Oltremare – Gelato

daniela fubiniTerza volta, gelato! Se un italiano che vive in Israele dovesse dire questa frase in italiano verrebbe probabilmente preso per uno che vuole fare una battuta che nessuno capisce. Ma in Israele è molto comune dire “Pa’am slishit, glida”, appunto “terza volta, gelato” come se fosse una frase dotata di senso compiuto. La si dice ogni volta che una cosa avviene per la terza volta di fila, soprattutto un incontro casuale.
È evidente che anche in ebraico non ha alcun senso, e quindi, trattandosi di buoni ebrei che devono definire l’origine di qualcosa e il suo senso, le fonti guarda caso si dividono fra almeno due possibili ipotesi: la pista tedesca, attraverso la aliyah degli yeke, gli ebrei tedeschi, oppure quella inglese. Nel primo caso pare esista una espressione simile in tedesco per dire insomma, se continuiamo a incontrarci per caso almeno la prossima volta fammi offrire una birra! Se invece fosse di origine inglese, la cosa è molto più interessante, per quanto considerevolmente meno alcolica. E risalirebbe comunque già ai tempi del mandato britannico, molto prima che l’ebraico fosse davvero la lingua di tutti, qui in Israele: “Third time ice cream” è il titolo e refrain di una canzone americana degli anni Venti, una musichetta allegra divenuta poi addirittura uno standard jazz, che diceva “I scream, you scream, we all scream for ice cream”, giocando sul suono quasi identico di “I scream” e “ice cream”. Qualcuno qui potrebbe ricordarla in forma di parlato nel film “Down by law” con Benigni.

Mi immagino ragazzini israeliani magari già nati qui ma con ancora un arcobaleno di lingue parlate in famiglia, dove spesso quattro nonni significava cinque lingue che in casa si mescolavano in piccole babeli casalinghe, e i suddetti ragazzini erano gli unici a parlare ebraico correntemente. Sentendo la frase in inglese o in tedesco devono averla automaticamente tradotta, mantenendone il significato di qualcosa che si fa quando qualcosa avviene per tre volte di fila. Optare per il gelato mi pare appropriato, la birra probabilmente gli interessava poco a quell’età.
Tutto questo per dire: speriamo davvero che questo terzo foglietto che oggi in Israele metteremo nella scatola azzurra al seggio, sfidando il coronavirus e la noia mortale, si trasformi magicamente in un buono per la nostra gelateria preferita. Che almeno qualcosa di buono e dolce ne esca, da un anno e più di veleni politici accompagnati dalla sensazione che nulla può cambiare.

Daniela Fubini