Yossi e Levana, Israele in lutto
Le due vite spezzate dal terrore

kirma-levana “Avevamo così tanti progetti insieme, una casa, dei figli, e mi hai sempre sostenuta nella mia carriera”. Sono le parole di una moglie in lacrime il simbolo della tragedia avvenuta ieri a Gerusalemme, dove in un attentato terroristico sono state spezzate le vite del sergente 29enne Yosef Kirma e dell’ex impiegata della Knesset Levana Malihi, 60 anni. Yosef e Noy si erano sposati solo ad aprile, ma tutti i loro progetti sono svaniti dopo che il terrorista Mesbah Abu Sabih, residente nella zona di Silwan a Gerusalemme Est, ha sparato a Kirma che lo inseguiva. Un colpo in testa, e per il giovane agente non c’è stato nulla da fare. Prima, il terrorista aveva già aperto il fuoco ad una fermata della ferrovia leggera, colpendo tra gli altri Levana, poi deceduta all’ospedale Hadassah per le ferite.
“Yossi, ora che non sei più tra noi com’è possibile continuare? Cosa farò adesso? Come andrò avanti?”. Sono le domande strazianti di suo padre Uzi, che al funerale svoltosi ieri pomeriggio sul monte Herzl ha ricordato Kirma non solo come un figlio, ma anche come un amico. “Mi hai sempre amata incondizionatamente – ha aggiunto sua moglie Noy – anche più di quanto io abbia mai amato me stessa”.
Yosef Kirma serviva nella polizia israeliana da quattro anni, ed era sergente maggiore nella pattuglia d’élite Yassam. Lo scorso dicembre, era stato lui a sventare un attentato terroristico in un asilo di Gerusalemme, quando mentre era di pattuglia aveva individuato con il suo partner un uomo sospetto. Con una perquisizione Kirma aveva trovato un coltello e l’uomo stesso aveva poi ammesso la sua intenzione di compiere un attentato. A ricordarne la sua straordinaria figura, oltre ai genitori, alla moglie e ai due fratelli, sono i suoi colleghi e superiori della Polizia di Gerusalemme. Il soprintendente Meir Namir, comandante di Kirma nella pattuglia Yasam, ha affermato al suo funerale che l’attentato di domenica “rimarrà come una ferita nei cuori di tutti i poliziotti della nostra unità. Yossi – le sue parole – era fatto della stoffa degli eroi di Israele”.
Secondo il ministro della Pubblica sicurezza Gilad Erdan, Kirma aveva “compreso la sfida di questa generazione”, destinata a proteggere instancabilmente lo Stato di Israele. Una sfida da portare avanti “a testa alta”, come ha aggiunto il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, poiché “anche attraverso questo dolore terribile affermiamo che il terrorismo non ci sconfiggerà”.
Concorda il presidente della Knesset Yuli Edelstein, che parlando ai funerali di Levana Malihi sul monte Hamenuhot ha affermato che “il terrorismo non può batterci. Nonostante cerchi di distruggere la vita – le sue parole – il cuore ebraico e quello di Israele e di Gerusalemme continueranno a battere, perché gli ideali del Sionismo sono più forti di ogni terrorista”. Malihi ha lavorato come impiegata al parlamento israeliano per trent’anni, e molti colleghi la ricordano ancora, come si legge in un comunicato rilasciato poche ore dopo l’attentato, come una donna “calorosa, amata da tutti, operosa, gentile e modesta”. La Knesset era diventata la sua seconda casa, ha inoltre ricordato Edelstein, sottolineando che “è solo grazie a persone come lei che noi parlamentari eletti possiamo fare il nostro lavoro”.
Dopo essere andata in pensione nel 2010, Levana si dedicava ai suoi tre figli e ai suoi sei nipoti. Ed è stata la famiglia a decidere di mantenere la forma dei suoi funerali privata e di restare per il momento in silenzio. “Siamo in lutto, e ancora cerchiamo di venire a patti con questa triste notizia”, l’unico commento pervenuto da Harel, uno dei nipoti di Levana.
“Non ci sono parole per descrivere lo shock che ci ha colpiti così all’improvviso”, concorda Edelstein. “Invece che prepararci per lo Yom Kippur e per la festa di Sukkot – ha aggiunto idealmente rivolto a Levana – ti accompagniamo nel tuo ultimo viaggio, con rabbia e costernazione”. Sentimenti legati anche alle cieche motivazioni dell’assassino di Malihi, uccisa “solo perché ebrea e perché israeliana. Questo omicidio – ha concluso Edelstein – è parte della nostra storica lotta per il diritto fondamentale a esistere”.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(10 ottobre 2016)