La pedagogia di Lia Levi

valentina di palmaPer fortuna la biblioteca San Giorgio di Pistoia non organizza solo sedicenti convegni di studi sul colonialismo italiano in Libia e quello (sic) israeliano in Palestina come lo scorso 27 ottobre – con tanto di interrogazione parlamentare di Capezzone, il quale a ragione sottolineò a suo tempo il vergognoso inserimento dell’iniziativa tra quelle di Pistoia Capitale della cultura 2017 e l’ancor più vergognoso rilascio di crediti formativi per gli insegnanti partecipanti all’incontro.
Per fortuna, all’interno della ben più neutra cornice dei percorsi tematici di lettura, presso la San Giorgio sono proposte anche iniziative come il pomeriggio, giovedì scorso 31 maggio, con Lia Levi, finalista del premio Strega con Questa sera è già domani. Che poi sia l’occasione per parlare non solo di questa storia ebraica, ispirata alla vicenda familiare del marito Luciano Tas – un racconto, come tanti tra quelli narrati dalla scrittrice, ebraico, tra fascismo, guerra, persecuzione e fuga in Svizzera – ma anche più in generale dell’ispirazione autobiografica e quindi di ebraismo in Lia Levi, ben venga.
Ancora meglio se, come ha ricordato nell’introduzione la filosofa Michela Pereira, di Lia Levi possiamo descrivere la fiducia nella scrittura come forma di trasmissione della memoria, il valore pedagogico del narrare (facendo del raccontare una memoria educativa e non didascalica), e come la Levi stessa ha sottolineato, l’importanza del racconto quale insieme non di vicende ma di modalità narrative, con al centro spesso i bambini (bambini protagonisti, ma anche libri rivolti all’infanzia) e l’ascolto dei più piccoli.
Se poi, ricordando l’inizio della sua attività di romanziera in età già matura dopo anni di carriera giornalistica (un ben diverso tipo di scrittura, anche se sempre di scrivere si tratta), e l’esordio autobiografico di Una bambina e basta dedicato agli anni infantili durante la Shoah Lia Levi sorride, e fotografa questo libro appoggiato sulla carrozzina di un neonato, non possiamo che andarcene soddisfatti.

Sara Valentina Di Palma