JCiak – Un anno con Steve Bannon

A guardare le uscite in sala di questa settimana il rimando fra cinema e cronaca è fin troppo stringente. A contendersi la palma dell’attualità, The Brink, il documentario di Alison Klayman che racconta la storia di Steve Bannon, già stratega di Donald Trump e animatore dell’estrema destra mondiale, e Attacco a Mumbai dell’esordiente australiano Anthony Maras, che ricostruisce l’atroce attentato in cui dieci anni fa un gruppo di jihadisti mise in scacco la città sequestrando 500 persone nel leggendario Taj Mahal Palace Hotel.
Se Mumbai sembra lontana (ma i jihadisti no e torneremo a parlarne), The Brink parte dagli Stati Uniti per portarci dritti a casa. Lasciata la Casa Bianca una settimana dopo il rally neonazista Unite the Right di Charlottesville (2017) che costò la vita alla giovane Heather Heyer, Steve Bannon – già direttore del popolarissimo sito d’informazione di destra Breitbart News – inizia una campagna itinerante con la sua nuova creatura, The Movement, che fra America e Europa punta unificare l’arco dei partiti e gruppi di estrema destra.
In The Brink, la regista Alison Klayman segue Bannon per un anno: dall’autunno 2017 alle elezionidi mid-termnel 2018. Lo vediamo impegnato a mobilitare l’estrema destra per dare vita a una forza politica populistaglobale, antimmigrati e antiliberal, capace di spuntarla alle elezioni europee, mentre si sottopone al rituale delle interviste o incontra il Front National in Francia e i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
Abile manipolatore della stampa e talentuoso promotore di se stesso, Bannon – già vicepresidente diGoldman Sachs e produttore a Hollywood – ha il dono di scatenare polemiche appena si muove. Le contestazioni non fanno però che consolidare il suo mito.
Klayman, che in passato si era occupata della pittrice cubana Carmen Herrera e dell’artista cinese Ai Wei Wei(al contrario di Bannon campione dei diritti civili e dei rifugiati), ce lo mostra combattivo di rado ostile con i giornalisti. Bannon ama l’attenzione pubblica e non fatica a conquistarla. Le sue dichiarazioni sono fulminanti, ha senso dell’umorismo e cattura l’obiettivo.
Nel film Steve Bannon dichiara di non essere antisemita né razzista. I suoi attacchi a George Soros e ai globalisti non hanno niente a che fare con gli ebrei, sostiene. E con la stessa convinzione smentisce che i suoi amici in Ungheria, Polonia, Italia, Filippine o Brasile siano gli eredi del fascismo.
L’Antidefamation league, che da tempo denuncia una pericolosa rimonta dell’antisemitismo negli Stati Uniti, aveva però protestato per la sua nomina a consulente strategico del presidente Trump notando che, benché non gli si possano attribuire dichiarazioni antisemite “durante la sua direzione, Breitbart è diventato la fonte principale delle visioni estreme di una minoranza che predica intolleranza e odio”.
Il titolo del film è tratto da una citazione di Abraham Lincoln che Bannon legge da un libro durante un’intervista: “… siamo sull’orlo (brink in inglese) della distruzione”. Come spiega Klayman con disincanto, “The Brink suggerisce molti significati – [Bannon] è uno che spinge tutto al limite e non si ferma. È uno che sul limite prospera. E in questo momento sembra che tutti noi ci troviamo proprio lì”.

Daniela Gross

(2 maggio 2019)