Pagine Ebraiche
Soros e le parole malate

Teorie del complotto e parole malate costituiscono una minaccia sempre più significativa per il futuro del mondo libero e democratico. Un veleno che ha trovato nella figura del finanziere ungherese George Soros, sfuggito alla Shoah e oggi impegnato in molte iniziative umanitarie, il bersaglio ideale di una campagna diffamatoria che ha particolarmente attecchito sui social network.
L’ultimo delirio antisemita che lo riguarda attinge alla sua gioventù nell’Ungheria sotto occupazione nazista. Una menzogna smontata e illustrata in tutta la sua pericolosità dalla giornalista Nadine Epstein, direttrice del magazine ebraico americano Moment.
Soros ed Epstein hanno deciso di offrire alla redazione di Pagine Ebraiche la traduzione in italiano di questo intervento.

No, Soros non era un nazista

Che lo sappiano o meno, chi chiama George Soros un nazista riecheggia una menzogna infame che fu probabilmente inventata nei primi anni ‘90 dal noto antisemita e sostenitore delle teorie di cospirazione Lyndon LaRouche, Jr. Già nel dicembre 1993, nel suo Executive Intelligence Report (EIR), LaRouche affermava falsamente che Soros era un collaboratore nazista. “Per quanto riguarda il suo attuale operato nei confronti delle economie dell’Europa orientale e di altri paesi, Soros sta facendo la stessa cosa di ciò che ha fatto quando ha saccheggiato ebrei morti e in fin di vita in Ungheria”, affermava LaRouche. Queste e altre simili accuse pubblicate nell’EIR hanno scatenano una catena di menzogne su Soros che hanno preso piede in tutto il mondo e che si ritrovano alla radio e in televisione, sui giornali e online.
Il pretesto per queste accuse nasce da due episodi dell’infanzia di Soros, verificatisi nel 1944 dopo che i nazisti invasero l’Ungheria, suo paese natio,. Il primo ebbe luogo quando il consiglio ebraico di Budapest, che era stato istituito dal seguace di Hitler Adolf Eichmann, ordinò a Soros, allora tredicenne, e ad altri adolescenti ebrei di lavorare come corrieri per consegnare messaggi agli ebrei. Come Soros ha raccontato più volte, ha mostrato una busta che gli era stata data da suo padre Tivadar, il quale aprendola si rese conto che si trattava di una convocazione che avrebbe probabilmente portato all’internamento. Soros avvertì i destinatari di non obbedire alla convocazione.
Il secondo incidente si verificò dopo che Tivadar ottenne dei documenti d’identità cristiani per George e lo mandò a vivere con un funzionario del Ministero dell’Agricoltura chiamato Baumbach, che si faceva passare per suo padrino. Baumbach non era ebreo, ma sua moglie, che viveva nascosta, sì. Baumbach era incaricato di realizzare degli inventari di beni confiscati agli ebrei, e secondo il libro del 2002 del giornalista Michael T. Kaufman Soros: The Life and Times of a Messianic Billionaire, portò con sé George in un viaggio di lavoro nella residenza estiva del barone Móric Kornfeld, un ebreo facoltoso che aveva abbandonato i suoi averi in cambio del permesso di lasciare il paese con la sua famiglia. Mentre Baumbach lavorava, l’adolescente girava nella residenza e chiacchierava con lo staff, sperando che nessuno si rendesse conto che fosse ebreo.
Dopo avere acquisito fama mondiale nel 1992, come l’investitore che aveva guadagnato più di 1 miliardo di dollari vendendo allo scoperto la sterlina inglese, Soros divenne molto richiesto dai giornalisti. In un’intervista dell’aprile 1993 su Adam Smith’s Money World su WNET, la stazione televisiva pubblica della città di New York, fu chiesto a Soros quale tipo di uomo “sarebbe andato ai ferri corti con la Banca d’Inghilterra, e avrebbe scommesso tutto che il pilastro dell’establishment finanziario avrebbe dato segni di debolezza”. L’intervistatore lasciava intendere che la visione del mondo di Soros era modellata dall’Olocausto, e che Soros era d’accordo su questo. Disse che durante l’invasione dei tedeschi, suo padre gli spiegò che si trattava di un’“occupazione illegale”, in cui le regole normali non si applicavano. Ricordava che suo padre gli diceva “Dimenticati di come ci si comporta nella società normale”. Soros aggiunse poi che era stato “adottato da un funzionario del Ministero dell’Agricoltura, il cui compito era quello di impossessarsi degli immobili degli ebrei, così in realtà sono andato con lui e abbiamo preso possesso di queste grandi proprietà. Quella era la mia identità.”
Nell’intervista Soros parlava di “proprietà” (al plurale), ma in altre occasioni ha detto di avere accompagnato Baumbach solo una volta. L’idea che Soros aiutasse regolarmente Baumbach nel suo spiacevole compito trovò spazio in un articolo del New Yorker del 1995, “The World According to George Soros”, in cui la giornalista Connie Bruck scrisse che Soros “si atteggiava a figlio di un funzionario del governo ungherese, talvolta accompagnando il funzionario mentre consegnava gli avvisi di espulsione agli ebrei o prendeva possesso dei loro immobili”.
Ma fu una nota intervista del programma 60 Minutes della CBS, del dicembre 1998, in cui fu dedicata un’intera parte alle esperienze di Soros durante l’Olocausto, ad introdurre un nuovo elemento: la presunzione di colpa. In una voce fuori campo, il giornalista Steve Kroft insinuò che la sopravvivenza di Soros doveva essere stata a caro prezzo, visto che era sopravvissuto mentre “centinaia di migliaia di ebrei ungheresi venivano spediti nei campi di sterminio”. Quando chiese a Soros se aveva accompagnato il suo “padrino” mentre confiscava gli immobili degli ebrei in Ungheria, Soros, apparentemente ignaro dell’insinuazione di complicità di Kroft, rispose semplicemente di sì. Quando Kroft gli chiese se si sentiva in colpa, Soros disse che non sentiva alcun “senso di colpa” poiché “era solo uno spettatore”. “George si rende conto che la sua risposta non reggeva”, afferma Peter Osnos, lui stesso figlio di sopravvissuti all’Olocausto, nonché amico di lunga data dei Soros ed editore. “George, nonostante tutte le sue qualità, non è poi così articolato come ci si potrebbe aspettare.”
Queste interviste hanno fornito terreno fertile ai sostenitori delle teorie di cospirazione, secondo i quali Soros avrebbe ammesso di essere un collaboratore dei nazisti. L’attacco sferrato dall’EIR di LaRouche del 1993 menziona specificatamente l’intervista su WNET. Con il passare degli anni, LaRouche e i suoi seguaci hanno intensificato la loro invettiva (per esempio, diffamando Soros nel 2004 come “una bestia nazista che confiscava gli immobili degli ebrei”).
Intorno a quel periodo, la falsa accusa iniziò ad essere ripresa e diffusa da conduttori di talk show radiotelevisivi di destra che si opponevano alle opinioni politiche di Soros. Glenn Beck non è stato il primo a sollevarlo, ma nel novembre 2010 ha falsamente affermato nel suo programma su Fox News che Soros “dovette aiutare il governo a confiscare i terreni dei suoi amici e vicini ebrei”. Questa fandonia nazista è stata anche fatta circolare da sostenitori dell’estrema destra, come la commentatrice Ann Coulter, il fondatore di InfoWars Alex Jones, e l’autore e regista Dinesh D’Souza.
Persino alcuni ebrei a cui non piacciono le idee liberali di Soros (e ciò che finanzia) hanno ripreso il luogo comune a sfondo nazista. Nel loro libro del 2006, The Shadow Party: How George Soros, Hillary Clinton, and Sixties Radicals Seized Control of the Democratic Party, David Horowitz e il suo coautore Richard Poe hanno sostenuto che Soros era un “collaboratore nazista in un’Ungheria fascista” ed “è sopravvissuto [all’Olocausto] passando dalla parte dei nazisti”. Anche l’opinionista israeliana Caroline Glick ha diffuso questa storia.
In un editoriale del 14 settembre 2017 pubblicato su The Jerusalem Post, Glick ha sollevato l’intervista del programma 60 Minutes, in cui, come ha affermato, “Soros ha orgogliosamente ammesso di avere collaborato con i nazisti durante l’Olocausto.” (Glick, assistente consigliere per gli affari esteri di Benjamin Netanyahu negli anni ‘90, si è recentemente aggiunta alla lista del nuovo partito israeliano di destra Hayamin HeHadash.) A maggio, il comico e attore ebreo Roseanne Barr ha twittato a Chelsea Clinton: “A proposito, George Soros è un nazista che ha consegnato i suoi compagni ebrei affinché fossero assassinati nei campi di concentramento tedeschi, e ha rubato le loro ricchezze…”. Più tardi, Barr si è scusata.
Soros, afferma Osnos, non è generalmente infastidito da ciò che viene detto su di lui. Ma l’accusa che abbia collaborato con i nazisti fa eccezione, in quanto coinvolge suo padre, a cui era molto legato e che ammirava molto per avere salvato la sua famiglia. “L’idea che questo luogo comune danneggi il nome di George è, a mio avviso, oltraggiosa”, afferma Osnos. “È qualcosa di assolutamente menzognero”. Osnos trova incredibile che qualcuno possa pensare di chiamare un giovane adolescente la cui vita è a rischio un collaboratore. Allora, ha affermato, “dovevi semplicemente fare ciò che era necessario per non finire nella camera a gas”.

Nadine Epstein (articolo originale pubblicato su Moment Magazine)

(7 febbraio 2019)