Leonard Cohen (1934 – 2016)
You want it darker, l’ultimo capolavoro

you-want-it-darkerÈ denso di echi ebraici You want it darker, ultimo album di Leonard Cohen, il grande cantautore scomparso all’età di 82 anni. A partire dalle voci sinagogali del cantore Gideon Zelermyer e del coro Shaar Hashomayim della sua congregazione di Montreal. Canti solenni e toccanti, che accompagnano il pezzo che dà il titolo all’album, un brano nel più puro stile dark del Cohen degli ultimi anni, in cui il poeta e cantautore canadese cita versi biblici come Hineni, hineni (“Sono qui”), la risposta pronunciata da Abramo chiamato dall’Onnipotente al sacrificio di suo figlio Isacco. E riprende il kaddish, la preghiera ebraica utilizzata anche nella liturgia funebre, con i suoi versi “Magnified, sanctified be thy holy name”.
Il disco è profetico della sua scomparsa, a partire dalla copertina: Leonard si affaccia da una finestra che dà sull’oscurità, l’espressione serena, tra le dita una sigaretta. E inequivocabile in questo senso è il brano Leaving the table (“Sto lasciando il tavolo / sono fuori dal gioco”), che parla proprio della fine della vita, che Cohen aveva dichiarato sentire imminente, anche in una recente intervista concessa al New Yorker.
C’è tanto ebraismo in tutta l’opera di Cohen, a partire da Halleluja, forse la sua canzone più famosa. Ma You want it darker, considerato dai critici un capolavoro, è certamente il suo album più esplicitamente ebraico, in cui il richiamo alle sue radici è più saldo.
Un disco solenne, profondo, quasi un testamento spirituale, i cui le canzoni si susseguono eleganti, raffinate, tra chitarre vibranti, organi e archi struggenti, e la sua calda voce di anziano chansonnier. Tra di essi, Travelling light, sul viaggio e sulla gioia della solitudine, On the level, che racconta i desideri passionali di una persona anziana, Treaty, anch’essa intrisa di spiritualità e richiami biblici, e Steer Your Way, una poesia che racconta il coraggio di vivere, anno dopo anno, giorno dopo giorno, dirigendosi verso l’ignoto.

Marco Di Porto

(11 novembre 2016)