altro per quanto riguarda il diritto di famiglia: coppie di fatto, coppie omosessuali regolarmente sposate, coppie con bambini adottati, ecc.). Accade spesso che situazioni e comportamenti in contrasto con l’halakhah producano conseguenze che devono comunque essere regolate secondo l’halakhah; in alcuni tra i casi che ci erano stati esposti mi aveva colpito l’approccio pragmatico, che prendeva atto della situazione esistente e cercava in qualche modo di trovare soluzioni appropriate.
Certo, l’iter di una legge nel Parlamento italiano è una cosa ben diversa da una discussione halakhica. Ma forse se c’è un contributo che il mondo ebraico italiano può dare al dibattito odierno a mio parere è proprio questo: ricordare che si sta discutendo di casi concreti di persone in carne ed ossa, e soprattutto di bambini in carne ed ossa.

Anna Segre, insegnante

(12 febbraio 2016)