…civiltà

“L’ebraismo deve conservare le sue caratteristiche originarie di rifiuto di qualsiasi forma di idolatria e di conciliare rigore e flessibilità, lasciando, come il Talmud insegna, ampi spazi alla dissertazione filosofica, alla ricerca scientifica e alla libertà di interpretare e sviluppare il dibattito come valore positivo e irrinunciabile, rispettando le diverse correnti di pensiero, ma conservando sempre la capacità di riportare tutto all’unità.
Le forme di chiusura e ripiegamento in se stessi, adottate nei secoli scorsi dai nostri antenati per autodifesa, appaiono superate, inutili e dannose in un mondo globale nel quale confini e barriere si sono fortemente affievoliti e non esistono più microcosmi impenetrabili e incontaminabili.
Un futuro dell’ebraismo che sia degno dei suoi valori universali e delle sue gloriose e plurimillenarie tradizioni non potrà esistere senza l’uscita da qualsiasi forma di isolamento, uscita alla quale siamo insistentemente chiamati dalle società contemporanee e democratiche nelle quali viviamo e delle quali siamo parte integrante.
Sarebbe un’illusione antistorica, un errore fatale, la perdita di un’occasione unica, e forse irripetibile, se ci sottraessimo all’apertura e al confronto che, si badi bene, sono cose ben diverse, anzi opposte, all’assimilazione; sono infatti prove di fiducia in noi stessi e stimoli al rafforzamento della nostra cultura e della nostra identità per poter essere all’altezza di qualsiasi sfida o confronto e in tal modo sconfiggere, una volta per tutte, quell’insegnamento del disprezzo che non è ancora completamente debellato”.
(Dalla relazione conclusiva del Presidente Renzo Gattegna al Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane: un monito di civiltà, una speranza per l’ebraismo italiano)

Anna Foa, storica

(16 maggio 2016)