Grandangolo, la presentazione romana
“Un libro da leggere a scuola”

L’identità ebraica, spiega il rav Benedetto Carucci, oscilla tra una focale molto stretta e una focale molto ampia. Una prospettiva elastica, dove anche chi cerca una piena emancipazione non la trova mai fino in fondo. “Quella dell’identità è la tipica ossessione ebraica e questo libro ha il merito di portarla al centro attraverso un linguaggio e una trama in cui molti possono ritrovarsi. Tra i giovani e non solo”. Il libro di cui si parla è Grandangolo, romanzo di esordio di Simone Somekh. Racconta la storia di un giovane, nato e cresciuto in una comunità molto ortodossa che coltiva la passione per la fotografia. Il richiamo del mondo e la faticosa definizione di un’identità sessuale lo porteranno ad allontanarsi dall’ambiente d’origine, a cercare la libertà e la propria affermazione altrove. Un viaggio costellato di speranze, ma anche di sofferenza e lacerazioni. A cominciare dall’attrazione, insistentemente evocata nel romanzo, fra persone dello stesso sesso, certamente problematica dalla prospettiva dell’ebraismo ortodosso, ma sempre sottaciuta nel corso degli interventi della serata di presentazione tenutasi ieri al Centro Pitigliani di Roma.
Con il rav Carucci e il giovane autore, che ha 23 anni, è nato a Torino, ha studiato in Israele e oggi vive fra New York e l’Italia, anche il conduttore radiofonico Marino Sinibaldi. Due diversi modi di guardare a un testo che, sottolineano entrambi, non lascia indifferenti. La prospettiva del rabbino attento alla specificità ebraica. E quella del critico letterario, che ancor prima di entrare nel vivo della narrazione ammette la propria insofferenza verso l’ortodossia religiosa in genere.
Dalla scoperta della sessualità a quella della politica, dal tema dell’identità a quello della solitudine: sono questi, per Sinibaldi, alcuni dei passaggi chiave di un’opera che ha il merito di andare a quella modalità di crociera “cui dovrebbe tendere la buona letteratura”. Due frasi, per il giornalista, ben esprimono il perimetro del libro. Entrambe il protagonista, che si chiama Ezra Kramer, le rivolge ai genitori. “Non mi avete dato mai la possibilità di scegliere” dice loro. E ancora, più provocatorio: “Volevate D., e vi siete dimenticati degli uomini”. Frasi che segnano il progressivo allontanamento dal mondo haredi, portandolo su sentieri e strade differenti.
Leggendo il libro, non si riesce a capire cosa pensino i genitori e gli altri personaggi che vivono attorno ad Ezra. Sappiamo infatti solo quello che il giovane sente e i temi su cui si interroga, perché è unicamente dalla sua prospettiva che tutto vediamo. Ed ecco, riflette rav Carucci, che la focale progressivamente si allarga: dalla stretta ortodossia si passa all’universo modern orthodox e poi ancora ad ambienti in cui l’attaccamento alla tradizione si fa più sfumato. Un percorso di emancipazione che è però più propriamente oscillazione, ribadisce il rav.
“Il racconto di Simone, incentrato su alcuni temi su cui molto ci si confronta in ambito ebraico, ha il merito di costituire un vero e proprio strumento di identificazione. In particolare per i ragazzi” dice il rav Carucci. Per questo, spiega, ha voluto che gli studenti di una sua classe del liceo ebraico romano lo leggessero e potessero poi incontrare l’autore. “Come ben sappiamo, è difficile che i giovani si appassionino alla lettura. In questo caso invece è accaduto: nessuno è rimasto indifferente, tutti in un modo o nell’altro sono stati toccati da questa storia”.
Una storia che, per Simone Somekh, ha avuto soprattutto un significato: fotografare un momento, con l’entusiasmo e le sensibilità tipiche di un ventenne. Un romanzo che non vuole essere autobiografico, precisa l’autore, ma in cui comunque le esperienze e gli incontri di questi anni hanno avuto senz’altro un peso. “Mi è sempre piaciuto scrivere, lo faccio sin da bambino. E lo faccio prima di tutto per me, è sempre stato così” racconta Simone.
L’autore confessa di aver attraversato momenti di incertezza. Un libro è un grande salto, commenta. Ma sembra averci preso gusto. Tanto che assicura: non è finita qui.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(12 gennaio 2018)