Israele alle urne, ancora una volta

L’unica cosa certa in Israele a questo punto è la data delle nuove elezioni: il 17 settembre. Con una votazione dolorosa e inaspettata, la Knesset, il parlamento israeliano, ha votato la sua dissoluzione la scorsa notte. Il Primo ministro Benjamin Netanyahu non è riuscito a formare una coalizione di governo e così ha scelto di far votare ai parlamentari il proprio destino, proponendo il disegno di legge per la dissoluzione della Knesset. Qui la maggioranza è stata trovata e così poche settimane dopo aver giurato fedeltà allo Stato d’Israele, i 120 parlamentari rimettono il loro incarico e lasciano il paese in una situazione di incertezza. I negoziati per la formazione della coalizione portati avanti da Netanyahu si sono bloccati a causa dello scontro tra il leader di Yisrael Beiteinu Avigdor Lieberman e uno dei partiti religiosi, Yahadut HaTorah. Pomo della discordia, il progetto di legge di Lieberman – presentato durante l’ultima legislatura – che richiedeva agli studenti delle yeshivot (scuole religiose), attualmente esentati dalla leva obbligatoria, di far parte dell’esercito. Lo scontro è diventato una battaglia ideologica sulla laicità dello Stato e Lieberman si è detto irremovibile: quel provvedimento doveva essere accettato dalla coalizione altrimenti niente accordo con il Likud e Netanyahu. E alla fine così è stato. Il Primo ministro ha accusato Lieberman di essere la causa del ritorno alle elezioni. Scuro in volto, Netanyahu, subito dopo alle votazioni, ha detto alla stampa: “Avigdor Lieberman ora fa parte della sinistra. Distrugge i governi di destra. Non credetegli di nuovo. Ha ingannato l’elettorato solo per ottenere voti”. In una dura conferenza stampa a Tel Aviv Lieberman ha definito una “delusione” le affermazioni del Likud e di Netanyahu. “È stata la negoziazione di coalizione più strana che abbia mai visto – le sue parole – Sembra che Netanyahu non volesse Yisrael Beytenu nel governo. Per tutto il tempo, ha cercato di attirare parlamentari da altre parti, da ogni dove. Tutti quelli di Yisrael Beytenu hanno ricevuto una ricca offerta di lasciare il partito, tradirmi e unirsi al governo. Il Likud era sicuro che ci saremmo rotti sotto la pressione”.
L’obiettivo di Lieberman a questo punto è ottenere più seggi alle prossime elezioni, puntando sull’elettorato di origine russa e sul mondo della destra laica.
Netanyahu ha già inglobato Kulanu di Moshe Kahlon (4 seggi) ed esce indebolito da questo scontro ma spera che alle prossime elezioni i voti dei partiti di destra che sono rimasti fuori a questa tornata contino e si trasformino in seggi a suo favore. Il premier ad ottobre dovrà affrontare – a meno di ulteriori spostamenti – il giudizio sui casi di corruzione a suo carico e questo potrebbe complicare il suo percorso elettorale. Il rischio per lui è che un eventuale nuovo stallo produca dissenso interno e che i rappresentanti del suo stesso partito lo abbandonino, o almeno una parte di loro. Al momento questa opzione sembra poco probabile ma nessuno poteva preventivare il ritorno alle urne per cui ogni evoluzione è possibile.
Kachol Lavan, il partito centrista, intanto cercherà di proporsi ancora una volta come alternativa puntando sulla leadership di Benny Gantz, che però non sembra in grado – almeno non lo è stato alle scorse elezioni – di ottenere ancora più consensi dei 35 seggi già guadagnati.
La sinistra laburista – a cui con un colpo di teatro Netanyahu aveva offerto di entrare nel governo e che con qualche tentennamento aveva rifiutato – pensa a ricostruirsi. Il leader Avi Gabbay sembra avere le ore contate (già in queste ore rappresentanti di primo piano hanno chiesto le sue dimissioni) mentre la sinistra più radicale di Meretz propone di unire le forze. Anche i partiti arabi si stanno riorganizzando, dopo aver visto i propri elettori disertare le urne. Ora l’idea è di unirsi nuovamente in un’unica compagine e provare a guadagnare più seggi.
In Israele dunque torna il clima da campagna elettorale. “La notte delle elezioni sia Gantz che Netanyahu avevano tenuto dei discorsi sulla propria vittoria. È venuto fuori che entrambi avevano torto”. La battuta con cui la giornalista Dafna Liel, volto del canale televisivo Knesset Channel, ha riassunto la situazione israeliana. La speranza del pubblico è che il 17 settembre la storia non si ripeta.