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L'Unione informa |
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22 marzo 2009 - 26 Adar 5769 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Il
sabato che precede il capo mese di Nissan porta il nome di Shabbat
ha-Chodesh. Si legge infatti un brano ulteriore, oltre quello previsto
per la settimana, in cui è prescritto tra l'altro il precetto della
proclamazione del capo mese, Rosh Chodesh in ebraico. Determinare con
precisione il novilunio è il primo precetto collettivo del popolo
ebraico; i precedenti sono comandati a dei singoli: Adamo, Abramo,
Giacobbe. E' la luna, con il suo crescere e calare, il simbolo più
proprio dell'ebraismo: un'"eterna giovinetta" che rappresenta allo
stesso tempo continuità e rinnovamento. |
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La
giornata di ieri ha espresso con chiarezza la condizione in cui siamo
sospesi, tra entusiasmo e solitudine. Da una parte sta la costruzione
del nuovo partito del centrodestra, una realtà politica che ha davanti
a sé un futuro concreto, che segnerà in maniera significativa lo
scenario nazionale e rispetto alla quale sarebbe miope fermarsi a
considerare le presunte scaramucce al suo interno. Dall’altra sta la
scena della manifestazione di Napoli contro la Camorra con i parenti in
prima fila a chiedere a tutto il Paese di non dimenticare, esibendo le
fotografie dei loro cari uccisi che – per la scenografia, per le foto,
i nomi delle vittime elencati sui cartelli e negli striscioni -
richiama scene che per anni abbiano associato ad altre realtà. Della
prima siamo stati informati con molti dettagli. Della seconda, il sesto
servizio nei telegiornali nazionali della sera, abbiamo visto pochi
frammenti. Qualcuno si deveessere detto che non era il caso di importunare gli italiani, già così desiderosi di ottimismo, proprio nel fine settimana. |
David Bidussa, storico sociale delle idee |
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davar |
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Un mix d'antisemitismo, islamismo e odio di sè nelle campagne contro Israele
Spesso
ci chiediamo perché Israele sia così odiato e ostracizzato, pur essendo
un paese democratico, che si sforza di mantenere un atteggiamento etico
anche nelle più difficili situazioni di guerra e conflitto col
terrorismo, guidato e composto da persone civili e ragionevoli, come
molti di noi sanno per esperienza diretta. La risposta che ci
diamo di solito spiega questo triste paradosso con l’antisemitismo, con
quella subordinazione dell’Europa a una egemonia morale (a sua volta
bisognosa di spiegazione) del Terzo mondo e in particolare
dell’islamismo che molti, fra cui io stesso, amiamo denominare con la
definizione sarcastica di Eurabia, infine con le campagne bene
orchestrate delle relazioni pubbliche dei paesi arabi e dei loro mezzi
di comunicazione, cui le nostre campagne di Hasbarà non saprebbero
contrapporsi. Tutto vero, anche se, lo ripeto, pure queste
spiegazioni avrebbero bisogno di essere a loro volta spiegate. Ma c’è
di più, c’è un’altra ragione molto sgradevole che va messa in conto,
quella dell’odio che alcuni ebrei e israeliani nutrono contro se stessi
e contro lo stato d'Israele o contro l’identità politica di una parte
d’Israele che considerano tanto nemica da non badare a mezzi pur di
danneggiarla.
In questi giorni abbiamo assistito a un caso
di scuola di questo fenomeno di suicidio comunicativo. Tutti quelli che
s’interessano anche vagamente di Medio Oriente hanno potuto leggere nei
giorni scorsi le “rivelazioni” sul “comportamento criminoso” dei
soldati israeliani nel corso della campagna di Gaza: la donna uccisa
perché, interrogata e liberata le era stato detto di prendere la strada
a destra e invece era andata a sinistra e un cecchino l’aveva uccisa,
le case vandalizzate, la libertà di ammazzare e addirittura il piacere
di farlo denunciato da certi soldati e così via. Su queste
rivelazioni sono usciti due articoli importanti, uno di Ethan Bronner
dal New York Times e uno di Herb Keinon sul Jerusalem post. Ne risulta
quanto segue. La fonte giornalistica di queste “rivelazioni” è un
articolo di Haaretz; non vi è stata finora nessuna inchiesta o atto
giudiziario sull’argomento, perché l’uscita giornalistica è stata
contemporanea alla denuncia. Haaretz, il cui ruolo generale nella
diffamazione internazionale d’Israele è centrale, per il suo
atteggiamento ideologico ma anche grazie al fatto di avere un’edizione
inglese sia cartacea che sul web, non ha fatto alcuna verifica sui
fatti, ma ha semplicemente riportato una denuncia che le è stata fatta
pervenire sottobanco prima che ci fosse tempo per ogni accertamento; il
giornale ha anche reso impossibile le verifiche di altri modificando
nomi, date, riferimenti geografici e alle unità d’appartenenza “per
proteggere i soldati” (proteggere da che, visto che i loro nomi stanno
nella denuncia alle autorità militari?). Per Haaretz Israele è terra di
mafia? Infine, altro punto importantissimo: i soldati denuncianti non
hanno mai parlato di cose fatte da loro o che hanno visto con i loro
occhi, ma solo di eventi di cui hanno sentito dire.
La fonte
di Haaretz, che secondo il New York Times “ha sollecitato” (notate il
“sollecitato”) e “comunicato sottobanco [leaked] le informazioni al
giornale” è un ex ufficiale che dirige una scuola di preparazione
premilitare, “istituto affiliato all’ala sinistra del movimento dei
Kibbutz” Questo personaggio così “desideroso [eager] di dar rilievo
alle accuse” si chiama Dany Zamir, è un ex ufficiale la cui uscita
dall’esercito è in relazione secondo il Jerusalem post con una sua
condanna a 28 giorni di carcere nel 1990 per aver rifiutato di obbedire
agli ordini dei suoi superiori. Va detto che l’ordine non era di
ammazzare bambini palestinesi o di torturare prigionieri ma di “fare la
guardia durante una cerimonia in cui dei rotoli della Torah venivano
portati nella Tomba di Giuseppe a Nablus”. L’articolo del Jerusalem
post riporta alcune frasi del suo intervento in un libro pubblicato nel
2004, “Refusnik, Israel’s soldiers of coscience”, con prefazione di
Susan Sontag, che vale la pena di riportare qui: “Con la stupida
decisione e il compiacimento di chi sa tutto, religiosi primitivi e
sfrenati nazionalisti ci stanno portando al disastro […] Io vedo un
vulcano in una terra in cui un terzo degli abitanti sono impediti di
votare, a causa della loro origine etnica o nazionale o della loro
collocazione geografica, privati dei lori fondamentali diritti civili
[…] sottoposti a una farsesca giustizia militare, […] non un paese
democratico. Di conseguenza è illegittima ingiusta e immorale ogni
collaborazione con un regime o governo che mi ordina di essere parte di
un apparato antidemocratico diretto verso l’autodistruzione, la
disintegrazione e il decadimento nazionale”. Insomma,
chi ha “sollecitato” e diffuso queste “testimonianze”, peraltro
indirette, a carico di altri soldati considerati “nazionalisti
religiosi” è un fanatico che rifiuta la legittimità d’Israele, non un
“direttore di un’Accademia militare israeliana” come hanno scritto i
giornali europei. E’ una persona accecata da odio ideologico che
rifiuta la legittimità dello stato per cui lavora (immaginiamo
debitamente pagato) a preparare i soldati. Le “testimonianze” che
riporta sono altamente sospette non solo perché indirette (“ho sentito
raccontare che” non è una prova in alcun tribunale civile), ma anche
perché fatte da persone, i soldati allievi di Zamir, ideologizzate come
lui e impegnate in un conflitto politico. Questo episodio va
inquadrato, infatti, come suggerisce il New York Times in una “lotta
per il controllo dell’esercito” fra ambienti laici e di sinistra e
ambienti nazionalisti religiosi che contribuiscono oggi in maniera
notevole alla sua leva. In sostanza si tratta di maldicenza politica,
che naturalmente è stata enfatizzata con gioia dalla stampa
internazionale, per le altre ragioni di odio a Israele citate
all’inizio. Non si tratta affatto di un caso isolato.
In
questi giorni ha ricominciato a parlare dei “crimini commessi a Gaza”
Richard Falk, “rappresentante speciale” della commissione Onu sui
diritti umani (quella presieduta dalla Libia), cui fu impedito
l’accesso all’aeroporto Ben Gurion a dicembre in quanto nemico
d’Israele. Per chi non lo sapesse, Falk è un ebreo americano, che ha
deciso di concludere la propria carriera di professore di diritto
assumendosi il ruolo di accusatore internazionale di Israele. La causa
di tanto accanimento non è chiara. Odio di sé? Limpido ideale di
giustizia che supera ogni meschina considerazione di opportunità e di
appartenenza? Fate voi. L’articolo del “Jerusalem Post” cita un vecchio
proverbio ebraico: “Quando tutto il mondo ce l’ha con noi, tanto vale
unirsi al coro”. E’ chiaro che la libertà di parola mai negata
anche a persone come Zamir e di giornali come Haaretz, esattamente come
l’istituzione di tribunali e di commissioni d’inchiesta per verificare
le loro denunce, l’attività straordinariamente indipendente della Corte
Suprema (un vero e proprio contropotere politico schierato contro
qualunque abuso delle autorità), l’esistenza di partiti antisionisti e
arabi, fa parte dei preziosi caratteri che rendono Israele una delle
più compiute del mondo e l’esatto opposto delle torbide dittature che
riempiono il Medio Oriente e il mondo islamico. Ma parlando di queste
cose noi dobbiamo sapere che le fonti di buona parte delle campagne
d'odio contro Israele sono gli Zamir israeliani, americani (e da noi
anche italiani).
Ugo Volli
Qui Milano - Il cinema di Israele presentato dagli ospiti in sala
“Quest’anno
il Festival ha ottenuto un grandissimo successo, con una partecipazione
decisamente superiore alle aspettative. Il pubblico ha mostrato di
gradire in particolare la formula che ha visto una serie di esponenti
del mondo culturale e politico introdurre varie pellicole e discuterne
con la gente in sala”. Così Paola Mortara, curatrice del progetto del
Festival del cinema israeliano a Milano per il Centro di documentazione
ebraica contemporanea (Cdec) insieme a Nanette Hayon Zippel. “Il
Cdec – spiega - possiede da sempre un ricco archivio di materiale
audiovisivo d’argomento ebraico a scopo conservativo. Col passare degli
anni questi film e documentari sono stati sempre più richiesti da enti,
scuole, studiosi e anche semplici privati. Da qui l’idea di realizzare
questa rassegna, che contribuisce senz’altro a mostrare aspetti poco
conosciuti di quello che è veramente Israele. Il cinema è un mezzo di
comunicazione efficace e diretto. Una selezione di film così diversi
tra loro racconta più delle tante parole che si cercano di spendere a
tale proposito”. La seconda edizione del Festival promossa dal
Cdec e dalla Fondazione Cineteca italiana sotto la direzione artistica
di Dan Muggia e Ariela Piattelli, con la collaborazione del Pitigliani
Kolno’a Festival di Roma, si è conclusa con la proiezione della
pellicola Vasermil. Introdotto dal direttore del Cdec Michele Sarfatti
e dal pittore e saggista Stefano Levi Della Torre, il film del 2007 è
un emblema di ciò che la rassegna si proponeva di rappresentare, le
diverse sfaccettature della realtà israeliana, attraverso l’opera di
registi emergenti poco conosciuti al grande pubblico rispetto a quelli,
come Amos Gitai, che hanno reso il cinema israeliano famoso nel mondo.
Vasermil, opera prima del regista Mushon Salmona, racconta la storia di
ragazzi provenienti da culture distanti, un etiope, un russo e
un israeliano da generazioni, che si scontrano per poi riuscire a
incontrarsi, in una multietnicità difficile da immaginare per chi non
conosce bene Israele.
Rossella Tercatin
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Rotschild Boulevard/Braintraining made in Israel Allenare il cervello costa fatica
E'
una specie di Brain training in stile Nintendo, solo che è prodotto in
Israele e si gioca via internet. Un programma di “allenamento per il
cervello” personalizzato è l'ultima creatura dello psicologo cognitivo
israeliano Shlomo Breznitz. Per capire di che si tratta, basta
collegarsi al suo sito, www.cognifit.com e fare una prova gratuita. Lì
si spiega che il programma è stato studiato per stimolare in
particolare il cervello delle persone di mezza età, e che si possono
sottoscrivere abbonamenti mensili a partire da 20 dollari. Chi
scrive non possiede le nozioni scientifiche necessarie per sapervi dire
se funzioni o meno. Quel che si può dire, dopo avere provato un
assaggio del programma, è che è divertente anche se a tratti umiliante.
Le istruzioni sembrano scritte per un deficiente, ma poi le prove sono
fin troppo complicate, alternano a giochini divertenti e colorati dei
test che sembrano tirati fuori da un'interrogazione-incubo delle medie
(dov'è la Guiana francese? E l'arcipelago di Samoa?). Segue una
valutazione delle facoltà cognitive con grafici e classifiche. Già
rettore dell'Università di Haifa (1977-1979) e parlamentare della
Knesset (fu eletto con Kadima nel 2006, poi si è ritirato), Breznitz ha
insegnato anche a Berkeley e Stanford. Ma dal 1999 ha abbandonato la
carriera accademica per fondare la sua società specializzata nel
software di brain fitness, che oggi ha sedi a Haifa, Washington e
Parigi. Nel suo sito spiega di avere creato il suo primo programma per
conto degli istruttori di guida automobilistica in Israele. Forse non è
un'ottima pubblicità.
Anna Momigliano |
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Continua a far parlare di sé, anche se senza eccessivo rilievo, l’esclusione d’Israele dai Giochi del Mediterraneo. Sul Corriere della sera Maurizio
Caprara dà notizia della manifestazione promossa sulla rete di Facebook
dal gruppo “Contro l'esclusione d’Israele dai giochi del Mediterraneo a
Pescara” a cui, nel capoluogo abruzzese, hanno preso parte ieri circa
200 persone. “Domani – scrive Caprara - il commissario del governo per
i Giochi Mario Pescante si incontrerà con il ministro degli Esteri
Franco Frattini. Ma la soluzione desiderata dai manifestanti non è alle
porte. Le possibilità sono tre: o tutto continuerà come prima o
l'Italia compirà uno strappo o verrà ripreso un percorso per la partecipazione di atleti israeliani e palestinesi, destinati a restare comunque fuori per quattro anni”. Oggi
su molti giornali tiene banco anche una notizia di carattere del tutto
diverso, lo sgombero avvenuto – in un clima pare non troppo sereno -
venerdì sera del centro sociale Rialto Sant’Ambrogio nel ghetto di
Roma. Ne dà conto tra gli altri l’Unità riportando
come la Comunità ebraica “plauda” all’iniziativa della Questura
affermando in una nota che “Finalmente adesso è stata restituita
serenità al quartiere”. E sempre in tema romano, rimbalza oggi sul Manifesto l’eco
dell’intervista pubblicata ieri dalla Stampa in cui il presidente della
Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici illustra il suoi rapporti
con Gianfranco Fini (da “un'avversione radicale” a “un'amicizia
profonda” e ancora “Fini è molto sensibile e condividiamo le
preoccupazioni per una politica del sospetto verso gli stranieri che rischia di diventare razzismo, xenofobia, quindi anche antisemitismo”). Spostandoci all’estero, Danilo Taino riferisce sul Corriere della sera
del caso di Josias Kumpf, espulso dagli Stati Uniti in Austria giovedì
scorso perché ritenuto un criminale nazista che non potrà essere
processato in Austria perché la legge non lo consentirebbe. Kumpf, che
ha trascorso gli ultimi cinquant’anni nel Wisconsin, “ha ammesso –
scrive Taino - di avere partecipato nel novembre 1943 all'operazione
nazista che aveva il nome in codice Festa del Raccolto, nella quale
circa 42 mila uomini, donne e bambini ebrei furono uccisi in soli due
giorni”. In Israele proseguono invece gli echi della guerra di Gaza. Repubblica riferisce
di una nuova inchiesta del quotidiano Haaretz secondo cui “diversi
soldati di Tsahal si fanno stampare magliette con foto raccapriccianti
di bambini palestinesi trucidati, madri che piangono i loro figli e
moschee bombardate” e frasi violente. Intanto, scrive Michele Giorgio
sul Manifesto “un
impressionante spiegamento di polizia non solo a Gerusalemme” avrebbe
accolto l’avvio delle celebrazioni per «Gerusalemme capitale della
cultura araba», iniziativa promossa dall'Unesco per favorire la
cooperazione tra i paesi arabi. “Incurante di 14 secoli di storia della
città – spiega Giorgio - il governo del premier uscente Olmert ha deciso di proibire il programma del festival culturale palestinese a Gerusalemme”. In tema di politica estera si segnalano, su Repubblica,
un’intervista di Mario Calabresi a Moises Naim, direttore di Foreign
Policy sulla recente apertura di Obama all’Iran e, sullo stesso
argomento, la riflessione di Fiamma Nirenstein sul Giornale.
“La strategia americana di questo momento – scrive Nirenstein - umilia
i moderati perché esalta gli estremisti. E soprattutto mette Israele in
una condizione d’incertezza vitale così seria da poterlo spingere a un
gesto estremo. E’ una strategia saggia? A noi pare alquanto
avventurista, anche perché ogni giorno di salamelecchi occidentali
viene usato dagli ayatollah per costruire la bomba e tessere una
frenetica tela diplomatica per la vittoria dell'islam”. Da leggere infine su Repubblica l’articolo
di Rodolfo Di Giammarco dedicato agli appunti, finora sconosciuti al
pubblico, utilizzati da Roberto Benigni per la preparazione del film La
vita è bella, uscito nelle sale dieci anni fa.
Daniela Gross |
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notizieflash |
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Incontro a Napoli per i leader ebraici di domani Napoli, 22 mar Il
ruolo dei giovani nell’identità ebraica nelle piccole e grandi comunità
della Diaspora. Questo il tema al centro del primo seminario di
formazione "Ye'ud futureleader training", appena conclusosi a
Napoli, cui hanno partecipato 12 giovani promesse delle comunità
ebraiche di Roma, Milano, Torino e Padova. L’obiettivo del corso,
promosso dall’Ucei su proposta dell’assessore ai giovani Claudia De
Benedetti, è quello di formare una leadership consapevole e preparata
ad affrontare le sfide del futuro. Per questo nel primo dei seminari,
accanto alle tematiche ebraiche, si è discusso anche delle modalità
migliori di public speaking e delle migliori modalità per redigere un progetto. Al
seminario, accolto con grande calore dalla Comunità ebraica di Napoli,
hanno preso parte fra gli altri l’assessore ai giovani della Comunità
ebraica di Roma Daniel Citone e relatori quali Daniel Segre e Cesare
Moscati. Israele, le denunce dei soldati erano in parte infondate Gerusalemme, 22 mar Sono
infondate, almeno per gli episodi più gravi, le denunce dei soldati
emerse nel Seminario militare Rabin riguardo l'operazione Piombo fuso a
Gaza e riportate con grande rilievo dai media israeliani e stranieri.
Ad affermarlo è il quotidiano Maariv sulla base di una prima indagine
interna condotta dall’esercito. Nei giorni scorsi la stampa aveva
riferito che, secondo i militari, nel corso dell’operazione vi erano
state scarsa considerazione per la popolazione civile e atti gratuiti
di vandalismo. Fonti militari, scrive Maariv, affermano invece che le
uccisioni descritte dai militari - quella di una donna con i suoi due
figli, e quella di un anziana donna avvistata con un binocolo - non
sono avvenute. Le denunce dei militari si baserebbero su voci risultate
infondate. "Durante l'operazione Piombo Fuso c'era certamente il
'grilletto facile' – ha dichiarato a Maariv un ufficiale che ha
combattuto a Gaza - Indubbiamente sono rimasti uccisi civili
palestinesi non coinvolti nei combattimenti. Ma non c'é mai stato
alcuno sparo intenzionale verso civili innocenti".
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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