Tradurre. Per cultura e per passione

Schermata 2016-05-10 alle 13.54.18Per la prima versione serve lavorare in solitudine, in quello che è un corpo a corpo con il testo, un impegno silenzioso e tenace che si sofferma su ogni piega del testo per recuperarne il senso più profondo. Ma il lavoro del traduttore è anche una danza, in cui l’autore è il cavaliere, e meglio sa condurre più è semplice il compito di chi non deve limitarsi a seguire, rendendo parola per parola il senso del testo originale, ma deve essere capace di ascoltare, capire, interpretare, per poi scrivere nella propria lingua quello che l’autore ha voluto dire. Ma non solo dire, anche suggerire, sussurrare, implicare con immagini, metafore, suggestioni e sonorità che sarebbe impossibile restituire in italiano se non si conoscesse benissimo la propria lingua. Che va amata, rispettata e tenuta viva frequentandone la letteratura, la storia, la poesia, in un arricchimento continuo che permette poi di rendere le opere di scrittori che arrivano da mondi anche profondamente differenti dal nostro. Perché per tradurre non serve solo sapere molto bene un’altra lingua ma, come raccontano le quattro traduttrici che molto sono responsabili di come in Italia viene vissuta e percepita una buona parte della letterature israeliana ed ebraica, bisogna soprattutto avere sensibilità, voglia di capire e grande cultura. E paradossalmente allora la competenza nella lingua di partenza è solo una piccola parte del bagaglio di un professionista che oggi deve tenere conto anche delle moltiplicate possibilità delle esplorazioni informatiche (nell’immagine un grafico dei riferimenti incrociati fra testi tradizionali ebraici del laboratorio Sefaria).
Professioniste devono ancora diventare, invece, le studentesse della prestigiosa e selettiva Scuola per interpreti e traduttori dell’Università di Trieste, che hanno completato il tirocinio a fianco della redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Ma la loro esperienza è stata positiva, e punto di partenza di un percorso che continuerà. Anche perché la componente umana della traduzione resta fondamentale, nonostante i progressi delle tecnologie e le ultime innovazioni, e per affrontare la traduzione integrale dei testi fondamentali dell’ebraismo pare esistere una sola soluzione: lavorarci insieme, mettendosi a disposizione, ognuno con le proprie competenze.

Clicca qui per leggere il dossier “Lingue e linguaggi” curato da Ada Treves su Pagine Ebraiche di maggio

(10 maggio 2016)