Le forme dell’odio

SoraniCon decisione e coraggio, dando di nuovo senso a un ruolo istituzionale che il suo predecessore aveva trasformato in personale tribuna di incitamento al rifiuto, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha condannato le manifestazioni verbali di odio che occupano le cronache quotidiane. Accanto all’appoggio di molti, non è mancata la critica di alcuni settori dell’opinione pubblica. Vittorio Feltri su Libero sostiene che “colpevolizzare il linguaggio è una operazione cretina”, che i “veri odiatori” sono i “bischeri di sinistra” e che semmai sono da censurare quelli che ciarlano a vuoto prendendosela con chi di sinistra non è. Giorgia Meloni, come riporta Repubblica, nega che in Italia esista un’emergenza odio e un problema razzismo (cioè l’evidenza).
Anche andando oltre l’apprezzamento per il senso del dovere istituzionale che ha spinto Lamorgese a prendere posizione, le obiezioni portate al suo intervento appaiono palesemente infondate. Citando Carlo Levi, che si riferiva alla ribellione dei contadini siciliani sfruttati dalla mafia e usava la metafora in senso positivo, “le parole sono pietre”: hanno comunque un significato in sé, pesante e talvolta perfido, e spesso lo assumono nel contesto in cui sono pronunciate (o scagliate), con piena intenzione e anche al di là dell’intenzione. Poiché il linguaggio può nuocere, l’uso del linguaggio deve essere responsabile; e se è vero che espressioni di odio generano altre espressioni di odio, occorre evitare la dilatazione di un meccanismo di risentimento che cresce su se stesso. Quanto ai “veri odiatori”, è un fatto che le attuali manifestazioni pubbliche di odio – in diretta o via social – provengono essenzialmente da destra e hanno anzi, poiché le cose vanno chiamate col loro nome, una marcata connotazione fascista. La più provocatoria di queste espressioni è quella lanciata da Alessandra Mussolini contro Liliana Segre: la nipote del Duce ha avuto la tracotanza di accusarla di fomentare l’odio contro il fascismo. Ma non è stato il fascismo a fomentare l’odio contro gli ebrei, come contro tutti i diversi in qualche modo non uniformati al regime?
Ma andiamo oltre, anzi torniamo a monte. Se è evidente che le parole-pietre approfondiscono e moltiplicano l’odio, più complesso è comprendere che cosa c’è alle spalle: perché tanto spesso oggi si scagliano parole distruttive? Da dove proviene la violenza verbale dei nostri giorni? Il sottofondo d’assieme è quello di un clima di disarmonia generalizzata, in cui marcato è il bisogno di radicalizzare, lo stimolo verso l’ “estremo”, facilitato e sdoganato dalla possibilità di lanciare impunemente al mondo le proprie posizioni oltranziste tramite i social. In questa atmosfera, emerge con crescente disinibizione e senza remore etiche di alcun tipo una diffusa ostilità per chi appare in qualche modo diverso dalla maggioranza, o perché appartenente a gruppi che si distinguono per caratteristiche particolari (culturali, etniche, religiose, sociali, fisiche): e oggi come sempre è facile accusare l’ “altro” dei nostri problemi e rinfacciargli la sua differenza; o perché, come Liliana Segre, si espone personalmente impegnandosi a difendere valori e diritti comuni. E’ difficile comprendere cosa ci sia alle spalle di simili atteggiamenti; forse un vuoto interiore pronto a essere riempito di aggressività, una mancanza di ideali umani e di progettualità, una povertà culturale e una deprivazione sociale. Certo riversare sul prossimo la propria animosità incontrollata è oggi sfogo diffuso quanto pericoloso; pericoloso anche perché il prossimo preso a bersaglio spesso diviene simbolo mitizzato in senso negativo, e la violenza verbale tende così a dilatarsi in eco, trovando tipologie pronte ad accoglierla.
Le forme organizzate dell’odio, indirizzate verso categorie e settori ben definiti della società, sono lì a portata di mano, presenti da secoli nella nostra cultura, insospettabilmente mescolate al nostro “progresso”. Ecco che l’antisemitismo – l’archetipo, la più rodata ed efficace tra le forme di odio sociale – torna a diffondersi e a lanciare i suoi veleni insinuanti. Ecco che il razzismo torna a emergere senza ritegno e a vomitare il suo osceno disprezzo per i corpi e le culture differenti. È purtroppo naturale che in un clima di risentimento violento e diffuso, ancorché indistinto, le espressioni strutturate di odio ricompaiano e si rafforzino: costituiscono in qualche modo un rifugio ben architettato di fronte ai problemi posti dalle mille diversità del nostro mondo globale.
Si tratta di una realtà magmatica in inquietante crescendo, nella quale siamo già immersi; un riaffacciarsi di umori e tendenze assai difficile da combattere con le armi della razionalità, perché nel fondo del tutto irrazionale. Eppure, da inguaribile razionalista voglio crederlo: conoscere, analizzare, comprendere il male che dobbiamo curare e combattere potrà servire a eliminarlo.
David Sorani

(11 febbraio 2020)