Società – La Costituzione è l’argine contro i razzisti

Attilio Fontana, candidato governatore della Lombardia per conto della Lega, a proposito delle immigrazioni ha detto che è ora di decidere se vogliamo che la «razza bianca» continui ad esistere. Il richiamo alla difesa della razza ha in Italia un senso particolare; esso riproduce il titolo della rivista che durante il fascismo su applicò a offrire supporto «scientifico» alla politica che ha prodotto le leggi razziali contro gli ebrei. Quest’anno celebriamo l’ottantesimo anniversario di quella vergogna nazionale. Accusato di adottare un linguaggio razzista, il Fontana se ne è difeso dicendo che è la Costituzione a menzionare le razze. Poteva sembrare una giustificazione, ma valeva come rivendicazione, sotto la protezione nientemeno che della Costituzione. La difesa della razza come programma politico naturalmente implica il riconoscimento della supremazia della razza in cui ci si riconosce e, per conseguenza, l’umiliazione delle altre. Come tutto ciò possa portare drammaticamente lontano, si è dopo poco incaricato di dimostrare lo sparatore di Macerata, che ha mostrato di aver colto il messaggio colpendo «i neri». I «neri», tutti e in quanto tali, non l’uno o l’altro per qualche sua colpa. Allo stesso modo, la difesa della «razza bianca» privilegia un gruppo, una categoria, indifferentemente dal valore dell’uno o dell’altro individuo. Nel torrente di parole che ci avvolge e che impedisce di pensare, c’è chi ha preso sul serio il richiamo alla Costituzione, non ha visto che si tratta di una sciocchezza e ha reagito dicendo: E allora togliamo quella parola dalla Costituzione. La nostra Costituzione, al suo fondamentale articolo 3, afferma il principio di eguaglianza, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. La Costituzione non si preoccupa di affermare l’esistenza delle razze, ma interviene per vietare ogni discriminazione che su quell’idea si fondi. E si tratta di una formulazione del principio di eguaglianza e del divieto di discriminazione, eguale a quella che si trova nelle Costituzioni di altri paesi europei e in tutte le Carte dei diritti umani ratificate dall’Italia: Convenzione europea dei diritti umani, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Trattato sui diritti civili e politici, ecc. Modificare la Costituzione per eliminare la menzione della razza, per l’Italia richiederebbe anche denunciare quei trattati e prender le distanze anche dalla Dichiarazione universale dei diritti umani approvata dall’Onu nel 1948 (significativamente nello stesso anno della Costituzione). L’idea dunque non è praticabile. Ma soprattutto è sbagliata. In un’ottica del tutto diversa, studiosi del linguaggio giuridico e genetisti hanno in passato suggerito di eliminare quella parola. Le indagini sul Dna individuale e di gruppo hanno infatti dimostrato l’impossibilità di identificare geneticamente gruppi di popolazione, classificandoli per razze. Le razze dunque geneticamente non esistono: menzionarle perciò farebbe rivivere ciò che la scienza ha ormai dimostrato non esistere. Tuttavia, se la genetica non conosce razze, esistono i razzisti, che ignorano questo dato di fatto e si riferiscono ad altro che immaginano e fantasticano, inventando un nemico per darsi identità. La Corte europea ha escluso le dichiarazioni razziste dalla protezione della libertà di espressione. In Italia e in Europa, esistono leggi che puniscono in modo particolare e aggravato le aggressioni verbali o fisiche motivate dall’odio razziale, etnico, nazionale, religioso. Quelle antisemite sono le più note a causa della storia europea, antica, recente e attuale. Ma sono ora presenti anche gravi posizioni anticristiane o invece di islamofobia. Infatti alla motivazione razziale della discriminazione si accompagna spesso, intrecciandosi, quella che fa delle differenze religiose una ragione di odio. Se abolissimo la menzione della razza dall’elenco delle discriminazioni vietate dalla Costituzione, aboliremmo anche quelle leggi che le condannano? Sarebbe come garantire impunità ai razzisti e fornir loro legittimazione, dopo aver creduto di togliere argomenti a chi pretende di richiamarsi alla razza per proporre un programma di discriminazione di quelle diverse dalla sua. La via è invece un’altra: quella di riconoscerli e combatterli ogni volta che si manifestano, senza mai lasciar correre e far finta di credere che si tratti di frasi infelici, di ragazzate. Combatterli chiamandoli con il loro nome.

Vladimiro Zagrebelsky, La Repubblica, 9 febbraio 2018