…diaspora

Nel mondo che ci troviamo ad abitare il concetto di diaspora va assumendo un ruolo sempre più centrale. Su questo argomento il mondo ebraico avrebbe molto da dire, e la sua storia di movimenti e transumanze, con relativi incontri e/o scontri di civiltà è di certo da studiare e meditare per gestire le attuali emergenze migratorie. Il prossimo anno – 2017 – segna il cinquantesimo anniversario dell’ultima grande diaspora che ha segnato l’ebraismo del ventesimo secolo; l’esodo forzato degli ebrei di Libia, ultimi di una catena di fughe ed espulsioni che negli anni precedenti aveva costretto quasi un milione di ebrei residenti da millenni nei paesi arabi a fuggire dalle loro case. Sono solo pochi anni, eppure già siamo in grado di ragionare sulle dinamiche di quella migrazione, sui respingimenti e sulle accoglienze, sui faticosi percorsi di integrazione, sulla perdita e sul mantenimento di tradizioni secolari (rituali, alimentari, linguistiche). Più rifletto sulla vicinanza di quegli eventi, e più mi sembrano fuori luogo le dinamiche identitarie attuali. Da più parti ci si vuole convincere che siamo parti di nazioni coese legate a uno specifico territorio, irrinunciabile e atavico. E su questo paradigma si costruiscono teorie politiche e si prospettano conflitti. Tutto questo è sbagliato, e lo sappiamo bene. Quel che siamo, in fondo, ce lo portiamo dentro, ovunque noi si vada. Il nazionalismo – che ha fatto infiniti danni a partire dall’Ottocento e che ora torna a minacciare l’Europa e le sue regioni – lasciamolo da parte, ché in fondo non si tratta di un valore ma sembra ogni giorno di più una minaccia da cui guardarsi.

Gadi Luzzatto Voghera

(16 dicembre 2016)