Controvento – Nonni e nipoti sardine

Viviana KasamIeri mi sono infilata jeans e parka e sono andata a San Giovanni a manifestare con le sardine. Mi sembrava di essere tornata agli anni ’70, quando scendevamo in piazza per la liberazione delle donne, il superamento delle disparità sociali, il Cile.. Le manifestazioni allora, prima della svolta drammatica degli anni di piombo, erano un modo di stare insieme in allegria, di intrecciare amicizie e a volte anche amori, di cantare a e ballare e credere che potevamo cambiare il mondo. Eravamo idealisti e creativi, ci dipingevamo il viso e bruciavamo i reggiseni ed eravamo convinti che il futuro ci avrebbe riservato una società più giusta, dove ciascuno avrebbe potuto esprimere il meglio di sé. Poi arrivò lo choc del terrorismo, gli infiltrati nei cortei, Craxi, Berlusconi e la Milano da bere, qualcuno finì in galera, altri emigrarono all’estero, alcuni fecero brillanti carriere in politica o in azienda, la maggior parte si rassegnò a una vita ben diversa dalle premesse. Il consumismo sostituì l’idealismo, ci ripiegammo sul privato, noi che amavamo ripetere che il privato era pubblico, e le piazze fisiche furono rimpiazzate dalle piazze virtuali, dove non si parla di politica ma solo di moda, di influencer, di gossip, di successo economico. Una intera generazione, fra gli anni ’80 e i primi vent’anni di questo secolo, scomparve dalla scena pubblica, tranne qualche rara eccezione e il goffo tentativo dei 5stelle di rottamare il sistema senza alcuna seria proposta per ricostruirlo.
Ora i giovani sono tornati a occupare le piazze, e che giovani! Una generazione pulita, sorridente, di ragazzi perbene. Questa l’impressione che mi hanno fatto le sardine. Studenti, genitori con bambini piccoli, figli di immigrati che protestano contro il razzismo, molta creatività e molta allegria e, finalmente, una ribellione che viene dall’anima, una ribellione, almeno così mi è parsa, per e non contro. E in mezzo a loro, tanta gente della mia generazione che ha ritrovato per qualche ora l’entusiasmo della gioventù. Li ho visti accorrere a piccoli gruppi, signore con i capelli bianchi, pensionati con il giornale sottobraccio, nostalgici del PCI, ex-ragazze in carriera, alcune arrivate e altre no. Nonni e nipoti insieme cantavano Bella Ciao e Fratelli d’Italia, agitavano fantasiosi cartelli e copricapi e borsette di sardine e si godevano, complice il mite sole di Roma, il piacere di ritrovarsi insieme fisicamente, non nelle piazze del web, nei meandri di Internet, insieme con il corpo vero e non la proiezione virtuale ritoccata con Photoshop. Mi ha colpita il fatto che ben pochi scattassero selfie. Come se bastasse essere lì, e non ci fosse il bisogno di testimoniarlo in rete. Ho pensato che ci è voluta Greta, determinata e monotematica come spesso lo sono i ragazzi che soffrono di spettro autistico (mi fa pensare a Giovane D’Arco, che probabilmente aveva la stessa sindrome), a far riemergere l’idea che ognuno può fare qualcosa, dopo anni in cui ci si era sentiti impotenti a provocare anche il più piccolo cambiamento: e credo che la scelta di Time di nominarla persona dell’anno sia quanto mai giusta e opportuna, non solo per la forza e la convinzione con cui porta avanti la sua battaglia, ma anche perché il suo esempio sembra aver risvegliato le coscienze dei giovani e dimostrato che vale la pena di mobilitarsi, di non lasciarsi scoraggiare dalla palude di cinismo ed egoismo in cui il mondo sembra caduto e che il Paese non è costituito solo da razzisti, da violenti, da facinorosi, da menefreghisti.
Non so come finiranno le sardine. Se è un movimento destinato a ardere come un fuoco di paglia, come sostengono gli scettici, o se riuscirà a svilupparsi in una struttura politica sana e propositiva, e a creare una nuova generazione di ragazzi che hanno voglia di impegnarsi nella cosa pubblica. Purtroppo, i rischi sono parecchi. Il primo è che i “vecchi” cerchino di monopolizzare il movimento, e trasformarlo in qualcosa di diverso da quello che è, di metterci sopra il cappello. Il secondo è la vecchia sindrome italica dell’invidia, che porta a sminuire chi ha successo. E già oggi si sono su parecchi giornali critiche “alle intenzioni” di Mattia Santori, accusato di avere smanie di potere, di essere pieno di sé, vanitoso e superficiale. Com’è facile distruggere invece che creare.. E c’è poi la difficoltà oggettiva di trasformare un movimento spontaneo in una macchina organizzativa.
Ma intanto godiamoceli, questi nostri nipoti che sono stati capaci di dare una scossa all’apatia e di farci sognare.

Viviana Kasam