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    24 marzo 2009 - 28 Adar 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Colombo Roberto
Colombo,

rabbino 
La haggadà ci insegna che al figlio rashà
(malvagio), vanno tolti i shinàv  (i suoi denti). Un po' di ghematrià: se dal valore numerico della parola rashà (570) si toglie il valore numerico della parola shinàv (366) risulterà il numero 204 che è il valore della parola tzaddìk (giusto). Se si riuscisse a capire come parlare con il ben rashà invece di limitarsi a criticarlo forse lo si potrebbe aiutare a diventare tzaddìk.
Il ministro Frattini ha dichiarato con fermezza: "saranno gli ultimi giochi del Mediterraneo senza Israele". Speriamo. Comunque mi dispiace molto, anche se sono "gli ultimi", proprio perché si svolgeranno qui in Italia. Sono appena rientrata da Israele e ogni volta che torno lassù torna la sorpresa ma anche la conferma di quanto sia "mediterraneo" tutto: non solo il mare, il clima, il cibo. Peccato che Israele - e territori palestinesi (perché naturalmente la speranza vale per entrambi i popoli) - non siano presenti ai giochi del Mediterraneo. Ci starebbero proprio bene, tutti e due. Elena Loewenthal,
scrittrice
Elena Loewenthal  
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  Leone SouedQui Milano – Vita ebraica e cibo kasher in ospedale
Comunità e Regione Lombardia aprono un orizzonte


I pasti kasher. La visita del rabbino. Il parere di un medico amico, il conforto dei volontari e, se il caso, l’assistenza sociale della propria comunità. D’ora in poi i malati ebrei lombardi non dovranno più abdicare alle regole della kasherut o alle tefilloth quando si trovano ricoverati in ospedale. In questo momento di fragilità potranno anzi contare su un forte sostegno da parte dei correligionari e delle istituzioni comunitarie.

FormigoniA garantire la possibilità di una piena osservanza e l’intervento degli enti ebraici è la convenzione, siglata da pochi giorni, tra la Regione Lombardia e la Comunità Ebraica di Milano (nella foto in alto il presidente della Comunità Leone Soued e in quella a fianco il presidente della Regione Roberto Formigoni) che accanto all’assistenza religiosa e ai pasti kasher prevede che le strutture sanitarie mettano a disposizione, ove gli spazi e la disponibilità di personale lo consentono, una sala per i decessi e la veglia.
Il recente accordo, che colma una carenza molto sentita dai degenti ebrei, è frutto di un lavoro certosino che da oltre otto anni vede in campo l’Associazione medica ebraica (Ame). “La prima iniziativa – spiega Giorgio Mortara, medico chirurgo e presidente dell’Ame - risale al 2000 quando, nell’ambito di un progetto di umanizzazione delle cure, insieme al rav Laras abbiamo posto il tema della kasherut, dell’assistenza religiosa e dei decessi nell’ospedale milanese San Carlo Borromeo in cui lavoro”.
La questione si definisce allora con una convenzione tra il nosocomio e la Comunità Ebraica di Milano, che si assume l’onere anche economico dei pasti. Sul fronte pratico si coinvolge invece la casa di riposo. In quanto struttura accreditata dalla Regione risulta infatti essere il soggetto più indicato a fornire i pasti kasher nel rispetto delle norme Haccp sull’igiene degli alimenti.
L’impegno dell’Ame non si esaurisce però qui. Ma prosegue, ricorda il dottor Mortara, con un convegno all’università statale sull’umanizzazione sanitaria per poi espandersi ancora nel tentativo d’impostare un progetto di respiro regionale. Obiettivo, armonizzare in un'unica cornice le intese a tutela dei malati ebrei che negli anni si sono susseguite a macchia di leopardo tramite accordi con le direzioni sanitarie delle singole strutture.
La recente delibera regionale sortisce proprio questo risultato. “La Regione – dice il dottor Mortara – si farà ora carico di comunicare le nuove disposizioni a tutti gli ospedali della Lombardia. Sarà invece nostro compito stipulare dei protocolli con le direzioni sanitarie sulla gestione pratica dei pasti”. I cibi saranno preparati dalla casa di riposo secondo le indicazioni dietetiche delle caposala ospedaliere e un importante apporto verrà dai volontari dell’associazione Sharon Biazzi.
Accanto ai pasti kasher i malati avranno la possibilità di richiedere l’assistenza religiosa e il parere di un medico amico. E questo contatto ravvicinato renderà possibile l’attivazione dei servizi sociali della Comunità Ebraica, preziosi in caso di una convalescenza delicata o di perdita dell’autosufficienza. In caso di decesso l’accordo prevede infine che sia disponibile, sempre che gli spazi lo consentono, una sala priva di simbologia per il rito funebre e la veglia. Per richiedere questi servizi ci si può rivolgere al centralino della casa di riposo, allo 02 91981, tutti i giorni dalle 8 alle 20.
I malati ebrei interessati a queste opportunità sono parecchi. Almeno 200 l’anno su scala regionale, secondo le stime degli ideatori dell’iniziativa. “In un momento di vulnerabilità quale la malattia e il ricovero – dice Giorgio Mortara – è molto importante avere la possibilità di trovare risposta a bisogni essenziali: la religione, i cibi abituali, l’assistenza di chi ci conosce  ed è in grado di capire le nostre necessità”. In questo frangente la relazione umana e la capacità di dialogo si rivelano infatti uno strumento potente di cura. E non solo per il malato ebreo.
Non a caso nel passato è accaduto molte volte che i medici dell’Ame o i volontari venissero coinvolti dagli operatori sanitari per capire meglio le problematiche dei degenti di altre fedi o nazionalità. E da tempo negli ospedali lombardi i musulmani, possono richiedere il pasto parve (né carne né latte). Ancora una volta - dopo la decisione assunta a metà ottobre dalla Comunità Ebraica di Roma di collaborare alle attività di sostegno alla popolazione rom con progetti di assistenza, educazione e prevenzione sanitaria e dopo l’avvio, a Milano, del progetto per il centro interculturale Merkhav – pare dunque affermarsi un ruolo specificamente ebraico nel campo del dialogo tra le culture.
La speranza dell’Ame è ora di riuscire ad allargare l’esperienza anche alle regioni dove l’assistenza religiosa ebraica non è ancora divenuta realtà. E ad accompagnare il progetto si sta ora predisponendo un manuale rivolto al personale socio sanitario che illustra il modo di migliore di relazionarsi con le abitudini alimentari e rituali delle principali religioni: non solo di quella ebraica.

Daniela Gross 
 
 
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  Vlaerio Di PortoOtto per mille: la scelta sofferta di valdesi e ebrei
per una giusta ripartizione delle risorse


Vale la pena di soffermarsi ancora sulle Intese, per segnalare due elementi significativi.
Il primo: ricorre oggi il ventesimo anniversario della pubblicazione, nella “Gazzetta Ufficiale”, della legge con la quale è stata approvata l'intesa tra lo Stato e l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (legge 8 marzo 1989, n. 101).
La seconda: è stato finalmente approvato la scorsa settimana al Senato il disegno di legge concernente l’intesa con la quale la Tavola valdese potrà partecipare – con riguardo al riparto della quota dell'Otto per mille del gettito Irpef – all'ulteriore riparto delle somme risultanti dalle scelte inespresse assegnate in proporzione alle scelte effettuate dai contribuenti. La parola è così passata alla Camera, che si spera possa concluderne rapidamente l’esame, unitamente all’altro disegno di legge, riguardante l’intesa integrativa con le Chiese Battiste.
L’auspicio è che l’esito favorevole delle due leggi riguardanti le intese aggiuntive con la Tavola valdese e l’UCEI possa costituire il punto di avvio di una nuova fase di attenzione per le minoranze religiose, visto che – come già segnalato il 27 gennaio – attendono ancora di essere approvate con legge ben sei intese, siglate il 4 aprile 2007 (qualcuna già firmata in passato e nuovamente sottoscritta), tra lo Stato e le seguenti confessioni:
• Chiesa Apostolica in Italia;
• Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni;
• Congregazione cristiana dei testimoni di Geo.a;
• Sacra Arcidiocesi d’Italia ed Esarcato per l’Europa meridionale;
• Unione buddista italiana;
• Unione induista italiana.
Un'ultima considerazione: con la partecipazione anche della Tavola valdese alle scelte inespresse il lungo cammino dall'eccezione alla regola in materia di Otto per mille sembra ormai completamente compiuto: la partecipazione al riparto dell'8 per mille, prevista inizialmente per la sola Chiesa cattolica, è stata via via estesa alle altre confessioni religiose: alcune di queste ci sono arrivate da subito, al momento della stipula dell'intesa; altre (Tavola valdese, Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno  e UCEI) hanno compiuto un cammino più lento e sofferto, rifiutando in un primo tempo di accedere al riparto e siglando poi integrazioni alla intesa originaria. Soltanto l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia, tra le confessioni che hanno raggiunto un’Intesa con lo Stato, ha rinunciato ad avvalersi della partecipazione alla quota del gettito dell’8 per mille, anche se nello scorso giugno l’assemblea di tale Chiesa ha cambiato anch’essa orientamento, deliberando di negoziare con lo Stato la conseguente modifica all’intesa.
Può apparire paradossale parlare di cammino sofferto quando ci si riferisce ad una strada che conduce ad acquisire risorse, eppure così è stato: per alcune confessioni religiose – in primo luogo per valdesi ed ebrei – la deroga al principio fondamentale dell'autofinanziamento ha costituito un passo realisticamente necessario, ma epocale, che ha suscitato non pochi dissensi, anche se ha dato indubbiamente linfa vitale. Una linfa vitale che i valdesi si apprestano a vedere notevolmente accresciuta, grazie alla partecipazione all'ulteriore riparto delle somme risultanti dalla scelte inespresse.

Il quadro statistico, tratto dal sito www.governo.it, pur non aggiornato, consente di valutare come lo Stato e le diverse confessioni partecipino al riparto dell’8 per mille e quanto pesino le scelte inespresse (circa il 60 per cento della somma totale attribuita). In particolare ci dice che, nel 2004, la  decisione di rinunciare alle scelte inespresse è costata alla Tavola valdese quasi 6.900.000 euro: basterebbe questo dato a giustificare il cambio di rotta, optando infine anche per la partecipazione al riparto delle scelte inespresse. In proposito, il senatore Stefano Ceccanti, nel testo integrale della sua relazione sul disegno di legge approvativo dell’intesa integrativa in materia (purtroppo non pubblicata nel resoconto sommario della seduta), ha svolto un’interessante considerazione, che riporto integralmente: “A ben vedere questa evoluzione sembra alquanto logica. Infatti, per quanti si tratti di materia pattizia, quindi non coercibile unilateralmente, e per quanto allo Stato convenga obiettivamente che alcune confessioni facciano una scelta per così dire "rigorista", autoriducendo il proprio gettito potenziale che va a vantaggio dello Stato medesimo, non può non destare perplessità in termini di uguaglianza tra i contribuenti, il fatto che, venendo tali scelte a confluire in un medesimo meccanismo, l'opzione fatta da un contribuente si ritrovi a pesare molto di meno di quella di un altro, per di più senza che egli abbia obiettivamente effettiva conoscenza che si usano meccanismi diversi di calcolo. Infatti, a parità di scelte da parte dei contribuenti, visto che l'opzione è esercitata da poco meno del 40% degli aventi diritto, una confessione più "rigorista" si trova ad avere un gettito di meno della metà rispetto ad un'altra che abbia optato per il meccanismo più comprensivo. Sarebbe come se in una medesima elezione ad un partito politico venissero assegnati i seggi mettendo in concorrenza anche il partito del non voto (astenuti, bianche e nulle) e ad un altro invece col metodo tradizionale”.

Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane 
 
 
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Diverse notizie vengono dal Medio Oriente. In Libano c’è stato un attentato in cui ha perso la vita il secondo uomo della gerarchia di Al Fatah (Barbara Uglietti sull’Avvenire). Difficile darne la ragione. C’è chi parla di lotte di potere dentro Fatah (Laure Stephan sul Messaggero), chi lega l’attentato ai colloqui fra Fatah e Hamas per un governo palestinese unito (Matteo Alviti su Liberazione). La vittima era stata anche a capo dei servizi segreti dell’Olp, sostiene Luisa Arezzo su Liberal.
Un gruppo di “esperti” nominata dalla Commissione Diritti Umani dell’Onu ha condannato Israele per crimini di guerra durante l’operazione piombo fuso; l’operazione stessa è giudicata un crimine (Avvenire). Naturalmente i giornali della sinistra italiana ci marciano (Sara Volandri su Liberazione), ma nella trappola propagandistica si muovono tranquillamente anche giornali in teoria meno ideologici (per esempio Michele Giorgio sul Mattino). Il tenore del rapporto non fa meraviglia se si pensa che la Commissione in questione è la solita presieduta da Libia con l’aiuto di Cuba, Iran e Siria e che la commissione è presieduta da quel Richard Falk, tanto notorio nemico di Israele da essere espulso dal paese l’ultima volta che cercò di entrarci, prima della guerra. Lo stesso Falk, riferisce Picasso su Liberal, sostiene da anni che il rapporto di Israele coi palestinesi è un “genocidio”. Per capire il personaggio, pomposo ed evasivo, è utile leggere l’intervista che gli fa De Giovannangeli sull’Unità. A proposito di nemici di Israele, Il Corriere della Sera pubblica un’intervista con Roger Cohen, editorialista del New York Times, quel signore che è appena andato in Iran a raccontare come stiano benissimo e siano felicissimi gli ebrei rimasti in Iran, come gli ayatollah siano gente seria e pragmatica eccetera eccetera. Dice (suggerisce?) Coen che “il riconoscimento della Repubblica Islamica” e della sua rivoluzione che l’amministrazione Obama sta perseguendo la obbligherà a cambiare linea su Israele e a attenuare il suo appoggio “creando tensioni” con esso. Naturalmente per il bene di Israele stesso. Francesca Marretta di Liberazione sostiene che le trattative potrebbero coinvolgere anche Hamas. Interessante il commento del ministro Frattini sulla Stampa, che sembra minimizzare il pericolo delle aperture di Obama. Chi voglia vedere lo scambio di messaggi fra Obama e la “guida” dell’Iran li trova sul Jerusalem Post.
Il Corriere racconta della macabra operazione di propaganda allestita da Hamas a Gaza in risposta alla tenda eretta dai genitori di Shalit a Gerusalemme per chiedere la liberazione del figlio. A Gaza c’è una gabbia che richiude una sagoma di Shalit e l’impegno a non liberarlo se non dopo che tutti i prigionieri palestinesi richiesti saranno rilasciati. Pienamente condivisibile il commento indignato di Michael Sfaradi sull’Opinione.
Per quanto riguarda il governo israeliano, lo Shaas ha firmato l’accordo con il Likud (la notizia è su Avvenire e Osservatore romano); il partito di Netanyahu ora sta discutendo con il partito laburista (Viviana Mazza sul Corriere). le ultime notizie di stamattina sono che un accordo sembra possibile, Questo pomeriggio si riunisce il comitato centrale del partito laburista per decidere (De Giovannangeli sull’Unità). Se l’operazione riuscirà, bisognerà dire che si tratta di un “governo di emergenza (Bar Yosef su Haaretz)
E’ molto interessante e da meditare per tutti il commento alla situazione politica israeliana di A.B.Yehoshuah, uno dei grandi intellettuali della sinistra israeliana, pubblicato sulla Stampa. Scrive fra l’altro: “Ritengo che il drammatico voltafaccia degli elettori della sinistra sia probabilmente di origine emotiva. Senza rinunciare alle speranze di pace, molti di loro hanno espresso in questo modo la disapprovazione verso il tono cinico, lamentoso e ferocemente critico nei confronti dello Stato e delle sue istituzioni recentemente adottato da portavoce e giornalisti della sinistra (soprattutto da quelli di Haaretz, il più importante quotidiano liberale di Israele)” […] Nell'opinione pubblica si è diffusa la sensazione che tali personaggi avessero perso li naturale senso di solidarietà col loro popolo e soprattutto con gli abitanti del Sud di Israele, bersagliati dal fuoco di Hamas dalla striscia di Gaza. Talvolta sembrava che i loro attacchi velenosi non fossero rivolti a questa o quella decisione del governo ma si unissero alle critiche della sinistra mondiale verso la legittimità stessa di Israele. La negazione dell'ideale di uno Stato ebraico è infatti comune a circoli religiosi ultraortodossi e alla sinistra antisionista. […] Ritengo per che se la sinistra israeliana non vuole scomparire alle prossime elezioni deve farsi un approfondito esame di coscienza, non solo a livello politico e organizzativo ma anche a livello emotivo e spirituale.”

In Italia continua la polemica sui giochi del Mediterraneo a Pescara da cui sarà escluso Israele. Il commissario straordinario Mario Pescante scrive a Libero per difendersi, ma il giornale ribadisce le sue critiche con una chiarissima opinione di Davide Giacalone (ancora su Libero) e una cronaca di Andrea Valle (sempre su Libero). Sull’argomento intervengono anche polemicamente L’Avanti con un corsivo di Aldo Chiarle e La Voce repubblicana con un altro corsivo firmato con lo pseudonimo Candide. Il Foglio pubblica una lettera molto critica del senatore radicale Mario Perduca.
Si riapre anche la discussione sulla filmografia sulla Shoà: l’ex presidente del Parlamento europeo e reduce dai campi critica di nuovo Benigni per “La vita è bella” e anche “Schindler list” di Spielberg (fra le molte cronache, Danilo Taino sul Corriere) e sempre sul Corriere le risponde lo sceneggiatore Cerami.
Vi sono state ieri le celebrazioni per l’anniversario delle Fosse Ardeatine, con un corteo di studenti e la partecipazione del sindaco  Alemanno. Ne parlano tre articoli sull’edizione romana di  Libero (Mille studenti in corteo per ricordare l'eccidio, L'addio a Marisa, superstite silenziosa dell'inferno, Alemanno visita la Sinagoga e il Sacrario. Per l’occasione Il Tempo intervista Rosario Bentivegna, partigiano che partecipò all’attentato di Via Rasella, in rappresaglia del quale i nazisti decisero la strage. “Fu un legittimo atto di guerra”, rivendica Bentivegna, contro tutte le polemiche sollevate a proposito. Sempre sul Tempo l’articolo è affiancato da un commento di Giuseppe Sanzotta.
Le Monde racconta la vicenda del comico Dieudonné, già protagonista di numerosi incidenti antisemiti, come l’invito al negazionista Faurisson a partecipare a un suo spettacolo: ora ha deciso di candidarsi al parlamento europeo con una “lista antisionista”: uno dei tanti piccoli segnali d’allarme che si infittiscono per tutta l’Europa.
Da leggere, fra le opinioni, quella di Arrigo Levi sulla Stampa che si pone, come non cattolico  a sostegno della volontà di dialogo del Papa.

Ugo Volli 

 
 
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Mo: marcia di protesta a Um el-Fahem            
Tel Aviv, 24 mar -
Si è conclusa mezz'ora dopo l'inizio la manifestazione organizzata da estremisti ebrei di destra nella città araba di Um el-Fahem (nel Nord di Israele). Gli ultras progettavano di percorrere una strada della città sventolando bandiere israeliane, nell'intenzione di ribadire la necessità che la popolazione locale mantenga un rapporto di lealtà verso lo Stato ebraico.
Da parte sua il municipio di Um el-Fahem aveva replicato che mentre gli ebrei sono i benvenuti in città, "quegli estremisti vengono solo per compiere una provocazione e dunque non potranno avere accesso". La marcia del centinaio di dimostranti è stata protetta da vicino da due autobus blindati. Agenti della polizia sono stati costretti a ricorrere a gas lacrimogeni per tenere la popolazione araba a distanza di sicurezza.Si ha notizia di alcuni contusi, fra i quali il vicecapo della polizia israeliana, Shar Ayalon, e il deputato Ilan Ghilon del partito di sinistra Meretz.

Nuovo governo israeliano, l'intesa Barak-Likud
Tel Aviv, 24 mar -
Accordo di governo raggiunto fra il premier designato Benyamin Netanyahu (Likud) e il leader laburista Ehud Barak. Fra i punti concordati, secondo il sito Ynet del quotidiano Yediot Ahronot: Israele metterà a punto un accordo generale di pace e di cooperazione nel Medio Oriente; Israele si sente vincolato dagli accordi politici e internazionali sottoscritti dai governi passati; Il governo aspirerà a raggiungere accordi di pace con ciascuno dei vicini di Israele; Il ministro della Difesa (Barak) sarà partner paritetico nella conduzione del processo di pace e farà parte del 'forum' ristretto per le decisioni di carattere politico, di sicurezza ed economico; Il governo imporrà la legge sia negli avamposti illegali (dei coloni in Cisgiordania) come nelle zone palestinesi dove esiste edilizia illegale. Al termine dell'incontro con gli esponenti del Likud, il ministro laburista Shalom Simhon ha dichiarato che anche sul piano economico e sociale sono stati ottenuti dal suo partito “successi molto significativi, forse storici”. Nel pomeriggio sarà discusso dalla leadership del partito laburista (dove permangono resistenze molto forti), l'accordo di Barak con il Likud.


 
 
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