Stazzema, primo giorno sui banchi
“Memoria insegni la convivenza”

Inizio di anno scolastico nel segno della Memoria, una Memoria al servizio delle nuove generazioni per orientarle verso i valori e le sfide che guardano al futuro, per gli studenti dell’istituto comprensivo Martiri di Sant’Anna di Pontestazzemese.
Nel ricordo dell’orrenda strage nazista che fu compiuta a Sant’Anna e che ebbe tra i primi testimoni oculari del massacro il rav Elio Toaff, ma anche nel ricordo degli effetti che le Leggi razziste, promulgate 80 anni fa dal fascismo, ebbero nella vita degli studenti ebrei italiani. Primo dei quali l’allontanamento forzato dalle aule.
La cerimonia, cui sono hanno partecipato tra gli altri la Presidente UCEI Noemi Di Segni, il presidente della Comunità ebraica pisana Maurizio Gabbrielli, il procuratore generale militare alla corte militare di appello di Roma Marco De Paolis, si è svolta nel Palazzo della cultura di Cardoso, frazione del comune dell’Alta Versilia.
“Abbiamo voluto iniziare l’anno scolastico in un modo diverso, parlando ai nostri ragazzi di quello che è accaduto 80 anni fa, quando improvvisamente per decreto si stabilì che alcuni ragazzi non potevano più frequentare la scuola perché erano diversi. Sembra una cosa lontana, ma sarebbe un errore sottovalutare quello che sta accadendo oggi, in un tempo in cui si torna a parlare di un noi ed un loro. Si partì allora con le parole e si arrivò poi alla esclusione e quindi alla persecuzione” ha sottolineato il sindaco Maurizio Verona.
Un messaggio condiviso dalla Presidente dell’Unione, che davanti agli studenti toscani ha affermato: “Vi avviate ad un nuovo anno scolastico con gli insegnanti al vostro fianco, assieme a molte altre migliaia di ragazzi in tutto il Paese. Avrete molti compiti, più o meno faticosi, più o meno graditi. Ma c’è un compito al quale non potrete mai sottrarvi e che in realtà porterete avanti anche quando la scuola sarà per voi parte di un percorso lasciato alle spalle: il vostro compito come cittadini italiani è di tramandare quanto avvenuto. Anche con la vostra arte e con le vostre fotografie. Il vostro compito come ragazzi e giovani è ascoltare la vostra intelligenza umana e saper selezionare il bene dal male. Ascoltare le indicazioni di chi vi guida verso un sentiero di convivenza e non verso la gola profonda dell’odio”.
Non ha potuto presenziare, ma ha comunque inviato un messaggio la senatrice a vita Liliana Segre. Sarà proprio la sua testimonianza il filo conduttore di un progetto didattico che proseguirà nel corso dell’anno, con la lettura di alcuni brani dal suo libro di memorie. “L’idea di condividere i suoi scritti, mettere a confronto i ragazzi con quell’orrore, aiutarli a riflettere, è un segnalo importante che ci arriva dal mondo della scuola” commenta il presidente Gabrielli, favorevolmente colpito dalla preparazione e dall’attenzione dei ragazzi oggi intervenuti.
Nel corso della mattinata, segnata anche da una commovente ricostruzione dell’impatto delle leggi del ’38 da parte di Graziella Cassuto, è stata inaugurata mostra fotografica ‘Per non dimenticare – Viaggio nei campi di concentramento’ di Enzo Baccheschi.

Di seguito l’intervento integrale della Presidente UCEI Noemi Di Segni

Cari Studenti,
Cari insegnanti,
Signor Sindaco, Maurizio Verona
Signor Presidente Isrec Lucca, Stefano Bucciarelli
Signor Presidente Gabrielli
Signore Procuratore Militare Generale
Signor Enzo Baccheschi, artefice della mostra che oggi inauguriamo
Signor Direttore del Parco Nazionale della Pace e del Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna di Stazzema, Michele Morabito
Signora Graziella Cassuto

Con profonda emozione e riverenza visito oggi il Paese di Sant’Anna di Stazzema per la prima volta nella mia vita e vi porto oggi il saluto di tutte le comunità ebraiche italiane. Sono venuta per imparare da voi, ascoltare la vostra lezione ed apprendere dal vostro esempio il significato della parola coraggio. Coraggio di poter credere che gli esseri umani possano anche non uccidere, non impazzire, non compiere un eccidio, non dimenticare di essere stati creati da un solo Dio.
I giovani giustamente pongono le domande agli adulti e noi cerchiamo di trovare delle risposte ai vostri perché, da quelli dell’ovvio quotidiano a quelli esistenziali. Cerchiamo risposte nella Bibbia, nei libri, nella notte dei tempi, nell’antropologia. Temo che non avremo mai una vera risposta alla spontanea e doverosa domanda del perché quanto accaduto è stato possibile e come si sia avverato un massacro che non poteva neanche elencarsi nei peggiori degli incubi – del neonato o del più longevo dei compaesani. Mi riferisco specificatamente alla strage nazifascista del 12 agosto 1944 e alla devastazione che ne è conseguita. Uno dei primi a recarsi a Sant’Anna appena dopo la strage fu Rav Elio Toaff, allora combattente che vide quell’orrore, già immenso ed infinito, senza ancor apprendere quanto avveniva nei campi di sterminio.
Una parte di questo impossibile perché risiede proprio nelle leggi antiebraiche che furono emanate nell’autunno del 1938. Non perché i diretti destinatari di quelle norme foste voi come invece lo erano i cittadini italiani di religione ebraica, ma perché l’espressione di odio, annullamento di ogni diritto e considerazione di civili come nemici è stata legittimata proprio da quegli atti. Con un voto apparentemente democratico e una firma si è deciso che la vita di certi vale meno della vita di altri. E la legge – massima espressione di un processo decisionale da parte di chi è delegato a rappresentare l’intero popolo – invece di essere strumento di tutela, di promozione, di equità e giustizia è all’opposto diventata uno strumento per giustificare il peggio. Così nel ’38 in Italia si è proseguito quanto già avviato in Germania nel ’35.
Ottant’anni fa gli alunni di religione ebraica non hanno potuto vivere quell’emozione a noi tutti conosciuta del “primo giorno di scuola”. Hanno invece vissuto il primo giorno di Non scuola, nel aule era assolutamente chiaro che il loro essere ebrei era un qualcosa che da quel giorno in poi avrebbe cambiato il loro destino. Ma come spiegare ad un ragazzo la sua colpa e punizione conseguente? In quale categoria di rapporti del dover essere e dover fare poteva mai inserirsi quell’addebito? Il governo di Mussolini ha scelto di iniziare la discriminazione formale-legale colpendo il mondo dei giovani e degli studenti. Il mondo del sapere e della scienza. Alunni e professori hanno dovuto immediatamente lasciare la scuola e le università. Ed è proprio questa scelta di isolare le persone più giovani, di generare sconforto identitario e sfiducia in sé stessi che ha reso forti e prepotenti gli altri.
Ma la disperazione generò fermezza e l’attività educativa scolastica proseguì in piccole scuole, perché la vita va avanti nonostante tutto. Poi si è passati ad altri aspetti della vita: no alla cultura, no alle attività lavorative, no alla frequentazione di determinate persone. E dai divieti di legge si è passati alla convinzione delle menti. E da questa convinzione all’uso delle armi e dall’uccisione di uno al massacro di un intero popolo o un intero Paese. Tutto questo rafforzato dal collante dell’indifferenza. Indebolendo l’animo per poi completare il percorso attraverso una ben pianificata deportazione a partire dalla metà di ottobre 1943. Perché la mente era oramai annebbiata da un racconto fatto legge e fatto ordine. Perché il potere dei pseudo protettori dell’ordine e della sicurezza passa attraverso la paura, l’invenzione di un nemico e la denigrazione di chi tenta di sollevare qualche dubbio.
È importante oggi non solo studiare la storia, e saper dire a voce alta – questa è verità – questo è accaduto a cittadini italiani – questo è successo nel nostro Paese, ma anche sapersi porre rispetto agli eventi con la propria coscienza di singoli e di collettività. Cosa pensate voi? Cosa avreste fatto voi in quel primo giorno? La vostra identità passa attraverso questa conoscenza storica, di quanto accaduto qui, nel lucchese, in Italia e nell’Europa intera. È un racconto faticoso e tormentoso che vi porterete sempre appresso ma che vi dà la capacità di riconoscere il pericolo. Perché chi si è ustionato con il fuoco lo riconosce da lontano.
Anche dopo la guerra chi cercava verità e giustizia attraverso l’attivazione di una fase processuale non ha avuto il pieno supporto. Le stragi nazifasciste sono state oggetto di importanti indagini e processi ma è nostro dovere proseguire e creare le condizioni anche di legge e di diritto internazionale affinché si possano fare valere tutte le possibili responsabilità. Giustizia va fatta proprio per potervi credere.
Vi avviate ad un nuovo anno scolastico con gli insegnanti al vostro fianco, assieme a molte altre migliaia di ragazzi in tutto il Paese. Avrete molti compiti, più o meno faticosi, più o meno graditi. Ma c’è un compito al quale non potrete mai sottrarvi e che in realtà porterete avanti anche quando la scuola sarà per voi parte di un percorso lasciato alle spalle: il vostro compito come cittadini italiani è di tramandare quanto avvenuto. Anche con la vostra arte e con le vostre fotografie. Il vostro compito come ragazzi e giovani è ascoltare la vostra intelligenza umana e saper selezionare il bene dal male. Ascoltare le indicazioni di chi vi guida verso un sentiero di convivenza e non verso la gola profonda dell’odio. Vostro dovere per rispetto ai vostri antenati e di chi nell’intera Europa fu vittima dell’odio razziale è continuare ad essere saggi e non perdere la ragione appresso alle masse. Se le maglie della rete vi sorreggono e non vi catturano trasformandovi in masse obbedienti. Lo si può fare se si convive con gli altri, se si viaggia, se si ascolta, se si capisce che lo spazio c’è per tutti ma va riempito con energia di fare assieme e non mantenendo il vuoto della paura. Lo si può fare se anche il sistema istituzionale comprende il proprio ruolo di guida e di responsabilità.
Per gli ebrei domani sera sarà Kippur. Un giorno solenne nel quale si conclude un ciclo di preghiere e di introspezione per chiedere scusa per quanto fatto nell’anno passato e porsi i propositi e gli impegni del nuovo anno. Le preghiere che si tengono al Tempio devono essere precedute da una presentazione di scuse alle singole persone con le quali si convive. Se le persone non hanno il coraggio di presentarsi al prossimo è inutile presentarsi davanti a Dio. Non giudichiamo gli altri ponendoci al di sopra – al contrario poniamo noi stessi nel vortice del dubbio e chiediamo ad altri di aiutarci. Questa festività avviene sempre in coincidenza con l’avvio dell’anno scolastico e questo tipo di bilancio che si compie ragionando su come siamo quando siamo soli, con gli altri e come parte di un popolo, dà un significato a questi primi giorni inaugurandoli come giorni di riflessione.
Vedervi oggi belli, attenti e sorridenti al primo giorno di scuola mi dà speranza. Restate cosi portando il vostro nome e la vostra identità ovunque.
Buon anno, Shanà Tova,

Noemi Di Segni, Presidente Unione delle Comunità Ebraiche italiane.

(17 settembre 2018)