Qui Roma – Diritto e tradizioni religiose
Una sfida sempre attuale

IMG_20160503_171246_edit Come si conciliano millenarie tradizioni religiose con le leggi del mondo di oggi? E come far fronte alle nuove sfide in materia di libertà religiosa che l’Europa si trova davanti mentre il fenomeno delle migrazioni diventa sempre più massiccio? Questi i vasti quesiti su cui si è discusso ieri a Roma nel corso del seminario intitolato appunto “Diritto e tradizioni religiose”, promosso dalla Pontificia Università Lateranense, nella cui sede si è svolto, insieme alla Comunità ebraica di Roma. Dopo i saluti del rettore Enrico Dal Covolo, della presidente della Comunità Ruth Dureghello e dei deputati Simone Baldelli ed Emanuele Fiano, e un’introduzione del consigliere comunitario Daniel Funaro, hanno offerto i loro differenti punti di vista il rav Benedetto Carucci Viterbi, preside della scuola ebraica si Roma, Silvia Angeletti, docente di diritto ecclesiastico all’Università di Perugia, il professor Lorenzo Cavalaglio (Pontificia Università Lateranense), e Vincenzo Zeno Zencovich, professore di diritto comparato all’Università di Roma 3, moderati da Matteo Nacci (Pontificia Università Lateranense).
Nel momento in cui le religioni e il diritto positivo vengono ritorti contro le persone “violando i diritti inalienabili della libertà e della vita, è necessario parlare di pseudo-religioni e pseudo-diritti”, la consapevolezza dalla quale monsignor Dal Covolo ha voluto far partire le riflessioni del seminario. Un monito che riguarda da vicino un’Europa “che ha sempre fatto della convivenza, della laicità dello Stato e dell’evoluzione dell’equilibrio tra fede e diritto statale i suoi principi, e sta ora affrontando un confronto centrale nel rapporto con le nuove popolazioni che vengono a vivere nel nostro continente”, come ha osservato Fiano. In questo senso quello del rapporto tra diritto e tradizioni religiose è per Funaro “un tema necessario da affrontare quanto prima, riflettendo su nuovi modelli di società che possa conciliare laicità dello Stato e libertà religiosa”. Concorda Baldelli, il quale ha segnalato tra le sfide attuali, oltre a quella delle migrazioni, anche quella della globalizzazione del diritto accanto a quella dei mercati.
In questo contesto – ha aggiunto Fiano – la tradizione ebraica “è sempre stata in grado di tenere insieme la sua identità peculiare, nel rispetto delle leggi nazionali”. Essa può inoltre fornire quella che Dureghello considera una lezione di vita, e cioè che l’osservanza quotidiana di un insieme di regole è il miglior monito all’osservanza di un diritto. E in effetti di diritto si dovrebbe parlare per Carucci in riferimento alla tradizione ebraica, poiché in prima battuta l’ebraismo si caratterizza proprio come sistema giuridico. “Il titolo di questo seminario verrebbe dunque a essere ‘Diritto e diritto’ – il suo paradosso – e si vede qui quanto il contrasto sia più forte di quanto ci si aspetti e dunque la domanda da porsi sia come possa funzionare un rapporto tra sistemi giuridici diversi”. Sulla natura primariamente giuridica della tradizione ebraica si è sofferamto anche Cavalaglio, il quale ha sottolineato che a sua volta ogni ordinamento è in se una tradizione giuridica, cioè “non solo un complesso insieme di regole ma di elementi politici, storici, sociali e anche antropologici e quindi in ultima analisi una cultura”. Questo risulta evidente anche nel sistema giuridico israeliano, da lui preso in analisi, strettamente ancorato alla tradizione ebraica.
Angeletti ha invece esaminato la situazione per quanto riguarda la legislazione in materia di libertà religiosa nell’Unione Europea, osservando come in questo ambito vi siano “possibilità di dialogo tra le istituzioni religiose e le istituzioni politiche europee nuove e inedite rispetto a quelle a cui siamo abituati, con grandi potenzialità espansive”. Sono tre secondo lei nello specifico le direttrici dell’azione dell’Ue in materia, e cioè “il riconoscimento del valore della religiosità, la cooperazione con le istituzioni e la libertà religiosa”. Uno stato laico che difenda la libertà religiosa, ha quindi concluso Zeno Zencovich, è però secondo lui “uno stato che riconosca nelle intese con le varie istituzioni religiose non solo la libertà di professare ma anche la libertà di non professare, una questione fondamentale poiché bisogna tutelare i cittadini anche dalle stigmatizzazioni di carattere sociale nel quale rischiano oggi di incorrere nelle rispettive comunità”.

f.m. twitter @fmatalonmoked

(4 maggio 2016)