Shoah, un approccio discutibile

emanuele calòCol trascorrere del tempo, le istituzioni dell’ebraismo hanno accentuato la tendenza a modellarsi sulla Shoah, il che è stato icasticamente descritto, da autorevolissima fonte rabbinica, a stregua di “religione de la Shoah”, tant’è che troviamo assessori comunitari alla Memoria, ma non all’antisemitismo, malgrado le chiare previsioni dello Statuto UCEI. Nello stesso senso, in Francia, si è fatto riferimento alla “banalisation et sacralisation de la Shoah.”
Potremmo avanzare un’altra ipotesi su questo inquietante fenomeno? Nel dark web (diciamo) della mente umana, i superstiti della Shoah sono considerati come soggetti sui quali la tragedia converge e, in qualche modo, si esorcizza, concentrando l’attenzione sul singolo e, in particolare, sulla sua sopravvivenza. Nella realtà, i superstiti sono stati pochissimi, perché la schiacciante maggioranza è stata sterminata in modo mostruoso.
Non è raro assistere a frasi come “abbiamo sconfitto Hitler”, totalmente distaccate dalla realtà e profondamente sbagliate. Al contempo, si rimuovono le minacce che gravano su Israele e, attaccando lo Stato ebraico talvolta in modo ossessivo, si sposta l’incubo e lo si nega, acquisendo una tranquillità basata su un espediente dialettico.
Inoltre, il richiamo alla Shoah rischia di espropriare le vittime del diritto postumo ad una lettura giusta della loro tragedia, in quanto è inaccettabile sostenere che costoro non ci dicano nulla, soltanto perché non possiamo rendercene interpreti.
Ancora, vi è qualche cosa di apotropaico nel non detto: “non ci dovete fare nulla, perché abbiamo subito la Shoah”; l’approccio giusto sarebbe quello di evitare di sorvolare sulle cause dell’odio, affrontandole senza falsi pudori.
A fronte di discorsi inutilmente trionfalistici, sarebbe da considerare che i piani del sionismo subirono un colpo formidabile con l’Olocausto, perdendo le masse sulle quali si faceva affidamento. La perdita di sei milioni di persone, per di più in seno ad un popolo dai numeri minuscoli, ha inflitto un colpo dal quale non è stato possibile riaversi. In Italia, il binomio fra leggi razziali e sterminio, ha distrutto una comunità colma di talenti straordinari in ogni campo, che non sarà più possibile trovare.
Come la Shoah è stata un fenomeno genocida inedito, altrettanto nuove sono le accuse ora rivolte agli ebrei, le quali dovrebbero postulare un diverso armamentario ideale nella difesa dell’ebraismo, se non ci fosse una diffusa atmosfera di rassegnazione, nello scambio tacito fra ritirata dai princìpi e visibilità.
La Shoah, inoltre, a dispetto dei diffusi tentativi di minimizzazione, ha davvero segnato uno spartiacque storico sia per gli ebrei che per l’umanità e, ancorché l’umanità talvolta voglia distaccarsene, è essa stessa magna pars di questo fenomeno. Ne consegue che l’insistenza ossessiva sulla Shoah finisce per apparire come un modo involontario di esorcizzarla, sostituendo la storia con la memoria. Sennonché, per un popolo come quello ebraico, con un così forte senso della storia, non è un risultato accettabile.

Emanuele Calò, giurista