Setirot – Il quinto figlio

jesurumSeguendo lo sconcertante e avvilente “dibattito” di questi giorni sulla ricorrenza del 25 aprile, all’esterno e all’interno del mondo ebraico, ho trovato un altro, nuovo insegnamento dalla Haggadah di Pesach. Non è, per una volta, quello di prima lettura sul valore della libertà e della lotta per conquistarla/mantenerla fuori e soprattutto dentro di noi.
Ho trovato dirompente e profondissima la lettura che dei “quattro figli” fa il rav Shalom Bahbout (meritevolmente pubblicata da Progetto Dreyfus): il sapiente, il malvagio, il semplice e quello che non sa porre domande. Il rav si e ci chiede se si tratti di figli diversi oppure di svariati momenti di essere dello stesso figlio, di ognuno di noi che può passare dall’essere sapiente, ad allontanarsi dalla sua identità fino a non riconoscersi come membro della collettività, a chi non è più capace di porre domande se non in modo semplicistico, oppure addirittura non è neanche in grado di porre domande tout court, convinto com’è di avere la verità in tasca. Oppure, ancora, forse i figli di cui parla la Haggadah appartengono a quattro generazioni diverse.
Ho letto ebrei sputare metaforicamente sulle celebrazioni della Resistenza, accusare chi sarà oggi in manifestazione di sostanziale collusione con il nemico. E tutto ciò per un cieco e oscurantista prevalere del proprio Io ideologico e politico-culturale. Ne ho provato disgusto. Ho provato orrore nell’ascoltare l’ormai trito e squallido refrain per cui chi coltiva anche la memoria difende gli ebrei morti e non quelli vivi.
Ecco allora che le parole del rav Bahbout a me paiono illuminanti: «Il testo della Hagadà non parla di un quinto figlio, quello che non siede più alla tavola del Seder: quello che non è sopravvissuto o alle persecuzioni che si sono avvicendate nella storia fino alla Shoah o che si è allontanato e assimilato (…) Il quinto figlio è quello che – come il quinto bicchiere di vino che si riempie e non si beve – il profeta Elia condurrà a casa (…) Tornare a casa, esattamente come farà il quinto figlio, è compito di ognuno”. In nome, oltre che del popolo d’Israele tutto, delle donne e degli uomini che coraggiosamente scelsero la via della Resistenza, degli eroi che si arruolarono nella Brigata Ebraica. In nome di chi sopravvisse e di chi morì per la libertà dell’Italia intera.

Stefano Jesurum, giornalista