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L'Unione informa
 
    13 marzo 2009 - 17 Adar 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Colombo Roberto
Colombo,
rabbino
Iniziamo a prepararci per Pesach. Chiesero al Rebbe di Vishnitz: "Perchè c'è l'usanza di bruciare assieme al chametz anche il lune servito per cercarlo"? Rispose il Rebbe: "Quel lume aveva la funzione di cercare nelle case degli ebrei ciò che è proibito. L'oggetto che ha come compito essenziale quello di controllare solo le possibili mancanze altrui è bene che scompaia". 
Nella lingua ebraica il nome della lettera Zain racchiude molti significati. Significa arma. E anche membro maschile. E' curioso invece vedere quanto onore si attribuisce talvolta a chi dà morte e quanta vergogna a ciò che dà la vita. Vittorio Dan
Segre,

pensionato
Vittorio Dan Segre  
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  Gattegna Durban 2 - Il Ministro Frattini:
"Non si può negoziare su tutto"

"Ero andata per seguire una conferenza contro il razzismo nel mondo, e invece ho sentito parlare di Israele come di un orribile disgustoso Stato di apartheid, violatore di tutti i diritti umani, ho visto inseguire ragazzi con la kippà e gli ebrei incapaci di prendere la parola. Ho visto Mugabe e Fidel Castro prendere la parola in difesa dei diritti umani".
A parlare è Fiamma Nirenstein vicepresidente Commissione Affari Esteri della Camera, giornalista e scrittrice, mentre ricorda gli eventi accaduti a Durban nel 2001, a margine del convegno "Durban 2: una conferenza antisemita contro la democrazia" che si è svolto nella sala Capitolare del Senato della Repubblica in piazza della Minerva a Roma   organizzato dall'Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele e in particolar modo dall'onorevole Fiamma Nirenstein. 

NirensteinOnorevole Nirenstein l'abbiamo vista nel corso degli anni battersi per lo Stato di Israele come giornalista, quanto è cambiata la situazione ora che può farlo come parlamentare?
Seguito a scrivere, ci tengo immensamente, la parola scritta è la mia vita. Alla Camera porto tutte le mie passioni, i miei interessi. Ho un'autentica passione soprattutto per la questione dei diritti umani, perché ho visto un rovesciamento fra aggressore e aggredito. Quindi essendo vicepresidente della Commissione esteri alla Camera dei Deputati ho uno spazio per occuparmi di tante cose, dal Tibet al Darfur. C'è tutto un ambito di cose che penso che debbano essere rimesse sulle gambe. Magari le ONG (Organizzazioni non governative) potessero davvero difendere i diritti umani...
Che cosa si aspetta che accada in seguito al gesto italiano di non partecipare alla conferenza di Ginevra?
Mi aspetto che l'ONU prenda una posizione decisa. L'Italia non è la sola ad aver ritirato la propria adesione, lo hanno fatto anche gli USA, il Canada e Israele e vi sono molti altri Stati che hanno espresso il proprio dissenso per il documento in 251 punti dove si parla in termini espliciti solo  del Medio Oriente e in termini terribili dello Stato di Israele.
Per quale motivo l'ONU non ha finora  preso una posizione contro di ciò?
Perché nel suo ambito vi è un forte numero di Paesi islamici e di Paesi non allineati che costituiscono un forte blocco.
Il conflitto israelo-palestinese è sfociato ancora una volta nell'antisemitismo, siamo ad un punto tale che dobbiamo rimettere le cose a posto".

Fra i relatori intervenuti in sala oltre a Fiamma Nirenstein, il ministro degli Affari esteri Franco Frattini, Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera, il professor Gerald Steinberg, del Centro di monitoraggio delle Ong per i diritti umani dell'Università di Bar-Ilan e l'on. Gianni Vernetti, vicepresidente  dell'Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele.
L'onorevole Enrico Pianetta, presidente dell'Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele 
(nell'immagine in alto assieme al presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, e alla professoressa Giuliana Limiti) ha fatto gli onori di casa sottolineando che questa è la quarta iniziativa di questa associazione, che ha già organizzato nel passato recente un viaggio in terra israeliana con 24 parlamentari e una manifestazione di fronte a Montecitorio in difesa dello Stato di Israele alla fine di gennaio.
"Mille volte grazie per la linea adottata su Durban II: spero che l'Europa segua la strada aperta da Roma" ha detto l'ambasciatore israeliano a Roma Gideon Meir seduto fra il pubblico in sala  e chiamato a intervenire "In questo modo - ha aggiunto il diplomatico israeliano rivolgendosi al ministro Frattini - l'Italia ha rinnovato la sua tradizione democratica" in un occidente dove purtroppo sono ancora "in molti" a negare allo Stato di Israele il suo diritto all'esistenza".
"Non si può negoziare su tutto, non sui diritti fondamentali" ha detto in uno dei passaggi  del suo discorso il ministro Frattini che, nel ricostruire temporalmente gli atti preparatori del documento in 251 punti che verrà presentato a Ginevra, ha anche spiegato per quale motivo l'Italia ha deciso di non aderire "Io sono il capo della diplomazia italiana,  ha affermato, ma la diplomazia a volte si deve arrestare" e riferendosi al documento che verrà presentato a Ginevra ha spiegato "lo riteniamo inemendabile: può essere solo sostituito con un testo più snello, 15 o 20 paragrafi, che contenga principi chiari per la lotta al razzismo". Il titolare della Farnesina ha osservato che quelle "frasi inaccettabili e antisemite" contenute nella bozza attuale "getterebbero discredito anche sulla credibilità dell'Onu".
"Questa battaglia di libertà - ha detto Frattini ribadendo la decisione dell'Italia di boicottare la conferenza - la facciamo condividendo anche le speranze del popolo israeliano, ma la facciamo in primo luogo in nome di diritti assoluti: se cediamo oggi su questo, domani negozieremo ad esempio sui diritti delle donne violentate e dopodomani sul traffico dei bambini...". "L'Italia non partecipa a questo gioco. Noi - ha concluso il ministro degli Esteri - non ci siamo adeguati a questa tolleranza silenziosa"
Il punto di vista del Ministro Franco Frattini è stato condiviso da tutti i relatori intervenuti alla conferenza e in particolar modo dall'editorialista del Corriere della Sera Piero Ostellino che nel riprendere alcuni passi dal discorso del Ministro Frattini ha posto questa domanda: perché i nostri principi non sono negoziabili?
Ostellino ritiene che ci siano due aspetti del problema: una questione di merito e una questione di metodo "Sotto il profilo del merito, ha detto Ostellino, quando compare l'antisemitismo,  è l'anticamera del totalitarismo e un pericolo per l'umanità intera".
Quale possibilità c'era di fronte al documento che si preparava di cedere a un compromesso? Si è domandato "Quando una religione diventa un programma politico come nel caso dell'islam il compromesso è ancora più difficile", ha osservato amaramente Ostellino, che ha poi rilevato come sotto il profilo del metodo l'Italia ha fatto bene a decidere di non andare a Ginevra perché è in discussione la nostra libertà e la nostra stessa vita. "Noi non possiamo andare, ha concluso Ostellino, perché siamo eredi della nostra tradizione. Nei nostri Paesi ci sono democrazie che non mettono in discussione i diritti fondamentali. Le mie ragioni sono quelle di un filosofo politico che fra coloro i quali mettono in discussione i nostri diritti e non solo il diritto dello Stato di Israele a esistere noi rispondiamo che non ci andiamo".
Di razzismo alla rovescia hanno parlato Gianni Vernetti e Fiamma Nirenstein, che oltre a ricordare i clamorosi eventi accaduti durante la Conferenza di Durban 1 ha espresso alcune considerazioni su quanto sia difficile difendere lo Stato di Israele e sul fatto che gli episodi antisemiti sono aumentati del 300%. "Vi è un enorme riacutizzarsi dell'antisemitismo, ha osservato la Nirenstein, al Consiglio d'Europa i miei colleghi hanno espresso opinioni terribili su Israele. Israele è al centro di un errore colossale. L'Italia ha alzato una bandiera universale nel difendere Israele...Quando diciamo Never Again ci riferiamo soprattutto a questo".

Lucilla Efrati

 
 
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  Il Golem è tornato a fare la guardia
alla sinagoga senza ebrei di Ustek

sinagoga






Un Golem fa la guardia davanti alla sinagoga restaurata di Ustek, un villaggio nella Repubblica Ceca dove non ci sono più ebrei. Nella tradizione ebraica, il Golem e' un uomo artificiale, creato, e poi magicamente portato a vita, per proteggere gli ebrei contro i loro persecutori. Nella leggenda più famosa, il Golem fu creato dall'argilla e gli diede vita il mitico (e mistico) Rabbi Loew di Praga, che utilizzò una parola segreta per compiere la trasformazione. Ma il Golem - che è il prototipo di Frankenstein - sfuggì al suo controllo. Distruggeva invece di proteggere. Fino a quando il Rabbi Loew non fu costretto a spegnerlo, nascondendo poi il corpo inerte nel soffitto della sinagoga medioevale Alt-Neu di Praga. La Comunità ebraica di Ustek, come quella di più di 150 città e cittadine ceche, fu distrutta durante la Shoah. Non c'è stato un Golem a proteggerle. O forse, si dice, la parola mistica che l'avrebbe riportato a vita era stata dimenticata. Dopo la guerra la sinagoga di Ustek è caduta in rovina. Era rimasto uno scheletro di pietra, senza tetto, quasi dimenticato. Alcuni anni fa, però, grazie a un progetto di cooperazione fra le autorità locali, la Comunità ebraica di Praga, e alcune organizzazioni internazionali, la sinagoga è stata restaurata con cura. Adesso all'edificio è stato assegnato un ruolo culturale, un ruolo di memoria, un ruolo di storia. E' come un museo, un monumento, un luogo di ricordo. E accanto, silenziosa, forse anche un po' minacciosa mentre fa la guardia, è tornata l'immagine del Golem.

Ruth Ellen Gruber 
 
 
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Il Papa visiterà in autunno il tempio maggiore della Comunità di Roma. Ne danno notizia, tra gli altri il Messaggero, nelle pagine di cronaca romana, Marta Rossi su Epolis, Franca Malsoldati su il Messaggero così come Carlo Marroni su il Sole 24 ore ma anche l’Unità. Non è in sé un evento oltremodo sorprendente, riprendendo e consolidando semmai una abitudine di reciprocità che il predecessore di Ratzinger, Giovanni Paolo II, aveva stabilito nell’ottica di un ecumenismo fatto anche e soprattutto di gesti e iniziative di ampio effetto pubblico, ovvero destinate a colpire l’attenzione degli interlocutori. E tuttavia, se la si riconnette alle vicende che in queste ultime settimane hanno visto il pontefice nell’occhio del ciclone, indica l’assunzione da parte di quest’ultimo di un indirizzo di condotta più attento alle sensibilità del mondo circostante, così come della stessa comunità ecclesiale. Ancora oggi, infatti, campeggiano su diverse testate una serie di articoli che rimandano alle ferite apertesi con la malaccorta gestione del “rientro” della Comunità Pio X, gli uomini che si riconoscono nel presule scismatico Marcel Lefebvre, nel seno della Chiesa. Avvenire pubblica il testo integrale della «lettera di Sua Santità Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei quattro vescovi consacrati dall’arcivescovo Marcel Lefebvre». Leggerla è un utile esercizio per comprendere la natura delle intenzioni di Ratzinger ma anche, ci sia permesso di dirlo, l’ingenuo e forse un po’ superficiale tentativo di assumere delle decisioni destinate ad avere un impatto pubblico senza calcolare anticipatamente gli inevitabili effetti sulla collettività medesima. Laddove quest’ultima non è fatta solo e tanto dai non cattolici ma anche e soprattutto dai credenti nel magistero della Chiesa romana che per primi avevano dato segno di un disagio crescente attraverso la manifestazione di «perplessità», se non di aperte insofferenze. Precedentemente c’era stato il discorso di Ratisbona sull’Islam e una sofferta, ancorché repentina, retromarcia dinanzi al montare delle proteste di parte del modo musulmano. Lo stesso Avvenire, per la penna di Gianni Cardinale, dà ora le coordinate interpretative del gesto – in sé inusuale – di chiarificazione del Papa. Non ci si fermi dinanzi al linguaggio iniziatico e un poco paludato dell’editoriale poiché attraverso il suo filtro si possono cogliere i fermenti dell’attuale pontificato e, soprattutto, dei suoi fedeli. Gianni Santamaria, sulla medesima testata, dà conto in termini più cronachistici di quelle che definisce «parole chiave per la pace nella Chiesa» così come Andrea Tornelli su il Giornale e Giuseppe Feyles su il Tempo, esprimendo quest’ultimo parole di ammirazione per il pontefice. Alessandro Speciale su Liberazione ricorre invece a toni molto critici e a un’analisi particolareggiata dell’intera vicenda. Marco Politi, vaticanista di vaglia, su la Repubblica fa un quadro compiuto sull’operato di quello che è definito «un uomo solo che non usa consultare e non dà attenzione ai segnali esterni». Sempre su la Repubblica si legga anche l’editoriale di Vito Mancuso dedicato, non  a caso, alla «solitudine di Benedetto XVI». Sempre di solitudine parla un altro editoriale, quello del sociologo di area cattolica Franco Garelli per la Stampa. Ancora l’Avvenire, che su questa vicenda fa la parte del leone – esponendosi assai di più di altre testate comunque vicine o non estranee alla Chiesa – con una intervista di Lorenzo Rosoli al cardinale Georges Cottier, teologo emerito della Casa pontificia, identifica i tratti peculiari della lettura ecclesiale del gesto del Papa. Gli ebrei, ai quali Ratzinger si è rivolto con parole di gratitudine per avere contribuito a evitare ogni «malinteso», sono peraltro intesi da questo pontificato come interlocutori istituzionali e non come un soggetto comunitario. Poiché in questo secondo caso emerge altrimenti l’imbarazzo sul come muoversi, cosa invece che non sussisteva per il suo predecessore che andava cercando consenso (in parte ottenendolo) tra gli ebrei come «fratelli maggiori» e non tanto da singole leadership in delegazione al Vaticano. Al riguardo si legga l’intervista al rabbino Di Segni di Francesca Nunberg su il Messaggero. Si veda, comunque in tal senso, e sempre su l’Avvenire, l’articolo di Fabrizio Mastrofini dove traspare l’esigenza di Benedetto XVI, ancora una volta, di ottenere dal mondo ebraico, ovvero da quei suoi esponenti che si offrono, di volta in volta, a interlocuzioni e mediazioni, una qualche legittimazione rispetto al proprio operato. Ci permettiamo di osservare, tuttavia, che è proprio tale modo di agire di Ratzinger, già in atto nel caso della controversa ascesa agli altari di Pio XII (l’evento indice che fa da sfondo alla serie di tensioni succedutesi a ripetizione in questi mesi) che deve indurre a riflettere sulle debolezze di un pontificato che non trova in sé la forza per svolgere un magistero autonomo, abbisognando invece di continui riscontri e assensi (non di meno, al rovescio, di ripetute frizioni se non di fratture, come nei già ricordati casi di Ratisbona e, in successione, sui lefebvriani). Maria Novella Oppo su l’Unità, infine, in un breve distico, dai toni fortemente ironici, denuncia la deriva “politicista” dell’atteggiamento papale, mettendo un po’ alla berlina il tono e i contenuti della lettera rivolta ai vescovi. Voltiamo pagina e soffermiamoci su un evergreen, il discorso sulla onnipresente “lobby ebraica” o filogiudaica. Così per la vicenda della mancata nomina di Charles Freeman al National Intelligence Council. Ne parla il Corriere della sera che riprende le parole del diretto interessato quand’egli accusa ebrei e amici degli ebrei di essere all’origine del suo repentino siluramento, espresso attraverso il rancoroso autoritiro della sua candidatura all’ambito posto di comando. Uomo vicino ai sauditi e alla Cina Freeman in realtà è, come non infrequentemente accade per gli uomini di potere, personaggio di per sé a tratti controverso. L’Amministrazione Obama non si è spesa oltre misura per il suo nome. Da ciò, con tutta probabilità, la rabbia che si è tradotta in parole secche e irate, dove in una lunga mail ha messo sotto accusa chi tramerebbe affinché gli oppositori degli interessi di Israele siano messi a tacere. Lui tra questi, ça va sans dire. Maria Teresa Cometto fa un ritratto a tinte forti su il Riformista della querelle innescata da Freeman la cui condotta è definita come una «tegola» per l’Amministrazione Obama. Per quel che concerne gli scenari internazionali, infine, si segnalano due articoli tratti dai magazine settimanali, uno sul nucleare iraniano pubblicato da Panorama e quello a firma di Gianni Perelli su l’Espresso dove si compie una panoramica completa sulla situazione del paese degli Ayatollah.

Claudio Vercelli

 
 
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Benedetto XVI in sinagoga in autunno                                                
Roma, 12 mar -
Benedetto XVI si recherà in visita nella sinagoga della capitale il prossimo autunno. La notizia è stata confermata dal rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma, rav Riccardo Di Segni “Mi auguro che sia significativa e portatrice di pace” ha affermato riferendosi alla prossima visita e non esitando a definirla positiva e “in grado di aprire un orizzonte più vasto nelle relazioni ebraico-cristiane”.
Dopo aver ricordato che questa non è la prima visita in una sinagoga per papa Ratzinger, “che ha già visitato quelle di Colonia e di New York”, Di Segni, riferendosi alle ultime polemiche nel dialogo ebraico-cristiano, ha sottolineato che “esse si stanno esaurendo dopo i recenti chiarimenti”. “Come è stata precisato dalla parte ebraica più attenta - ha spiegato - il problema non era tanto il negazionista di turno, quanto la denuncia delle posizioni conciliari. Tema sul quale - ha concluso - è tornato in questi giorni lo stesso pontefice”.
Anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha espresso la propria soddisfazione nell’apprendere la notizia della visita del pontefice nella sinagoga di Roma definendolo “un segno importante di dialogo, stima e collaborazione, tra la Comunità ebraica e la Santa sede, che ancora una volta rende la nostra città un laboratorio universale di pace e accoglienza”.
Alemanno ha anche rilevato che “i segnali positivi e distensivi tra Chiesa Cattolica e Comunità ebraica si erano già manifestati in occasione del colloquio tra Benedetto XVI e il rabbino capo, Riccardo Di Segni e il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici durante la visita del Pontefice in Campidoglio”.


L'incontro fra rabbinato israeliano e pontefice
Il dialogo rinnovato
Città del Vaticano, 12 mar -
Papa e rabbinato - “L'incontro di oggi segna un positivo cambiamento nel rinnovato dialogo tra noi, grazie ai chiarimenti del pontefice sulla Shoah. Ad affermarlo il rabbino capo di Haifa nel suo messaggio al pontefice. "Ringraziamo la Santa sede - ha aggiunto - per aver reso questo possibile, grazie alle chiare e inequivocabili dichiarazioni di deplorazione della negazione dell'Olocausto e rendendo molto chiaro che i capi della Chiesa cattolica sono impegnati nel continuare la politica formulata nelle decisioni del Concilio Vaticano II che includono la famosa dichiarazione 'Nostra aetate' e riconoscono in noi ebrei dei 'Fratelli Maggiori'".


Hamas – Israele: le trattative per uno scambio di prigionieri
Gerusalemme, 13 mar -
In corso le trattative con Hamas per uno scambio di prigionieri. A tale proposito Ehud Olmert condurrà oggi le consultazioni con Ofer Dekel, emissario israeliano che nei giorni scorsi ha condotto al Cairo, con la mediazione egiziana, trattative a oltranza con Hamas per lo scambio di prigionieri. Nel  frattempo prosegue la protesta dei genitori di Gilad Shalit, il caporale israeliano ostaggio di Hamas dal  giugno 2006. Nei pressi della abitazione del premier infatti, da una settimana, sono accampati sotto una tenda i genitori del soldato israeliano. La loro protesta ha avuto una vasta eco nella opinione pubblica locale. Il quotidiano Haaretz riferisce intanto, citando fonti palestinesi, che Israele e Hamas sono vicini a una intesa sul numero e sull'importanza dei detenuti palestinesi che saranno rilasciati in cambio di Shalit. Ma Israele insiste ancora, secondo il giornale, che parte di essi vengano espulsi all'estero, oppure nella Striscia di Gaza se originari della Cisgiordania. Ciò nell'intento di limitare le ripercussioni della loro liberazione per quanto riguarda la sicurezza di Israele 
 
 
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