…incendi

Molto è stato già scritto in queste settimane sulla nuova frontiera del terrorismo arabo palestinese, tollerato, incoraggiato o direttamente prodotto da Hamas a Gaza. Mi riferisco al lancio sistematico sul territorio israeliano, spesso da parte di bande di giovani e di minorenni, di aquiloni e palloni incendiari per appiccare il fuoco oltre il confine. In circa dieci settimane sono state distrutte migliaia di ettari di coltivazioni, campi e foreste, con un conseguente colossale danno economico che colpisce in primo luogo i kibbutzim che sorgono a nord e a est della Striscia, a cui si aggiunge l’evidente tragedia ambientale.
Questa strategia incendiaria che utilizza strumenti assolutamente rudimentali, alla quale per ora Israele non ha trovato un rimedio efficace, mi sembra una perfetta epitome della tragedia araba palestinese in generale e di Gaza in special modo. Perché bruciare boschi e campi è evidentemente una strategia nichilista: l’obiettivo è ardere, la distruzione, il puro nulla, nihil in latino. L’estetica della distruzione, il lancio di ordigni incendiari – anche correndo il rischio che il vento cambi e riporti ai mittenti l’aquilone – il vuoto come obiettivo è nichilismo. A me sembra il simbolo drammatico dell’operato di chi – la leadership araba palestinese da un centinaio di anni a questa parte – ha finora preferito perseguire l’obiettivo della distruzione altrui, segnatamente di Israele, anziché quello della convivenza e della costruzione di una realtà politica indipendente. Trasformare il gesto di far volare un aquilone, associato tradizionalmente a infanzia e spensieratezza, in una strategia distruttiva – che diventa non di rado anche autodistruttiva – aggiunge al quadro un bagliore sinistro, lo stesso che si diffonde dai campi incendiati.
Una alternativa, naturalmente, c’è ed è a disposizione di tutti, a solo volerlo. Ricordo di essere stato al monte Carmel, presso Haifa, nell’estate 2012, un anno e mezzo dopo il terribile incendio che aveva distrutto enormi estensioni di bosco e aveva provocato la morte di oltre quaranta persone, intrappolate dalle fiamme. La desolazione quasi lunare di colline e colline bruciate era uno spettacolo inquietante, ma ricordo, vicino al memoriale con i nomi delle vittime, tanti piccoli alberelli piantati da pochi mesi che crescevano, crescevano.

Giorgio Berruto

(2 agosto 2018)