Quei puntini lontani

Giorgio BerrutoIn una scena del film “Il terzo uomo”, diretto nel 1949 da Carol Reed, ecco gli amici ritrovati Holly (Joseph Cotten) e Harry (Orson Welles) sulla ruota panoramica del Prater. Mentre la cabina della giostra sale, vediamo crescere intorno e sotto ai protagonisti una Vienna in rovine all’indomani della seconda guerra mondiale. Sulle tracce di Harry ci sono le forze di occupazione alleate per via di un brutto traffico di penicillina annacquata e scadente che, somministrata in buona fede negli ospedali, ha provocato la morte di civili, tra cui molti bambini; Holly è stritolato tra le forze contrapposte dell’amicizia e dell’esigenza di giustizia. A un certo punto – siamo quasi in cima al percorso della ruota panoramica – Harry indica a Holly il brulicare indistinto delle persone che si muovono nella città molto più in basso e sardonicamente gli chiede se davvero proverebbe compassione se uno di quei puntini smettesse di muoversi per sempre. “Nessuno – chiosa Harry – pensa in termini di esseri umani”.
Anche oggi da più parti si indicano i puntini con ironia sprezzante. Spesso chi lo fa sventola la bandiera del patriottismo, “ultimo rifugio delle canaglie”. La frase è attribuita a Samuel Johnson, a farla sua nel film “Orizzonti di gloria” (1957, regia di Stanley Kubrick) è Kirk Douglas nelle vesti del colonnello Dax.

Giorgio Berruto