BIOGRAFIE Nel nome di Gerda che fotografò la storia

leicaHelena Janeczek / La ragazza con la Leica / Guanda

Il 1° agosto 1937 una folla sventolante bandiere rosse attraversa Parigi. È il corteo funebre per Gerda Taro, la prima fotografa caduta su un campo di battaglia, mentre svolgeva il suo lavoro. Gerda era rimasta uccisa in Spagna, dove si trovava per documentare la guerra civile assieme al suo compagno, il futuro maestro della fotografia Robert Capa. Appena ventisettenne, era stata travolta da un carro armato che aveva sbandato nel caos generato da un raid dell’aviazione tedesca.
Di origini ebraico-polacche, Gerda (il vero nome era Gerda Pohorylle) era nata a Stoccarda. Giovanissima si era accostata ai movimenti socialisti e rivoluzionari, e a causa del suo attivismo aveva subito anche un arresto. Era dunque emigrata a Parigi, dove era diventata la compagna di Capa (al secolo Endre Friedmann, anch’egli di origini ebraiche).
Compagni di vita, di lavoro e di battaglie politiche, la loro avventurosa e romantica storia si concluse tragicamente. Ma Robert Capa (pseudonimo peraltro inventato insieme a Gerda, e inizialmente utilizzato da tutti e due per firmare le fotografie) rimarrà legato alla sua figura per tutta la vita. E non sarà il solo: il fascino, il coraggio e l’impegno di Gerda avevano colpito tanti giovani della sua generazione. Al suo funerale, al quale parteciparono migliaia di persone, lessero le orazioni funebri anche Pablo Neruda e Louis Aragon, e ad Alberto Giacometti fu chiesto di realizzare il monumento sepolcrale per la tomba, che fu collocata al cimitero Père Lachaise.
Una figura di grande carisma, raccontata da Helena Janeczek nel libro La ragazza con la Leica (Guanda). L’autrice, italo-tedesca con radici ebraiche, ha più volte raccontato vicende legate al nazifascismo e alla seconda guerra mondiale, vedi Lezioni di tenebra, sulla Shoah, e Le rondini di Montecassino, sulla nota battaglia. Si confronta questa volta con un’opera a metà tra il romanzo storico e la biografia, che spazia tra epoche e luoghi lontani, restituendo vita e memoria a questa pasionaria degli anni Trenta affascinante, emancipata e talentuosa, la cui figura è stata nel tempo offuscata dal mito di Robert Capa, che aveva contribuito a creare.

Marco Di Porto