Conversioni, dagli Usa a Israele
gli scontri interni all’ortodossia

Schermata 2016-07-07 alle 12.19.15Lo scorso aprile un tribunale rabbinico di Petah Tikvah, città nei pressi di Tel Aviv, ha respinto il ghiur (la conversione) di una donna convertitasi sotto la guida di un noto rabbino americano, rav Haskel Lookstein (già rabbino capo di Kehilath Jeshurun, una sinagoga modern-orthodox di Manhattan). La decisione della Corte ha avuto una grande risonanza in Israele e negli Stati Uniti, sollevando l’indignazione di rappresentanti del mondo religioso e civile ebraico di entrambi i Paesi. Nonostante l’autorità di rav Lookstein – riconosciuta anche dai due rabbini capo d’Israele rav David Lau e rav Itshak Yosef -, la Corte di Petah Tikvah ha deciso di non riconoscere la conversione perché il nome del rabbino americano non era nella lista di coloro che hanno il titolo per eseguire i ghiurim approvata dal Rabbinato Centrale israeliano. Secondo il direttore dell’organizzazione israeliana Itim, rav Seth Farber, questa vicenda evidenzia “l’approccio caotico del Gran rabbinato nel trattare queste situazioni”, affermando che situazioni simili si sono già verificate e con una cerca frequenza. Per Farber, che ha fatto ricorso contro la decisione del Tribunale di Petah Tikvah, “l’ebraismo americano è offeso da questa situazione e in questo modo non si fa che aumentare l’abisso che già esiste (con il mondo ebraico Usa)”. Il messaggio che passa all’ebreo americano medio, continua il direttore di Itim, è “non siete i benvenuti, non riconosciamo la vostra identità o la vostra leadership religiosa e questo – conclude Farber – è inaccettabile”. La questione, tramite il ricorso, è arrivata nelle scorse ore davanti alla Corte suprema rabbinica di Gerusalemme, dove si è formato un campanello di persone, tra cui diverse personalità di spicco, in sostegno di rav Lookstein e soprattutto contro la decisione della Corte di PetahTikvah.
“Siamo al culmine della battaglia contro la delegittimazione di Israele – ha dichiarato Nathan Sharansky, tra i partecipanti alla manifestazione (nell’immagine, Sharansky in un momento del picchetto a Gerusalemme) e noto per le sue battaglie per i diritti umani sotto il regime sovietico – , mentre i nostri nemici tentano di recidere i legami tra giovani ebrei della Diaspora e lo Stato di Israele, e noi diciamo loro che non c’è motivo per vergognarsi di questo legame. Ma improvvisamente proprio lo Stato di Israele dice loro ‘i vostri leader e i vostri rabbini non sono i nostri e noi non li riconosciamo’. Questo è un grave danno dello status che Israele ha agli occhi dell’ebraismo mondiale”.
La palla è dunque ora nelle mani della Corte suprema rabbinica, riunitasi ieri, e la sua posizione è, a quanto è emerso, vicini a quella del Tribunale di Petach Tikvah. “Ci sono istituzioni a cui è stato riconosciuto il permesso (di convertire) e ci sono rabbini che si occupano di conversioni, ma questo non è istituzionalizzato e inoltre c’è una lista. Il rabbino Lookstein non è su questa lista”, la dichiarazione dei giudici della Corte, contraria alle aspettative dei ricorrenti. Nemmeno il citato endorsment del rabbino capo ashkenazita David Lau ha giocato a favore delle conversioni di Lookstein. Rav Lau ha infatti respinto le critiche mosse al Gran Rabbinato facendo sapere di aver consigliato alla corte di accettare i ghiurim del rabbino americano.
Se la situazione non dovesse sbloccarsi, tutte le persone convertitesi sotto rav Lookstein non potrebbero ottenere il riconoscimento della conversione stessa in Israele. Tra queste, la figlia del candidato repubblicano e miliardario Donald Trump, Ivanka Trump.

d.r.

(7 luglio 2016)