Qui Roma – Il Golem, fra mito e contemporaneità

golem-presentazione-mincer-romaInquietudine e risate, brutti sogni e ricordi familiari. È stata ricca di emozioni, oltre che di approfondimenti e spunti di riflessione, la presentazione di Il Golem tenutasi alla Casa della Memoria e della Storia di Roma. Il volume, curato per Marsilio da Laura Quercioli Mincer, oltre alla traduzione del dramma poetico di Leivik pubblicato a New York nel 1921 contiene un apparato introduttivo e bibliografico ricchissimo. Con i suoi otto quadri Il Golem è considerato una delle opere più notevoli della letteratura yiddish: messo in scena la prima volta dal teatro Habima, a Mosca nel 1925, ne è presto diventato uno dei testi più noti e ad aprire l’incontro è stata la lettura di alcuni brani fatta da Olek Mincer, l’attore polacco che ha studiato a Varsavia e lavorato al Teatro Statale Ebraico (yiddish) della stessa città, e che in Italia oltre a collaborare con registi e attori di fama internazionale, ha da pochissimo terminato una traduzione del Golem di Leivick in polacco.
Il golem, oltre che personaggio notissimo, è sempre stato per Giacometta Limentani un elemento del linguaggio familiare, una presenza costante e comunque amichevole al punto che quando, bambina, si lasciava andare a un capriccio, questo veniva definito “un attacco di golemite furiosa”, o chi si fosse soffermato troppo a lungo prima di agire si sentiva dire “pari un pupazzo, mi sembri un golem!”. “Ma ho poi avuto una impressione totalmente differente quando ho letto il testo pubblicato da Gustav Meyerink nel 1914: l’atmosfera cupa non mi è piaciuta per nulla”, ha continuato, descrivendo la sensazione di angoscia e crepuscolo. Moltissime, come ha spiegato la curatrice del volume, le storie sui golem, che vanno dalle narrazioni molto vicine all’originale, attribuito Yehuda Low ben Bezalel, il rabbino del Seicento noto come il Maharal di Praga, fino alla vicenda della golemessa sedotta e abbandonata. Guido Vitale, direttore della comunicazione e responsabile della redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, oltre che direttore di Pagine Ebraiche, ha ricordato che è anche grazie al libro da poco uscito e al lavoro di Laura Quercioli Mincer che è in lavorazione uno speciale sul Golem. Notevole anche la storia dell’autore: H. Leivick è lo pseudonimo del bielorusso Leivick Halpern, che dopo aver studiato in yeshiva fu bundista, per poi – dopo l’esperienza di quattro anni di lavori forzati in Siberia, riuscire a fuggire e sbarcare negli Stati Uniti nel 1913. Leivick fu in effetti il primo fra i poeti e gli scrittori yiddish negli Stati Uniti a dare voce al senso di spaesamento e di colpa di fronte alla catastrofe, di cui molti suoi suoi testi contengono premonizioni inquietanti. Annalisa Cosentino, boemista dell’Università La Sapienza di Roma e curatrice con Luigi Reitani della collana in cui è comparso il volume, ha raccontato come ne “Gli anemoni” siano pubblicati classici dell’Europa orientale, e ha voluto sottolineare come ne faccia parte anche R.U.R. Rossum’s Universal Robots, l’opera teatrale scritta nel 1920 da Karel Capec che ha introdotto nella cultura mondiale il termine “robot”. Roberta Ascarelli, germanista dell’università di Siena-Arezzo, presidente dell’Istituto Italiano di Studi Germanici, ha analizzato la vicenda dal punto di vista della modernità, ricordandone gli elementi di violenza, e il grande conflitto interiore che vi si può leggere. “Nel 1915 il Golem di Leivick portava nelle sue pagine il problema della tenuta dell’uomo e dell’umanità in situazioni di violenza” ha spiegato. La letteratura dell’esilio, storia degli scrittori yiddish in America, è legata al realismo, e si distanzia dalla letteratura ottocentesca, le cui storie sono narrate con modalità più tradizionali, e i suoi testi sono spesso molto debitori dell’espressionismo tedesco. “L’uomo non può fare altro che sentire sé stesso urlando contro la modernità, in un urlo primordiale e creaturale”. A chiusura dell’incontro la curatrice del volume ha ancora arricchito l’inquadramento storico e culturale del volume, ricordando anche come Golem1 e Golem2 sia il nome dei due primi computer israeliani.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(29 novembre 2016)