…antisemitismo

Qualche anno fa ho avuto l’occasione di scrivere un libriccino sull’antisemitismo nella sinistra. Non fui il primo e non sarò l’ultimo a ragionare su una questione che attraversa ancora, in maniera per nulla sorprendente, il dibattito politico. Oggi al centro dell’attenzione ci sono i laburisti inglesi, ma si tratta senza dubbio di un problema che travalica i confini della Gran Bretagna. Sottolineavo allora che era necessario studiare e dibattere senza restare legati al momento contingente, ma analizzando le ragioni profonde che sono maturate nel divenire storico e che hanno dato alla lunga una piena cittadinanza all’antisemitismo politico in alcune componenti del variegato e disunito arcipelago delle sinistre. Mi sembra che anche oggi non si siano fatti effettivi progressi sul piano dell’analisi. Non ne compie ad esempio James Kirchick sul Tablet Magazine quando affronta a muso duro la questione del Labour di Corbyn riducendola alla fin fine alla questione del tutto irrilevante sull’antisemitismo o meno del leader britannico. Non ci si chiede a sufficienza – è questa la mia tesi – la ragione per cui i processi di emancipazione e di integrazione degli ebrei nella società europea siano stati accompagnati da virulenti attacchi alla cultura e alla tradizione ebraica. Non si compiono analisi comparate sulla presenza nelle esperienze storiche di socialismo “reale” di una ben radicata retorica antisemita. “Si tratta – scrivevo allora, e confermo oggi – di questioni sulle quali il più delle volte si è sorvolato, spesso considerandole aspetti marginali nella ben più importante complessiva storia delle ideologie di liberazione prima dell’uomo tout court, in seguito del lavoratore. Il negare centralità a quest’aspetto ha tuttavia comportato l’incapacità dei movimenti progressisti di riconoscere e combattere al proprio interno l’esistenza di aspetti e correnti che anche apertamente si richiamavano all’uso di un linguaggio antisemita, indebolendo in tal modo il lavoro politico nel suo complesso. Questa difficoltà – non lo si può negare – la si ritrova ancora oggi. Le numerose e ripetute crisi mediorientali, con i loro tragici risvolti politico-diplomatici, militari e umanitari, riportano continuamente alla ribalta l’uso pubblico di stereotipi, immagini, richiami retorici legati a doppio filo con l’ideologia e il linguaggio del moderno antisemitismo politico. A sinistra troppo spesso si fatica a riconoscere questi elementi, e quando vengono identificati si ha la tendenza a condannarli come estranei alla cultura politica della sinistra stessa. Questo è sbagliato. Com’è sbagliato e fuori luogo d’altra parte affermare – come vorrebbe chi si appiattisce in maniera acritica sull’odierna moda revisionista – che l’antisemitismo farebbe parte radicalmente integrante e ineliminabile della politica di sinistra. Più corretto è riconoscere che l’antisemitismo come forma moderna di un nuovo linguaggio politico inventato nell’Europa ottocentesca ha attraversato ed è stato utilizzato in varie forme da tutte le correnti ideologiche politiche contemporanee, compresa la sinistra socialista, comunista e finanche riformista. Riconoscerne le origini, comprenderne i nodi concettuali e le radici storiche, può aiutare la sinistra attuale a emarginare gli elementi retorici del linguaggio antisemita dal proprio discorso politico.”

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(13 maggio 2016)