se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui |
|
|
|
|
L'Unione informa |
|
|
|
17 marzo 2009 - 21 Adar 5769 |
|
|
|
| |
|
alef/tav |
|
|
|
|
|
Roberto Della Rocca, rabbino |
Riprendendo
lo spunto di riflessione di domenica scorsa del Rav Benedetto Carucci
Viterbi sull'episodio biblico della rottura delle Tavole del
Patto, si potrebbe aggiungere che l’idolatria tradisce la
concezione monoteistica con dei surrogati. Essa tenta di afferrare Dio
per manipolarlo per i propri scopi, ed è qui la sua affinità con la
magia, che la Torà condanna. “Avodà zarà”, letteralmente “culto
straniero”, è infatti la definizione con cui la Tradizione ebraica
indica non tanto l’oggetto dell’idolatria, quanto piuttosto, quei
comportamenti e quelle modalità di interazione dettati da una
confusione identitaria che si traducono spesso in tentativi di
captazioni totemiche. Non è tanto l’immagine in sé a essere idolo. Una
stessa figura può essere idolo o meno, a seconda del rapporto che si
instaura con essa. Trasformare il Dio vivente in una tavola di pietra
sarebbe stato il culmine dell’idolatria, peggio che adorare falsi dei.
La stessa parola divina sarebbe stata così pietrificata. E da quel
momento in cui sono state rotte le Tavole, infatti, la Torà viene
trasmessa a viva voce da Mosè, vivente ai viventi: estrema precauzione
contro la cristallizzazione della Torà e della Voce. Emmanuel Levinas
sostiene, tra l’altro, che è meglio frantumare le Tavole piuttosto che
sostituirle con un idolo d’oro; è preferibile annullare la parola
divina piuttosto che questa venga deformata. Secondo il filosofo, è
proprio questa l’idolatria: la trasformazione dell’identità ebraica in
un’identità idolatrica, ridurre a un idolo il Dio di Israele, fare
dell’ebraismo un culto improprio e inaccettabile, nel segno della
confusione. |
|
Gli
ebrei italiani voltano pagina. Con una determinazione che promette di
lasciare il segno nella storia della più antica realtà della Diaspora,
il Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, riunito a
Livorno assieme ai Presidenti delle Comunità ebraiche italiane, ha
deciso all'unanimità di proseguire con decisione nel progetto di
realizzare mezzi di comunicazione autorevoli, efficaci e professionali.
I leader ebraici italiani hanno tratto le prime conseguenze da un
ragionamento che è nato qualche mese fa attorno a questa piccola
rubrica. Ai commentatori e ai collaboratori che offrono con generosità
e intelligenza il proprio contributo va il grazie di tutta la
redazione. Senza il loro inestimabile impegno, nulla di tutto questo
sarebbe stato possibile. Domani, più voce alla minoranza ebraica in
Italia e ai valori che testimonia. Più valore all'esperienza di
informazione e cronaca delle realtà comunitarie. Più autonomia alle
singole realtà locali, portatrici di un patrimonio di idee e di cultura
originale e irrinunciabile. E migliore integrazione fra informazione
online, sulla carta stampata e televisiva per dare risalto a quello che
abbiamo da dire nella società in cui viviamo. Se assieme lo vorremo,
non sarà un sogno. |
Guido Vitale, giornalista |
|
|
|
|
|
|
torna su |
davar |
|
|
|
|
Osseh Shalom. Il Rav Sacks invita a cantare assieme e per Israele si rinnova la magia del Band Aid
L'appuntamento
era di quelli da non mancare. L'appello lanciato attraverso Londra
dalla gente della Casa della speranza (Home of Hope) era chiaramente un
richiamo diramato dall'Ufficio del Rabbino capo. Trevor Horn
aveva buttato giù alcune note nuove. Gli arrangiatori e i tecnici del
suono erano già al lavoro. Le parole non potevano rappresentare un
problema. Sono già state scritte, sono da sempre nero su bianco sotto
gli occhi di tutti gli ebrei, le conosciamo tutti. Ce le ha messe in
mente un Autore senza pari e sono le stesse con cui gli ebrei di ogni
luogo e di ogni tradizione giorno dopo giorno invocano la Pace. Solo
poche ore per incontrarsi fra persone diverse, intonare la propria
voce, imparare una nuova melodia. E provare, riprovare, provare ancora.
Poi le riprese e la realizzazione del disco. Nel cuore di Londra il
mitico studio di registrazione dei divi del pop apriva di nuovo i
battenti. Presto le sale di registrazione di riempiono di gente
venuta per cantare. Arrivano le camicie azzurre del coro dello
Shabbaton, uno dei più ascoltati a Londra. Sono appena rientrati da un
lungo tour di solidarietà in Israele. Canto su canto, assieme alla
gente di Ashkelon, di Beer Sheva e di Sderot, hanno risposto ai
missili che piovevano da Gaza per colpire la popolazione civile.
Arrivano le magliette bianche dei ragazzi della Moriah Jewish Day School che portano al centro l'immagine delle pietre del Kotel. Entrano i tre solisti, Rav Lionel Rosenfeld, Jonny Turgel, Shimon Craimer. Ma in studio ci sono anche alcuni dei protagonisti della mitica esperienza del Band Aid,
quando Bob Geldof chiamò a raccolta i gruppi e cantanti più noti per
cantare assieme contro la carestia che flagellava l'Africa orientale.
Il compositore Stephen Levey, l'arrangiatore e produttore Trevor Horn, il regista Adam Cohen.
La sala del Sarm West Studio è la stessa di allora. La magia di questo
incontro riporta la memoria di molti all'entusiasmo di allora.
Infine arriva lui, il Rabbino capo. Sir Jonathan Sacks,
sesto nella dinastia dei rabbini capo del Commonwealth. Lo storico
Michael Burleight lo ha definito “il più influente leader religioso nel
Regno Unito”. L'ex primo ministro Tony Blair lo ha chiamato “un gigante
nella vita intellettuale contemporanea”. L'attuale Primo ministro
Gordon Brown ha detto che “non è solo un luminare, ma un leader
spirituale e un ambasciatore rispettato ovunque della minoranza
ebraica. Ha fatto più di chiunque altro in per mettere a fuoco
l'attenzione sulle necessità e le sfide della comunità civile nella
società globalizzata”. Questo incontro lo ha voluto lui. L'Ufficio
del Rabbino capo ha deciso di distribuire un disco con molte nuove
musiche. Ma il Rav Sacks voleva accompagnare delle immagini al disco.
Mostrare a tutti con un filmato la gioia di stare assieme e quella di
cantare per la pace e per Israele. Fra poco lo Stato di Israele
giungerà al suo sessantunesimo compleanno. Quest'anno siamo stati
testimoni di un evento formidabile. Forse non abbiamo avuto il tempo di
rendercene conto appieno. Sessanta anni di Indipendenza. Sessanta anni
di libertà. Conquistata a fatica. Difesa con dolore e dignità anche
nelle situazioni più difficili. Il Rav Sacks parla a tutti, spiega
perché dobbiamo cantare “Osseh Shalom”, spiega che Israele non è solo
uno Stato, ma anche il territorio dove abitano i nostri ideali, la
terra delle nostre radici. Cominciano le prove e ogni gruppo
impara a integrarsi con il canto altrui. Il Rav non lascia lo studio,
ma se ne sta in disparte. Poi si lascia coinvolgere. Via la giacca. Si
allenta l'impeccabile cravatta. Si confonde nel coro. Poi, è venuto il momento di unire le voci. Di cantare assieme la nostra speranza.
g.v.
|
|
|
|
|
torna su |
pilpul |
|
|
|
|
Otto per mille: l'intesa con la Tavola valdese e un intenso, preoccupante, dibattito
La
scorsa settimana si era data notizia dello slittamento – al Senato
– dell’approvazione del disegno di legge concernente l’intesa con
la quale la Tavola valdese potrà partecipare – con riguardo al riparto
della quota dell'8 per mille del gettito Irpef – all'ulteriore riparto
delle somme risultanti dalle scelte inespresse assegnate in proporzione
alle scelte effettuate dai contribuenti. L’approvazione è
slittata anche nella settimana appena trascorsa, sempre per la mancanza
del parere obbligatorio della Commissione Bilancio del Senato. Si deve
però registrare un breve ma intenso e per molti versi preoccupante
dibattito svoltosi mercoledì scorso nella Commissione Affari
costituzionali del Senato, competente in materia. Nei confronti
del Governo, reo di non aver trasmesso i dati richiesti dalla
Commissione Bilancio ai fini dell’espressione del parere, Il presidente
della Commissione Carlo Vizzini ha infatti usato toni inusualmente
duri, giudicando – cito lunghi tratti del resoconto sommario della
seduta – “dilatorio e non appropriato tale comportamento omissivo
del Governo” e sottolineando “che la laicità dello Stato si rispetta
assicurando condizioni equivalenti per i cittadini, quale che sia la
confessione che professano: la circostanza che una parte delle risorse
derivanti dal contributo dell'otto per mille dell'IRPEF sia stata
distolta per finanziare altre leggi di spesa determina una situazione
paradossale che, a suo avviso, non si sarebbe determinata se si fosse
trattato di altra confessione religiosa. Ciò premesso, prospetta
la possibilità di procedere nelle sedute della prossima settimana alla
discussione del citato disegno di legge n. 1107, anche in mancanza del
parere della Commissione bilancio, nel presupposto che non sia
necessaria una copertura finanziaria specifica del provvedimento”. A
tale proposta si è associato il senatore Stefano Ceccanti, relatore sul
provvedimento, il quale, dopo aver rilevato “l'ambiguità
della posizione dello Stato, che essendo uno dei destinatari dell'otto
per mille è anche l'ente che stipula le intese con le confessioni
religiose”, ha sottolineato “l'anomalia che si è venuta a determinare:
le somme che si prevede i cittadini destinano allo Stato sono state
impegnate per il finanziamento di leggi di spesa, trascurando così
l'eventualità che i cittadini possano mutare il loro orientamento, per
cui allo Stato non sarebbe assegnata la consueta quota parte dell'otto
per mille”. A giudizio del senatore Ceccanti, tale situazione,
“tra l'altro, scoraggia il negoziato e la conclusione di ulteriori
intese con altre confessioni religiose e determina una sostanziale
violazione dell'articolo 8 della Costituzione”. Infine, il
senatore Malan ha condiviso le osservazioni svolte dai senatori Vizzini
e Ceccanti, ritenendo “che la minore disponibilità di somme, a seguito
del finanziamento di altre spese o per effetto del cambiamento
dell'opinione dei contribuenti, non deve riflettersi sull'attuazione di
una o dell'altra intesa, ma va recuperata, semmai, con il
definanziamento delle leggi impropriamente finanziate”. Provo
a spiegare in altri termini che cosa è successo: come è noto, l’8 per
mille IRPEF viene ripartito tra lo Stato, la Chiesa cattolica e le
altre confessioni religiose che lo abbiano concordato in apposite
intese con lo Stato. Quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 47 della
legge 20 maggio 1985, n. 222, dovrebbe destinare tali risorse “a scopi
di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione
statale”. Di anno in anno, quindi, dovrebbe registrare la somma di sua
spettanza (che appunto varia di anno in anno) e utilizzarla per
finanziare soltanto interventi sociali ed umanitari. Negli ultimi anni,
invece, la quota di spettanza dello Stato è stata utilizzata
anche per finanziare leggi di spesa, riducendo moltissimo (fino agli 80
milioni di euro per il 2009) la somma destinata agli interventi sociali
ed umanitari e trasformando una somma comunque aleatoria in una
copertura di spese a carattere pluriennale, con il rischio, oggi, che,
subendo una decurtazione, seppure piccola, per l’ingresso della Tavola
valdese tra le confessioni che partecipano al riparto anche delle
scelte inespresse, non sia più in grado di coprire tali spese. Di
qui il grido di allarme lanciato nella Commissione Affari
costituzionali del Senato, perché la scelta dello Stato di usare la sua
quota dell’8 per mille per spese non di carattere eventuale ma di
carattere permanente (o almeno pluriennale) rischia di mettere a
repentaglio la partecipazione della Tavola Valdese anche alle scelte
inespresse, oggetto di apposita intesa, siglata peraltro una prima
volta nel lontano 2005 e nuovamente firmata nel 2007. L’accaduto
serve ad ulteriore conferma di quanto sempre ribadito in ambito
ebraico, circa l’aleatorietà della quota derivante dall’8 per mille, di
cui nessuno dovrebbe mai dimenticarsi.
Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane |
|
|
|
|
torna su |
rassegna stampa |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
L’Unione
Europea ha annunciato che tutti i 27 paesi che la compongono non
andranno alla conferenza Durban 2 se il testo non sarà cambiato in
maniera radicale, e questa è un’ottima notizia, in parte frutto della
decisione italiana di boicottare la conferenza, presa dal ministro
Frattini una decina di giorni fa (servizio di Ivo Caizzi sul Corriere, commento di Pierluigi Battista ancora sul Corriere), che raccoglie il plauso di Elie Wiesel (intervista di Alessandra Farkas sul Corriere).
C’è una proposta europea di riscrittura del testo di partenza, che lo
riduce dai 250 paragrafi elaborati dalla Libia con l’aiuto di Iran Cuba
e Siria (incredibile ma vero: questi sono gli Stati guida della
commissione sui diritti umani dell’Onu) ai soli 20 proposti
dall’Olanda, privi di riferimenti antisemiti e di tentativi di limitare
la libertà di espressione (Alessandro Caprettini sul Giornale). Commenta il Foglio:
Bravo Frattini, adesso però l’Italia deve intervenire sui Giochi del
Mediterraneo ospitati a Pescara, da cui Israele è escluso. Interessante
per capire la logica della disinformazione il livido commento di
Bonanni su Repubblica,
che contro ogni buon senso presenta la decisione comune europea come un
momento di divisione e di paralisi e prevede sfracelli. E interessante
anche la conferma della partecipazione vaticana, “a prescindere” dal
documento che sarà approvato. Del resto, come ricorda Politi su Repubblica, la Santa Sede non se n’era andata neppure dal vergognoso festival antisemita di Durban 1.
La formazione del governo israeliano sembra a buon punto, come conferma Ugo Tramballi sul Sole e Liberman sarà il ministro degli esteri della nuova compagine (ma Giorgio Ferrari sull'Avvenire
invoca un “colpo a sorpresa” che riapra la possibilità di un governo di
unità nazionale). L’Unione Europea, col suo ministro degli esteri
permanente Solana ha espresso “preoccupazione” per la svolta e volontà
di collaborare con un governo che accetti la politica dei due stati
(Michele Giorgio sul Mattino, Alberto Stabile su Repubblica); i palestinesi ostentano delusione (intervista a Rabbo di udg sull’Unità).
Per capire queste preoccupazioni e i loro limiti, si veda il ritratto
di Liberman tracciato da un giornalista molto critico su Israele come
Aldo Baquis sulla Stampa.
Interessante l’analisi di Emanuele Ottolenghi: le possibilità di
Netanyahu sono più numerose di quanto si creda, la distanza fra
Liberman e Livni minore di quel che si crede. Da leggere, sempre su Liberal,
un commento dell’ex ambasciatore americano all’Onu Bolton, estremamente
critico nei confronti dell’approccio dell’attuale amministrazione
americana sul problema mediorientale. Che Obama non convinca gli
israeliani lo si vede anche da uno spiritoso commento di Nehemia
Shtrasler su Haaretz,
dove si spiega come i cinesi siano preoccupati per l’eccessiva tendenza
socialista delle politiche americane anticrisi. Nel frattempo Olmert
sta cercando di convincere Hamas che lo scambio su Shalit si potrà fare
solo con lui (Tramballi sul Sole),
ma l’accordo non è stato concluso nei tempi previsti Contro lo scambio
di centinaia di assassini con la libertà di Shalit si esprime oggi un
autorevole editoriale non firmato del Jerusalem Post, ribadito da un commento di Sam Ser sempre sul Jerusalem Post. Interessante l’analisi del Foglio
sull’attentato di ieri firmato da un gruppetto legato a Hezbullah:
volevano sabotare i contatti fra Israele e Hamas per la liberazione di
Shalit, o indebolire Abu Mazen? Sicuramente è l’ingresso di un nuovo
soggetto terrorista nei Territori, che segue un’agenda sua, diversa
dalle altre. A doppio taglio è l’attenzione di Amira Hass su Haaretz
a proposito dei graffiti lasciati dai soldati israeliani sui muri di
Gaza: questi esprimono certamente un certo grado di indisciplina, di
mancanza di controllo e di maleducazione (ma la giornalista più
filopalestinese di Israele ha mai visto i muri delle nostre città? e ha
idea di cosa siano i danni di una guerra?); ma soprattutto testimoniano
della rabbia profonda dei cittadini israeliani per il terrorismo e del
consenso alla guerra. Che la Hass paragoni questa rabbia alle
dissacrazione antisemite dei cimiteri europei mostra la sua
disconnessione e incomprensione dalle emozioni profonde dei suoi
concittadini e anche la sua impreparazione storica. Da notare la rinuncia dell’ex presidente Kathami a concorrere di nuovo alla presidenza dell’Iran (Francesco di Leo sul Riformista).
La candidatura era stata presentata molto largamente e trionfalmente
nei mesi scorsi come un’alternativa moderata alla leadership attuale;
oggi naufraga senza ragioni evidenti: è chiaro che i poteri reali
dell’Iran non consentono neppure un piccolo passo indietro formale
(Kathami è corresponsabile della politica atomica attuale). Sarà
interessante vedere se ci saranno davvero altre alternative “moderate”
a Ahmadinedjad. Nel frattempo continua la campagna del Sole
(Roberto Bongiorni) per presentare la Siria come un paese aperto e
riformista, interessante per l’Italia, almeno sul piano economico. Negli
Stati Uniti continua la polemica sulla mancata nomina dell’ex
ambasciatore americano in Arabia Saudita, ancora molto legato ad
ambienti arabi, a coordinatore dell’intelligence. In un intervento
pubblico lo stesso Freeman aveva attribuito il fallimento della sua
candidatura alla lobby ebraica, anche se ci sono motivi molto più
solidi a sconsigliarla, come la sua insensibilità al tema dei diritti
umani (aveva giustificato la repressione cinese in Tibet. Oggi si può
leggere sul Jerusalem Post
una vibrante difesa dell’Aipac, la lobby ebraica per eccellenza,
firmata da Schmuley Boeach, l’autore del best seller “Kosher Sutra”.
Un’apertura strategica interessante è quella di un’intensificarsi delle
relazioni fra Israele e Cina, di cui parla ancora sul Jeruslam Post Vicky Wu.
Ugo Volli |
|
|
|
|
torna su |
notizieflash |
|
|
|
|
Israele:
Trattative indirette con Hamas, le ultime fasi
Gerusalemme, 17 mar - Le
ultime fasi della trattativa indiretta con Hamas, per lo scambio di
prigionieri e quindi la restituzione del caporale Gilad Shalit,
verranno illustrate oggi, alle 14, in una seduta speciale del governo
israeliano convocata dal premier Ehud Olmert. La scorsa notte
l'ufficio di Olmert ha reso noto che gli sforzi dei negoziatori
israeliani al Cairo sono stati vani e che Hamas ha irrigidito le
proprie posizioni, annullando, all'ultimo momento, intese che
sembravano essere state concordate in precedenza. Hamas smentisce: “mai
abbiamo accettato l'espulsione all'estero o il confinamento forzato a
Gaza di detenuti che fossero liberati da Israele”. Nel frattempo i
familiari di Shalit sono oggi al decimo giorno di protesta, accampanti
a poca distanza dall'abitazione di Olmert, e annunciano che
proseguiranno a oltranza. Temono che la prossima settimana con il varo
del governo di Benyamin Netanyahu, le trattative con Hamas siano
destinate a subire una battuta d'arresto.
Bendetto XVI a Gerusalemme: "no" di rav Rabinowitch a chiusura dell'area Muro del Tempio Gerusalemme, 16 mar - "La
spianata (antistante il Muro del Tempio) deve restare accessibile a
tutti durante l'intera visita del papa" così il rabbino responsabile
del Muro del Tempio di Gerusalemme (Shamuel Rabinowitch) sulla proposta
avanzata dalla polizia e dai servizi dello Shin Bet del divieto di
acceso al luogo di preghiera durante la visita del
pontefice. “Naturalmente bisogna prendere tutte le misure di
sicurezza necessarie (per garantire l'incolumità del pontefice) - ha
sottolieato ancora il av Rabinowith - ma la spianata è aperta a
tutti da 42 anni e i fedeli ebrei devono poter continuare ad accedervi
per pregare anche durante questa visita". |
|
|
|
|
|
torna su |
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
|
|