Le elezioni israeliane e noi

Giorgio BerrutoData la relazione complessa ma inevitabile tra terra d’Israele, di fronte a cui ogni ebreo non può essere indifferente, e stato d’Israele, è comprensibile che le elezioni ci interessino e spesso ci appassionino. Ma ci toccano anche da vicino, nella nostra vita quotidiana di ebrei italiani?
Io credo di sì, e probabilmente per più motivi. Vorrei cercare di segnalarne uno. In questi anni il longevo premier Benjamin Netanyahu ha di fatto sostenuto una tesi riassumibile con l’espressione “o con me o contro Israele”, con la conseguenza immediata di dipingere gli oppositori del suo partito, il Likud, e dei governi a sua guida come nemici pericolosi per Israele, incompetenti e spesso e volentieri antisionisti. Questo è valso sia per i detrattori interni sia per quelli esterni. Non mi riferisco a minacciose potenze militariste o a gruppi terroristici, che pure come noto esistono, ma a ebrei sionisti che di Netanyahu non condividono, e magari avversano completamente, la gestione personalistica del potere, una gestione di cui il principio “Israele sono io”, che è la premessa di “o con me o contro Israele”, è puntuale sintesi. Additare gli ebrei che lo avversano come nemici di Israele è stato ed è molto deleterio, a mio avviso, in particolare fuori dai confini dello Stato ebraico. È superfluo ripercorrere le tappe nel corso delle quali, dagli anni della presidenza Obama a oggi, Netanyahu ha contribuito ampiamente a scavare un fossato tra ebrei americani e Israele. Ma gli effetti sono stati traumatici e difficilmente reversibili anche in Europa, Italia inclusa, dove la dottrina Netanyahu ha favorito la crescita esponenziale della conflittualità interna alle comunità ebraiche.

Giorgio Berruto