Se anche Berlino brucia

Giorgio BerrutoPeter è un bambino di cinque anni che non ricorda che cosa sia un bicchiere di latte. Quando, nella cantina, ha a disposizione un frammento di vetro sporco con il dito traccia la sagoma di bombe e granate, che invece ha visto spesso recentemente. Adesso che è tornata la primavera, vorrebbe cogliere una margherita in cortile, di sopra, ma non rimanerci perché tra i fiori e i cavoli piantati da Frau Koehler, la portinaia, ci sono brandelli di corpi in putrefazione. Peter è anche orgoglioso di aver incontrato Herr Hitler nel bunker insieme ad altri bambini qualche tempo prima e non perde occasione di raccontarlo a chiunque gli capiti a tiro.
Adesso, nei primi mesi del 1945, Peter vive con parenti e vicini nel sotterraneo di un palazzo a Berlino, capitale del Reich. La sua storia e quella delle persone a lui vicine l’ha raccontata anni dopo la sorella Helga Schneider nel “Rogo di Berlino” (Adelphi). Nella cantina il cibo e soprattutto l’acqua sono problemi quotidiani, per prenderne bisogna uscire ed esporsi a bombardamenti ogni giorno più intensi; e poi c’è la sporcizia, le malattie, la paura di rapine e stupri da parte dei russi che stanno arrivando, le pagine di Goethe e Nietzsche usate per pulirsi, in mancanza di altro. Eppure non è facile, almeno all’inizio, provare empatia piena verso le persone descritte in questo libro e per le loro storie vere. Come non pensare, a ogni pagina di sofferenza, alle sofferenze degli ebrei assassinati da genitori, zii, amici dei protagonisti, quegli ebrei che la stessa scrittrice indica come vittime di una tragedia ben peggiore di quella che descrive? Anche nella famiglia di Helga, quando le cose cominciano ad andare male, alcuni auspicano la fine del nazismo; altri, invece, partecipano fino all’ultimo alle criminose attività del regime come la zia Hilde, che lavora al ministero della propaganda di Goebbels, e soprattutto la madre di Helga e Peter, che abbandona i figli per servire il suo Führer come SS: arrestata alla fine della guerra dai russi ad Auschwitz, dove ha contribuito a realizzare lo sterminio degli ebrei europei, sarà processata a Norimberga e condannata a una breve pena detentiva. In un altro libro, “Lasciami andare, madre” la scrittrice ha raccontato il tentativo, tanti anni dopo, di riallacciare i contatti con la madre e il terribile scacco subito al momento dell’incontro a lungo atteso con una persona che è ancora convinta delle dottrine che portarono alla morte di decine di milioni di persone e alla disfatta “mesta, ingloriosa e miserabile” dell’impero millenario di Hitler.

Giorgio Berruto

(21 novembre 2019)