“Shoah party”

gadi luzzatto vogheraNon sono mostri, ma usano i mostri della nostra società per parlare agli adulti. Cosa ci vogliono dire i ragazzini (ai quali si discute di concedere diritto di voto) che frequentavano la chat di WhatsApp denominata provocatoriamente “Shoah party”? Ci sembrano fondamentali alcuni elementi: 1) l’antisemitismo continua ad essere un linguaggio diffuso e utilizzato a vari livelli nella nostra società. 2) La violenza verbale (utilizzata anche in ampi settori della politica) connette senza distinzioni i luoghi oscuri della coscienza occidentale, dalla pedopornografia all’islamismo radicale fino all’esaltazione dello sterminio degli ebrei. 3) La Memoria della Shoah è diventata un’attività istituzionale ed è quindi riconosciuta come target da colpire nelle espressioni di contestazione “alternativa”.
Al netto delle ovvie e necessarie azioni giudiziarie che auspicabilmente andranno a punire questi giovani-bene che abitano le nostre strade e internet, i loro post e la loro violenza espressiva ci raccontano il nostro attuale fallimento. Non siamo più capaci di trasmettere ai giovani la sostanza della Shoah, quello che fu e quello che significò per donne, uomini e bambini. I nostri linguaggi sono inadeguati, non siamo stati in grado di far capire che l’antisemitismo, come il nazismo e il fascismo, la pornografia o il radicalismo islamista sono pratiche del Potere, non dell’antagonismo.
Ce ne accorgiamo di certo, non è la prima volta che la cronaca ci offre spettacoli desolanti come questo. L’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC offre ogni giorno all’opinione pubblica materiale allarmante e continuamente rinnovato da agenzie politiche di vario orientamento. Lo strumento per combattere è sempre lo stesso: educazione, informazione, cultura. Ma va compiuto uno sforzo decisivo per adeguare il linguaggio. In definitiva: meno eventi istituzionali, più sostanza, per far comprendere che la mostruosità di quel che accadde ottant’anni fa è roba nostra, ci appartiene e può distruggere la società in cui viviamo.

Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC