Da Teheran agli Hezbollah,
le ossessioni di un giornalista

La sua palestra è stata Rinascita, ma non la storica testata del PCI quanto l’omonima pubblicazione diretta dall’estremista di destra Ugo Gaudenzi in cui hanno trovato più volte ospitalità i peggiori negazionisti della Shoah, tra cui il francese Robert Faurisson recentemente scomparso, e altri avvelenatori di pozzi.
La sua ossessione è Israele, verso cui non ha mai mancato di manifestare il proprio disprezzo. Mentre non nasconde la passione per i terroristi di Hezbollah e il regime iraniano che li finanzia. Questo il profilo del giornalista romano Sebastiano Caputo, classe 1992, attuale direttore del sito web L’intellettuale dissidente. L’ultimo colpo di fulmine del direttore di Raidue Carlo Freccero, che – secondo alcuni organi di informazione – vorrebbe affidargli la conduzione di un nuovo programma di informazione e approfondimento in onda in primavera sul servizio pubblico: L’Ottavo blog.
L’Intellettuale dissidente è una miniera di spunti per quanto concerne la faziosità dei suoi scritti e pensieri (vi si legge ad esempio che Israele nel 2014 tentò di operare una “pulizia etnica” a Gaza, mentre il contributo di un collaboratore si conclude con un incredibile “Heil Israel”). Già su carta stampata comunque Caputo aveva dato prova delle sue opinioni estreme, tanto che è da anni un osservato speciale della nostra rassegna stampa quotidiana.
Il 28 settembre del 2012 ad esempio, in un articolo apparso su Rinascita in cui si ricordavano i fatti drammatici di Sabra e Chatila nel trentennale della strage, non perde occasione per cimentarsi in un attacco a testa bassa contro Israele. “Non è piacevole entrarci, ma è necessario. Necessario per capire la deportazione di un popolo, quello palestinese, che da più di 50 anni vive isolato, dimenticato, lontano dalla sua madrepatria” scrive Caputo direttamente dal campo profughi. Ma è nei subdoli termini usati successivamente che Caputo svela in pieno il suo volto. Specie quando, nel rievocare quei fatti comunque controversi, parla di truppe “israelite” e di squadre “cristiano-sioniste”.
Per non farsi mancare niente, alcuni giorni dopo, ecco una bella celebrazione di Hezbollah. Secondo Caputo infatti la stabilità istituzionale del Libano di allora, con la regia tra gli altri di Hassan Nasrallah, sarebbe la prova di una “grande maturità politica”, che avrebbe posto il Paese “al di sopra di tutto, delle fazioni, dell’individuo, delle comunità, delle religioni e delle ideologie legate al passato”. Immutato però l’odio contro Israele, il grande collante dell’alleanza. Anzi, per meglio dire, usando le parole di Caputo: “La resistenza contro i sionisti”. Grande però è la generosità di chi tiene il potere a Beirut, come tiene a precisare il giornalista: “Tel Aviv deve sparire, ma non nel senso letterale del termine”.
Nel marzo del 2013 ecco un’altra strenua difesa di Hezbollah da parte del nostro. Commentando alcune dichiarazioni di Obama contro il gruppo fondamentalista sciita, ecco che Caputo propone la sua versione: “Con l’appellativo ‘terrorista’, discredita il consenso di cui gode in Libano”. Seguono lunghi stralci di un comunicato del ‘Partito di Dio’, riportati senza commento e contestualizzazione. Il pezzo forte è l’attacco a Israele e ad Obama, apparso ai terroristi libanesi come “un semplice funzionario dell’entità sionista”.
Il 16 maggio dello stesso anno una nuova occasione per dar contro Israele. Il giorno prima è stato l’anniversario della “nakba”. E cioè il giorno in cui i palestinesi ricordano come fosse un infausto evento la nascita di uno Stato ebraico nella regione. “Sessantacinque anni fa – ci informa Caputo – Israele strappava la terra ai palestinesi imponendogli una esistenza in diaspora e fondando uno Stato teocratico, militare e razziale nel quale i libri sacri, la Torah e il Talmud, diventavano fonte del diritto, dove l’esercito israeliano avrebbe potuto godere di uno stato di impunità ed infine, dove la cittadinanza sarebbe stata esclusivamente riservata agli ebrei per via dello ‘ius sanguinis’ integrale”.
Altro giornale, ma la musica non cambia. Anche nelle sue successive collaborazioni con Il Giornale infatti Caputo darà prova di faziosi e surreali aggiustamenti. Come il 23 giugno del 2016, quando in una intera pagina che gli è messa a disposizione magnifica la benevolenza del regime iraniano nei confronti della comunità ebraica locale. Un grande peccato, sottolinea il giornalista, per chi ha scelto di andarsene nel momento della deposizione e fuga di Pahlavi. “Ai tempi dello Scià c’erano circa 100mila ebrei, poi con la Rivoluzione Islamica del 1979 molti sono scappati non sapendo quali diritti gli sarebbero stati concessi. E invece all’indomani dei sollevamenti popolari, l’Ayatollah Khomeini li dichiarò, al pari degli altri gruppi religiosi, una minoranza protetta e libera di pregare il suo Dio”. Un paradiso, insomma.
Se queste sono le premesse, e se le voci di un nuovo collocamento saranno confermate, c’è da chiedersi cosa avremo occasione di ascoltare nei prossimi mesi dalle antenne dell’emittenza pubblica.

Adam Smulevich

(25 febbraio 2019)