La balena maledetta

Valerio-Fiandra 2Un ragazzo di vent’anni o giù di lì, nel pieno della sua voglia di vivere. Un uomo vecchio, più vecchio degli anni che porta. Il sole, il mare, la fame, l’amore, la guerra. Una lampada a soffitto, un ospedale, la morfina, la pace eterna. I sogni, l’avventura, la speranza, il desiderio. I rimpianti, il dolore, l’arrendevolezza. Nella Maledetta balena, di Walter Chendi, paesaggi, sentimenti e azioni estreme si incrociano, si affrontano. Un solo personaggio è presente sempre – sia nei momenti del desiderio lucido e giovane, sia in quelli dei ricordi drogati e desolati: un gabbiano.
Con una sapienza da narratore consumato e abile – capace di dettagli al limite della più ossessiva precisione – e del montatore alla moviola – che piega e domina al tempo della narrazione lineare 25464645125_ac67e0d0d0_hromanzesca frammenti di tempo del passato con quelli del presente -, Chendi orchestra il suo romanzo come un musicista scrive la sua sinfonia, come un regista dirige il suo film.
Il risultato, che il lettore-ascoltatore-spettatore ora può trovare in libreria, edito da Tunuè in un bel volume cartonato è un viaggio avventuroso e malinconico nella storia e nella Storia. Quella di Giovanni – in un nordest italiano che i più familiari ai paesaggi di Trieste e dintorni riconosceranno e ameranno per la accuratezza della riproduzione – dura dal 1944 a fine millennio scorso; quella della guerra – dei bombardamenti, dei tradimenti, della borsanera e delle Ragioni di Stato – avviene tutta in una manciata di mesi, ma le sue detonazioni, ferite, interpretazioni e manipolazioni dura ancora, e accieca chi non ha più occhi buoni per vedere.
25097079789_0d354d3672_bGli occhi, già: il guardare, il vedere.
Perché Maledetta balena è sì un romanzo; ma è un romanzo che si guarda, e chi lo saprà ben guardare, vedrà. Non soltanto perché – come si sente dire con ammirazione, e un poca di ingenuità, talvolta – una storia ben narrata la si vede come fosse un film: la migliore opera di questo artigiano della letteratura, sessantenne e appartato, burbero e generoso che risponde ( ma non sempre, solo se ne ha voglia… ) al nome di Walter Chendi, è una storia a fumetti. Una graphic novel, per i più soggetti alle nuove descrizioni di antiche pratiche, dai bisonti rupestri agli affreschi, ai videogame. Chendi disegna le parole, fa parlare le immagini.
I lettori di Moked e Pagine Ebraiche lo sanno bene, perché – grazie alla competenza del direttore Guido Vitale in materia di storie disegnate, e grazie a un lavoro di Chendi di pochi anni fa, La porta di Sion, vincitore nel 2010 del più importante Premio italiano di settore, il Gran Guinigi di Lucca Comics – l’abilità, l’accuratezza, la sensibilità dell’autore triestino sono già state celebrate su queste pagine, e su questi monitor.
Ma, credetemi, qui Walter Chendi si supera. E, credetemi ancora, non era affatto facile.
Qui, tanto nella Storia della nave che non c’era e del suo equipaggio fantasma, come nella storia di Giovanni da ragazzo a vecchio, c’è un pezzo – e bello grosso, secondo me – della vita, anzi no: delle vite 25169052900_382399a010_hdi Walter. Non vi dico altro, per pudore e rispetto, ma chi leggerà ad occhi ben aperti, capirà.
Altro non vi dico, ma vi mostro qualche tavola di questo lavoro magnifico. Troverete anche alcune immagini in bianco e nero, a matita, oltre a quella a colori che apre il libro e presenta il suo Alato Umile Narratore: sono esempi dei lavori di preparazione di Chendi, che ci mette 4 o 5 anni per finire una storia che magari nasce in pochi minuti, ma per venir partorita ha bisogno anche di più dei 365 giorni di una mamma balena. Ne troverete altri, in appendice del libro: entrerete nel laboratorio di Chendi, e se chiudete la copertina senza un “Wow” di ammirazione, beh: avete guardato, ma non avete visto.

Valerio Fiandra

(3 marzo 2016)