Controvento – La Scienza e noi

kasamSiamo umani perché abbiamo il linguaggio. Gli animali sono in grado di articolare suoni, anche sofisticati, le piante comunicano tra loro attraverso un alfabeto chimico, delfini e squali utilizzano i sonar per tenersi in contatto. Ma solo noi (almeno così sembra) abbiamo sviluppato la sintassi, ovvero la possibilità di combinare all’infinito le parole secondo regole convenzionali che ci consentono di comporre poesie, riflettere sull’infinito, e porci domande su che cos’è il linguaggio. Se fino a qualche decennio fa questo era il campo degli studiosi di linguistica, oggi sono i neuroscienziati a cercare di spiegare perché e come siamo arrivati a parlare. Questa branca della scienza si chiama neurolinguistica, e uno dei massimi studiosi al mondo, Andrea Moro, sarà a Roma lunedì sera nell’ambito delle conferenze La Scienza e noi al Piccolo Eliseo, per spiegare anche ai non addetti ai lavori i misteri del linguaggio. Moro, che oltre a una serie lunghissima di saggi e pubblicazioni nelle più prestigiose riviste internazionali ha recentemente pubblicato un romanzo thriller su una lingua artificiale che minaccia il mondo Il segreto di Pietramala (La Nave di Teseo editore) , sostiene che la sintassi fa parte del nostro bagaglio genetico umano. Cioè nasciamo con le regole del linguaggio inscritte nel nostro cervello, una sintassi generale che vale per tutte le lingue, per esempio il fatto che ogni frase può essere espansa all’infinito come nelle filastrocche dei bambini. È come se il nostro cervello alla nascita avesse delle capacità linguistiche “staminali” – così le chiama Moro – cioè delle reti neuronali che, come le omonime cellule, sono totipotenti, ovvero capaci di apprendere qualsiasi lingua, ma che, una volta specializzate, perdono questa capacità. È per questa ragione che i bambini sono in grado di imparare senza sforzo quella che diventerà la loro lingua madre, e magari alcune altre di contorno, mentre per gli adulti è molto più difficile e quando accade non può accadere in modo spontaneo, senza istruzioni esplicite.
Comprendere come si forma il linguaggio non è solo una sfida teorica. E’ la chiave per decifrare il funzionamento di molte funzioni del cervello, dalla memoria, alle capacità logico-matematiche, alla radice del pensiero stesso. Tra le molte scoperte di Moro in questo campo, ce n’è una nuovissima e che sembra promettere grandi sviluppi futuro (alcuni inquietanti). Lui la chiama “il suono del pensiero”. Ovvero, quando pensiamo dentro di noi le parole senza pronunciarle, nel nostro cervello vengono comunque rappresentati i suoni che potremmo pronunciare. Forse – mi azzardo a pensare – questo meccanismo funziona anche con la musica e potrebbe spiegare perché Beethoven, sordo, poteva continuare a comporre, il suono delle note esisteva comunque nel suo cervello. Analizzando le onde elettriche prodotte dai circuiti linguistici di una persona che pensa delle parole, potremo arrivare a leggere il suo pensiero? Moro non lo esclude, basterebbe trovare l’algoritmo di decodifica. Ma molto prima e più facilmente, potremo sviluppare macchine in grado di trasformare quei pensieri in voci, e dare la parola a chi non riesce più a coordinare i muscoli, le corde vocali e la lingua per pronunciare le parole

Per chi fosse interessato a saperne di più, l’appuntamento è stasera alle 20 al Piccolo Eliseo a Roma (ingresso gratuito) ma la conferenza può essere seguita anche sulla pagina Facebook di BrainForum, o dall’indomani sul sito: www.brainforum.it

Viviana Kasam