Israele…

Non c’è dubbio: il passaggio tra Yom Hazikkaron, il giorno del ricordo dei caduti militari e civili per l’Indipendenza e l’esistenza di Israele e Yom Hatzmaut, l’anniversario della fondazione dello Stato di Israele è un passaggio schizofrenico. Schizofrenico nel senso più limpido e pulito del termine: una schizofrenia identitaria che ostinatamente ci porta a vivere in questo lembo di terra, ci fa amare anche da lontano questo lembo di terra, ci fa costruire ogni giorno speranza e ponti di pace in questo lembo di terra e per questo lembo di terra. Una schizofrenia ebraicamente storica che ci ha fatto sopravvivere per duemila anni pur se immersi in una Diaspora, rendendo anche la Diaspora parte del nostro patrimonio linguistico, liturgico, culinario, psicologico. Una schizofrenia che non ci ha fermato dopo i lutti nazionali, le tragedie storiche e che ha fatto in modo che avessimo la forza di continuare a credere in ciò che siamo, nel Dio che preghiamo, nei gesti che fanno di noi un popolo, una nazione, una comunità.
Una schizofrenia che è vita ed è viva proprio nel passaggio tra dolore e gioia, tra schiavitù e libertà, tra oppressione ed orizzonte aperto, tra assenza di respiro e brezza del mare.
Una schizofrenia che in Israele diventa palpabile e concreta quando con le lacrime a causa del dolore per i caduti suoniamo lo Shofar per il ritorno in una casa che non è stata mai realmente abbandonata.
Una schizofrenia che è elemento di identità condivisa tra Diaspora ed Eretz Israel perché è elemento di identità plurima, che altrove bollano come frutto di complotti, di pericolosi cosmopolitismi, di chissà quali follie ma che, invece, è solo una umanissima identità tra più mondi.
Una schizofrenia che se non è espressa con orgoglio e consapevolezza ebraica, pur nel dolore, pur nella diversità legittima di opinioni, pur nel confronto acceso, può diventare una malattia, un odio di sé, una schiavitù a paradigmi ideologici così obsoleti da dividere ancora il mondo in buoni e cattivi come un’ovvia lavagna di una scuola elementare della provincia mentale di una maestrina o di un maestrino ancora più provinciale. Ma il vero schizofrenico che vive con serenità il proprio essere tale sa che la schizofrenia dell’assenza di confini e dei passaggi senza filtri fra sentimenti diversi è un valore, l’altro, il malato fa invece della propria malattia identitaria un valore ed a quel punto, senz’altro rispetto per sé e per gli altri e per il suo popolo ed i popoli altrui, scrive ed esprime fughe dalla propria sana schizofrenia, blaterando di tempi scaduti ed accumunando cittadini di Israele, con i quali è giusto e si deve discutere se si è in disaccordo, con terroristi libanesi che, senza alcun problema schizofrenico, sono ossessivamente certi della necessità della nostra morte. Ed allora la schizofrenia di ciò che sono, rispetto alla schizofrenia di chi evidentemente ha perso se stesso, non mi pare più cosa così terribile. Anzi. Buon compleanno Israele: paese di folli che vivono in maniera sana.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(13 maggio 2016)