Tullia Zevi, un’eredità viva

La signora dell’ebraismo italiano. Prima donna e guidare l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la protagonista della stagione delle Intese che segnarono l’inizio di un nuovo capitolo nei rapporti con lo Stato, l’ambasciatrice di 21 Comunità e migliaia di anni di storia, cultura e progresso durante la storica visita di Wojtyla al Tempio Maggiore di Roma, ma anche la giornalista che fu testimone del Processo di Norimberga e di quello al criminale nazista Adolf Eichmann e che intervistò i più grandi del suo tempo. Esperienze diverse, che anche nel segno dello straordinario sodalizio formato con il marito Bruno, sposato negli anni newyorkesi, ha saputo elaborare nel modo più efficace e incisivo.
Tullia Calabi Zevi, a cento anni dalla nascita, resta una figura indelebile. Nata a Milano nel 1919, con la promulgazione delle Leggi razziste che la colpirono mentre si trovava in Svizzera, inizia un graduale percorso di consapevolezza e di impegno antifascista che da Lugano la porta a Parigi e da Parigi a New York. Un impegno declinato nel segno del Partito d’Azione, le cui idee furono un costante punto di riferimento in casa Calabi, e che si affianca a una maturazione pure sul fronte artistico con le collaborazioni con mostri sacri come Sinatra e Bernstein che rappresentano una delle pagine più affascinanti degli anni nella Grande Mela. Il 1946 è però l’anno del ritorno a casa: c’è un paese da ricostruire, e lei non si sottrae.
Ricordando quei giorni, in occasione di un convegno fiorentino organizzato per i 100 anni dalla nascita di Carlo Rosselli, Zevi scrive: “Perché siamo tornati in Italia così in fretta? Per loro c’erano dei richiami fortissimi e molto comprensibili. E per me? Si erano scoperti da poco gli orrori della guerra, lo sterminio di massa di ebrei, di zingari e di oppositori politici, la devastazione delle comunità ebraiche. E mi sembrava giusto, avendo avuto la ventura di essere sopravvissuta, tornare e partecipare alla ricostruzione di queste comunità allo sbando, traumatizzate, ed anche di partecipare, sconfitto il fascismo, alla rinascita della democrazia in Italia”.
Il coinvolgimento nelle vicende dell’ebraismo italiano è degli Anni Cinquanta, su intervento in particolare di Raffaele Cantoni. Una lunga militanza che, dal 1983 al 1998, troverà la strada della presidenza. Anni formidabili, che hanno lasciato il segno. E che hanno trovato un simbolico riconoscimento nell’ultimo Congresso UCEI, tenutosi nel dicembre del 2010 a Roma alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. La sua ultima apparizione pubblica, accolta da un lungo e commosso applauso da parte di tutta la sala.
A oltre otto anni dalla scomparsa, il suo è un ricordo che resta vivo.

(3 febbraio 2019)