Il settimanAle
L’ultimo sionista

alessandro-treves È morto a 101 anni Dov Yirmiya, e ci racconta in breve la sua lunga vita Ofer Aderet, in un bell’articolo su Ha’aretz l’8 febbraio. Nato in Galilea nel 1914, Dov era cresciuto con Moshe Dayan, di un anno più giovane, da quando i genitori di entrambi si erano trasferiti a Nahalal, il primo moshav fondato in Eretz Israel. Con Moshe, ancora ragazzini, erano entrati nell’Haganà e avevano partecipato alla difesa di Nahalal durante i disordini del 1929. Prendendo quella come data d’inizio della loro carriera militare, se quella di Dayan si concluse come capo di stato maggiore nel 1958, prima del passaggio alla politica, quella di Dov Yirmiya ebbe una durata quasi doppia, fino a quando nel 1982 si offrì volontario, a 68 anni, per andare a combattere nella prima guerra del Libano. Rimase sconvolto da quello che vide e ne scrisse un diario, che venne pubblicato, causando la sua espulsione dall’esercito. “Siamo diventati dei selvaggi criminali” scrisse Yirmiya; “parole che sembrano scritte dalla propaganda dell’OLP” replicò il suo comandante.
Se come militare era arrivato al grado di tenente colonnello, uno fra i tanti ufficiali dell’esercito israeliano, come ex-militare può essere considerato il primo o l’antesignano degli attivisti di Breaking the Silence, il gruppo adesso sotto il mirino degli squadristi, perché riferisce le esperienze dei soldati nei territori occupati. E attivo Dov Yirmiya è stato per tutto il resto della sua lunga vita, come quando scrisse a Ehud Barak nel 2008:
“Gentile Ministro, rinvio al mittente il Vostro invito.
Ho ricevuto il Suo elegante invito ai veterani della guerra del 1948, inviatomi in occasione del 60esimo anniversario della fondazione dello Stato d’Israele, con lo slogan ‘Lo Stato d’Israele Le esprime la sua gratitudine’. Come veterano della guerra del 1948, rimasto ferito due settimane prima della Dichiarazione d’Indipendenza dello Stato, mi sento in dovere di rinviare il Suo invito al mittente, al Ministro della Difesa. Mi dispiace compiere questo gesto, ma il mio senso di dovere non mi lascia altra scelta. Ritengo che Lei, Ehud Barak, essendo uno dei più alti gradi del comando militare nonché uno dei protagonisti politici prominenti, sia responsabile per avere trasformato l’esercito da una ‘Forza di Difesa Israeliana’ in un esercito d’occupazione ed oppressione a danno del popolo palestinese ed in una forza a difesa delle colonie criminali in terra palestinese. …”
Ma forse, più che nella sua lunghissima battaglia da militare e poi da ex militare, la parabola di un sionismo inebriato dal successo e spinto oltre ogni confine possiamo leggerla in un episodio della sua vita privata. Fu alla fine degli anni 50, quando scoprì che la sua seconda moglie, Hadassah, che lui stesso aveva presentato all’amico Moshe Dayan allora capo di stato maggiore, ne era stata sedotta. Dov la cacciò infuriato, lei invece raccontò pubblicamente delle sue esperienze erotiche con Dayan. Quando Dov scrisse anche a Ruth, la moglie di Dayan, questa rispose con filosofia “nessuno dei trucchi di Moshe mi sorprende più … è un peccato che gli lascino ancora infettare delle ragazze innocenti”. Molti anni dopo, bisognerebbe forse annoverare fra le infettate anche le tredicenni accoltellatrici palestinesi.

Alessandro Treves, neuroscienziato

(14 febbraio 2016)