Torino – Al Verdi la musica dei Giusti

Il 27 gennaio è appena passato e la città di Torino, come ogni anno, ha risposto al monito della Memoria con entusiasmo ed energia. Moltissime le conferenze, le mostre, gli incontri e gli spettacoli teatrali e musicali che hanno costellato quello che ormai è diventato a tutti gli effetti il “mese della Memoria”, che ha preso avvio a metà gennaio con la posa di ben 37 pietre d’inciampo su tutto il territorio piemontese e si è avviato alla conclusione con il concerto tenutosi al Conservatorio Giuseppe Verdi, “La musica dei Giusti”, una performance musicale e drammaturgica che ha ricostruito dieci ritratti di Giusti tra le Nazioni: Carlo Angela, Oskar Schindler, Giorgio Perlasca, Gino Bartali, Wilm Hosenfeld, Kipras ed Elena Petrauskiene, Gottfried Von Einem, Lorenzo Perrone e Raul Wallenberg. “La musica dei Giusti. Sembrerebbe la formula per definire una sezione aurea della teoria musicale o un principio filosofico universale, una sorta di «musica delle sfere» dove il sole, per dirla con Goethe, «percorre il corso prescritto intonando l’antica melodia». Invero, in uno degli enunciati pitagorici sul mondo come armonia e numero, tutto viene fatto risalire all’ordine precostituito incarnato dagli intervalli musicali di ottava, quinta e quarta. Sono i cosiddetti intervalli giusti. Di questo sottile collegamento, a noi interessa solo un aspetto: gli intervalli giusti non sono né maggiori, né minori. E ciò significa che nella simbologia musicale più elementare, quella dell’alternanza di modi come espressione della contrapposizione di stati d’animo o persino di ciò che è affermativo e della sua controparte negativa, quegli intervalli sono come un faro capace di illuminare e puntellare l’armonia in ogni sua tendenza, nel bene e nel male. Così i Giusti celebrati stasera: uomini capaci di illuminare il mondo e di puntellarlo nel momento del crollo di ogni struttura e sovrastruttura morale, etica e di pura umanità, senza necessariamente avere una qualità maggiore o minore, un’univoca bontà o una specchiata probità”, (Dal libretto del concerto).
Significativi sono stati discorsi pronunciati a Palazzo Civico, in occasione delle celebrazioni ufficiali, a cui hanno preso parte tra gli altri, il sindaco di Torino, Chiara Appendino, il vicepresidente del consiglio comunale, Enzo Lavolta, il Prefetto, Renato Saccone, il vicepresidente del Consiglio Regionale del Piemonte e del Comitato per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione, Nino Boeti, il presidente della Comunità ebraica di Torino, Dario Disegni e Bruno Maida, docente presso l’Università di Torino.
Il primo intervento è di Enzo Lavolta, che parla dei campi di sterminio come di “luoghi d’inferno in un’Europa violentata dal nazismo, luoghi che ci impongono un dovere di imporsi davanti ai sussulti beceri di antisemitismo di cui soffre la società contemporanea”. A tal proposito cita l’incontro tenutosi pochi giorni prima, il 24 gennaio, al Campus Universitario Luigi Einaudi dal titolo “Israele e lo sfruttamento dell’Olocausto”, a cui hanno preso parte più di settanta studenti. Da qui la necessità crescente di promuovere progetti come “Promemoria Auschwitz”, che cerca di coinvolgere gli studenti di diverso grado, tra cui quelli universitari, nei viaggi formativi della Memoria.
È poi Nino Boeti a prendere la parola per sottolineare l’impegno di questo 2018 nel ricordare gli stermini dimenticati, quello dei Rom e quello degli omossessuali. Per poi chiudere ripetendo le parole di Giacomo Matteotti: “Il fascismo non è un opinione, è un crimine”. Dario Disegni ricorda invece i due importanti anniversari che ricorrono quest’anno, gli ottant’anni dalla promulgazione delle ignominiose Leggi Razziste, un buio contraltare rispetto al 4 marzo del 1848, quando venne emanato lo Statuto Albertino a cui seguì l’emancipazione dei valdesi prima e degli ebrei subito dopo. A parlare del binomio storia-memoria è Bruno Maida : “Questo paese ha bisogno di storia più che di memoria : la memoria è una selezione di elementi, è una scelta politica”. Per questo è assolutamente necessario decidere cosa ricordare, spiega, per rendere lo studio della storia consapevole. Chiara Appendino invece ricorda la conferenza di Evian, che ebbe luogo nel luglio del 1938 nella località francese di Évian-les-Bains, sul Lago Lemano, convocata dal presidente degli Stati Uniti d’America, Roosevelt, per discutere e trovare una soluzione tra le diverse potenze mondiali sul problema dell’aumento del numero di rifugiati ebrei e quindi delle future migrazioni. Era necessario un intervento strutturato e coordinato, ma nessuna potenza si volle esporre, nessuno si prese la responsabilità, una grande empatia verso gli immigrati, ma nessuna azione concreta. “Se avessero aperto le frontiere che storia staremmo raccontando?”, si domanda. Infine il Prefetto Saccone ha ribadito il valore del Giorno della Memoria, che deve sempre scontrarsi con l’indifferenza.

Alice Fubini

(28 gennaio 2018)