Golia e Davide

anna segreGiustamente molti hanno rilevato che “La verità negata” di Mick Jackson è solo in parte un film sulla Shoah (per quanto una decina di minuti ad Auschwitz e altri 10-15 minuti di discussioni in tribunale sulle camere a gas siano già per gli spettatori un bel pugno nello stomaco). Si parla, certo, di negazionismo (il film, ricordiamo, è la storia del processo per diffamazione che David Irving intentò contro Deborah Lipstadt che in un suo saggio lo aveva definito negazionista e antisemita), ma anche più in generale di verità e menzogna, del confine tra libera ricerca storica e falsificazione dei fatti, del ruolo dei sopravvissuti e della loro testimonianza, dell’utilità e dei limiti di una verità storica stabilita in tribunale.
C’è però un altro tema che ricorre con insistenza e su cui le recensioni che ho letto scelgono di non soffermarsi: nel film David Irving presenta più volte sé stesso come Davide che combatte contro Golia. E in effetti i fatti sembrano dargli ragione: mentre lui, autodidatta e isolato nella comunità degli storici, sceglie di difendersi da solo, la Lipstadt, con il sostegno economico delle comunità ebraiche americane (motivo che fa capolino con una certa insistenza, a tal punto che mi sono domandata quale impatto potrebbe avere su uno spettatore che covasse pregiudizi antisemiti), può permettersi una squadra di avvocati e consulenti di altissimo livello. A pensarci bene questa è una novità piuttosto rilevante nella tradizione dei film giudiziari: nella storia del cinema ci sono stati proposti centinaia di avvocati (o personaggi che si difendono da sé) isolati, inesperti, privi dei mezzi necessari per condurre indagini adeguate, senza conoscenze o contatti – spesso tutte queste cose insieme – in lotta contro avversari ricchi e potenti affiancati da avvocati astuti ed esperti. Sfide che terminano quasi sempre con la vittoria di “Davide”. Questa volta, invece, il film rovescia lo schema perché non assume il punto di vista di “Davide” ma quello di “Golia”, e una volta tanto ci mostra una squadra di avvocati costosi ed esperti che si mette dalla parte di una causa giusta.
Non è detto che chi è più ricco e influente abbia sempre ragione, ma non ha necessariamente ragione neppure chi è isolato e privo di mezzi: una lezione non scontata nel mondo di oggi, in cui essere uno contro tutti viene troppo spesso presentato come una virtù.

Anna Segre

(25 novembre 2016)