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L'Unione informa |
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29 marzo 2009 - 4 Nissan 5769 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Sull'altare
del Santuario di Gerusalemme, a suo tempo, era sempre acceso un fuoco.
Difficile capirne la funzione, visto che i sacrifici venivano
"divorati" da un fuoco celeste. Alcuni commentatori spiegano, però, che
in generale non c'è movimento dall'alto se l'iniziativa non parte dal
basso. Come gli angeli del sogno di Giacobbe, che salgono e scendono sulla scala che porta a Dio. |
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Nella
settimana appena trascorsa, molti hanno predicato. Nel gran vociare che
si è fatto sia sul diritto da ripristinare sia sulla vita da
salvaguardare, non avrebbe guastato recedere dalle proprie certezze e
lasciare lo spazio a una riflessione pacata, lasciando il proprio “Io”
un po’ indietro e considerando l’esperienza del dolore degli altri. Per
esempio tentando di riflettere e, se non fosse chiedere troppo, di
replicare a quanto segue: “Certamente sai che chiunque mi libererà da
questa vita mi sottrarrà a una grande pena. Non so che cosa mi
succederà dopo, ma non ho dubbi su ciò da cui sarò liberato. Ogni vita
infelice ha una fine serena e chiunque compatisca e soffra per le
angosce degli altri, se davvero ama coloro dei quali vede l’angoscia e
se davvero è attento non tanto ai suoi desideri, ma a quelli di coloro
che soffrono, desidera soltanto che le pene dei suoi cari finiscano,
anche se proverà dolore per la loro scomparsa”. Chi scrive non è
un teen ager deluso, o un individuo digiuno di morale. E’ Abelardo in
una delle lettere a Eloisa, scritta più o meno otto secoli fa. Non
c’entra la secolarizzazione o l’abbassamento dei costumi. C’entra la
capacità di farsi domande, e di darsi delle risposte che aprano a nuove
domande. La settimana scorsa non c’era tempo. O, forse, l’esperienza
del dolore era altrove. |
David Bidussa, storico sociale delle ideee |
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davar |
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Testamento biologico - Devono essere tenuti in conto i valori espressi da tutte le identità
Da
liberale e da ebreo credente non ho bisogno di una legge per seguire
ciò che mi detta la mia coscienza e che mi viene indicato dalla
Tradizione: ho bisogno invece di una legge che consenta a ogni
cittadino di determinare la propria volontà liberamente ed in ossequio
ai propri valori. Non è ciò che si profila in Italia dopo il voto sul
testamento biologico e anche il richiamo del ministro Sacconi ai soli
valori cristiani, quasi che altri credenti o non credenti non
disponessero di etica e morale, appare fuori luogo. Confido in un
referendum attraverso il quale ridare a ciascuno il diritto e la
responsabilità delle proprie scelte.
Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Beni da salvare 9 - Yoram Ortona “Queste le emergenze del patrimonio artistico ebraico”
“E’
inutile negarlo, le situazioni d’emergenza nei beni culturali ebraici
in Italia non sono poche: nei giorni scorsi ho fatto un sopralluogo
alla sinagoga di Pisa che ha subito gravi danni al tetto, alla volta e
alle strutture a causa d’infiltrazioni d’acqua piovana”. Ad affermarlo
è l’architetto Yoram Ortona, consigliere Ucei con delega alla Giornata
europea della cultura ebraica e ai beni culturali, confermando così un
quadro emerso dai numerosi articoli apparsi su “moked.it”. Fino a
qualche mese fa Ortona si è occupato del centro-nord, ora la delega si
è ampliata anche al meridione. “Sono felice – dice - che Trani,
nota località della Puglia dove si è formata di recente una
piccola comunità ebraica integrata nella circoscrizione di
Napoli, sia stata proclamata città capofila per la prossima edizione
della Giornata Europea della Cultura ebraica che si terrà il 6
settembre. Sarà un'ulteriore occasione per far conoscere al pubblico la
storia della presenza ebraica nel sud d’Italia e per riscoprire
l’antica sinagoga Scola nova, finalmente restituita agli ebrei di
Trani”. "I beni culturali sparsi in tutta la penisola - dice
infatti Ortona - appartengono non solo alla comunità ebraica, la più
antica della diaspora, ma per le specificità peculiari della nostra
storia sono importanti anche per l’intero patrimonio artistico
italiano”. “Si tratta di beni – continua l’architetto Ortona – che vanno salvaguardati e tutelati nel tempo. Un impegno che richiede investimenti notevoli e grandi capacità professionali, tecniche
e umane, senza le quali i diversi progetti non potrebbero neppure
decollare. Da questo punto di vista il ministero dei Beni culturali e
le varie Sovrintendenze sparse sul territorio nazionale hanno una
funzione fondamentale e prioritaria e si adoperano con grande
attenzione e professionalità”. L’impegno delle istituzioni è affiancato dal ruolo dell’Ucei e della Fondazione dei beni culturali ebraici, di cui Ortona è vicepresidente, che indirizzano le proposte, le linee guida e le priorità d’intervento su scala nazionale, in piena sinergia con le istituzioni. In questo quadro s’inseriscono i numerosi interventi realizzati negli ultimi tempi, soprattutto grazie ai finanziamenti della legge 175 dedicata proprio alla tutela del patrimonio ebraico. “L’ammontare dei progetti pervenuti all’Ucei – dice Yoram Ortona - supera di gran lunga l’entità dei fondi disponibili. Purtroppo nel 2009 i finanziamenti previsti dalla 175 sono stati ridotti del 25 per cento e la somma totale destinata quest’ anno alle nostre comunità sarà appena di 1 milione 545 mila euro".
Tra i restauri più significativi già realizzati, oltre a quelli di cui già si è parlato su “moked.it”,
vanno ricordati la manutenzione straordinaria del cimitero ebraico di
Mantova; il completamento del restauro degli arredi lignei di Urbino e
di Senigallia nelle Marche e di diversi sifrè torà sotto la
supervisione del rav Amedeo Spagnoletto. Altri interventi
riguardano l’adeguamento degli impianti nella sinagoga di Trieste,
l’inizio dei lavori in quella di Napoli e alcuni progetti di restauro
ad Ancona. Tra gli interventi urgenti da avviare, oltre a quello di
Pisa, si segnalano invece, a Venezia, il restauro dell’ingresso e del
vano scale d’accesso della Sinagoga spagnola oltre al sistema
antincendio del Museo ebraico e delle sinagoghe Tedesca e Canton. Oltre
ai finanziamenti della legge 175 qualche progetto attinge ai fondi
dell’8 per mille destinati all’Ucei. E’ il caso, quest’anno, di un
progetto-pilota sulla catalogazione dei beni culturali cui sarà
assegnato a luglio un primo stanziamento. “Per tutelare il nostro patrimonio - afferma Ortona - è fondamentale sensibilizzare il Parlamento, le forze politiche e gli enti locali, oltre alle associazioni no profit e gli istituti di credito al fine di ottenere i finanziamenti per gli interventi di restauro e conservazione”. “In particolare - sottolinea l’architetto – desidero ringraziare per il loro impegno gli onorevoli Alessandro Ruben e Emanuele Fiano che svolgono un ruolo importantissimo anche dal punto di vista della legislazione in materia di beni culturali ebraici”.
La salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali ebraici è
importante per la vita delle comunità. “Ed è giusto oltre che civile –
conclude Yoram Ortona - far conoscere al pubblico non ebraico questo
enorme patrimonio architettonico, artistico, storico e religioso
diffondendo la nostra secolare cultura ebraica anche come strumento di
lotta e come antidoto al pregiudizio e all’antisemitismo”.
Piera Di Segni
Verso Pesach - La Pasqua ebraica e quella cristiana Chi stabilisce la festa e la sua libertà
La festa di Pesach ha destato, per vari motivi, l'opposizione di molti governi, sotto cui si
sono trovati gli ebrei; per il periodo adrianeo leggiamo nella Mechilta
derabbì Ishmael: "Rabbi Natan dice: …Per quelli che amano i Miei
Comandamenti. . . si riferisce agli Ebrei che vivono in Terra d’Israele
e che rischiano la loro vita per i Comandamenti... Perchè mai
vai ad essere crocifisso? – Perchè ho mangiato il pane azzimo…". In
questo caso il divieto delle matzot fa parte di una serie di divieti di
osservanza delle mitzvot da parte dell'autorità romana. La
problematica cambia nell'Impero romano cristiano: se per gli Ebrei la
festa di Pasqua ricorre ogni anno il 14 del mese di Nissan per
celebrare l'uscita dall'Egitto, la Pasqua cristiana commemora invece la
passione e la risurrezione di Gesù, che secondo la tradizione cristiana
ebbero luogo proprio durante la Pasqua ebraica. Per questo motivo la
Chiesa delle origini trovava perfettamente naturale fissare la data
della Pasqua secondo quella ebraica. In tale epoca gli ebrei non
avevano però un calendario lunare fisso, come oggi. Ogni volta si
fissava l'inizio del mese a seconda dell'apparizione della nuova luna.
I testimoni e alcuni padri della Chiesa trovarono ben presto
insopportabile che si dovesse aspettare che i Rabbini avessero fissato
la data del nuovo mese per poter essi stessi fissare la data della loro
Pasqua. Quando la festa fu introdotta a Roma la celebrarono la domenica
dopo la Pasqua ebraica, come ad Alessandria. Dopo numerose
discussioni fra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente, la questione
fu portata al Concilio di Nicea che minacciò punizioni per quei
cristiani che celebrassero la loro Pasqua nello stesso tempo della
Pasqua ebraica. Il problema fu affrontato in altri Concili della Chiesa
ma era evidentemente di difficile soluzione e sembra essere
ancora attuale al tempo di Giustiniano tanto che l'onnipotente
imperatore vuol porvi fine una volta per tutte. Nel 543 egli
decretò, stando almeno a Procopio, che gli ebrei non potessero
celebrare la loro Pasqua altro che dopo la Pasqua cristiana, per
evitare così che i cristiani partecipassero al Seder degli Ebrei. “E non permetteva neppure di fare la loro offerta a D-o, nè il compimento di ogni cerimonia, secondo i loro propri costumi. E molti di loro sono stati perseguitati dalle autorità per aver mangiato carne d’agnello, con lorde ammende, sotto il pretesto di violazione delle leggi dello Stato”. Abbiamo qui senza dubbio
una grave offesa alla libertà delle feste ebraiche: oramai si tratta di
un’osservanza tollerata, sottoposta sempre all’arbitrio di questo o
quell’Imperatore.
Alfredo Mordechai Rabello, giurista - Università Ebraica di Gerusalemme
Nel sito moked.it una pagina speciale, costantemente aggiornata, dedicata a Pesach, con istruzioni, pensieri e link.
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Noterelle - Giuseppe Mazzini e gli “stolidi buoni”
Vorrei
dedicare questo mio primo testo, anacronisticamente, a Giuseppe
Mazzini, alle sue amicizie ebraiche, i Nathan-Rosselli, gli Usiglio,
Angelo soprattutto, detto amichevolmente “il mio Angelo custode”
(compare quasi in ogni lettera alla madre, quando descrive i suoi
sforzi per trovare a Londra un’abitazione e poi un lavoro).
Contrariamente a quanto solitamente si dice, Mazzini possedeva sense of
humour, ma anche pregiudizi verso gli ebrei. Per esempio confida alla
madre il dubbio di venire avvelenato la prima volta in cui viene
invitato a desinare in casa degli antenati dei fratelli Rosselli (“Non
mangerò se non dopo ch’essi avranno mangiato, porterò con me
contravveleni”). I modi per definire gli ebrei in Italia mi
incuriosiscono sempre. Gli stolidi buoni, scrive Mazzini. Gli stolidi
buoni. Trovo seducente, ancorché enigmatica, questa espressione scelta
per la cerchia londinese dei Rosselli. Gli stolidi buoni. Così,
il 10 dicembre 1840, a proposito di Usiglio, si dice che aveva trovato
aiuto “precisamente in quella famiglia di stolidi buoni dei quali v’ho
raccontato il pranzo; gli frutta poco ma siccome sono buona gente, e
pare gli prendano affezione, spero che andrà migliorando più sempre la
sua posizione”. Nel clima, spesso avvelenato, del dialogo odierno
fra ebrei e cattolici trovo bellissima questa formula. Stolidi, non
perfidi. Soprattutto, “buoni”. Non mi sembra abbia perso d’attualità,
anche se qualcuno la troverà maliziosa. Gli ebrei italiani sono
diventati più irritabili, forse perché scarseggiano amici dotati, al
pari di Mazzini, di affezione ed eguale senso dell’umorismo.
Personalmente non mi offenderei se qualcuno dicesse dei miei libri - o
delle cose che verrò scrivendo su queste colonnine - che sono opera di
“uno stolido buono”.
Alberto Cavaglion
Rotschild Boulevard - Murdoch e il cibo cinese Il segreto degli ebrei di New York
Perché
proprio il cibo cinese? Ho cominciato a pensarci quando ho letto del
discorso di Rupert Murdoch, che lo scorso 4 marzo ha ritirato un premio
per le “relazioni umane nazionali” dall'American Jewish
Committee. Il magnate dei mezzi di comunicazione, che ebreo non è, ha
attaccato il suo discorso di ringraziamento con una battuta: “Negli
ultimi anni, alcuni dei miei critici più feroci hanno dato per scontato
che in fossi ebreo, mentre alcuni dei miei migliori amici si auguravano che lo fossi” ha detto Murdoch. Che poi ha aggiunto: “E in effetti vivo a New York, ho una moglie che adora il cibo cinese. E persone di cui mi fido mi dicono che praticamente costituisco la concreta applicazione della parola chutzpah”. Ora, Murdoch ha tirato in ballo (scherzando, s'intende) i tre cliché molto comuni sull'identità
moderna ebraico-americana. Su New York e la chutzpah, nulla da dire. Ma
il cibo cinese? Quello degli ebrei, specie a New York, che “adorano il
cibo cinese” è uno archetipo vecchio quasi un secolo. Va bene, ma da
dove viene? Cercando qua e là, ho scoperto che la questione ha incuriosito alcuni sociologi, ed è stata oggetto persino di discussioni accademiche. Gaye Tuchman (docente presso l'Università
del Connecticut) e Harry G. Levine (del Queens College di New York) ci
hanno dedicato uno studio, pubblicato anni fa sul “Journal of
Contemporary Ethnography”. L'articolo, intitolato “Safe treyf, New
York, Jews and chinese food”, nota che “gli ebrei immigrati dall'Europa
orientale, e ancora di più i loro figli e nipoti, hanno incorporato il
cibo dei ristoranti cinesi nella propria nuova cultura
ebraico-americana (…) al punto da farne la propria seconda cucina di
riferimento”. La spiegazione, sostengono i due sociologi, sta nella
storia dell'immigrazione: ebrei, italiani e cinesi arrivarono a New
York più o meno nello stesso periodo; più degli altri due gruppi, i
membri della comunità ebraica (molti venivano dalle città) erano più
avvezzi a mangiare fuori casa. Perché hanno scelto i locali cinesi e non quelli italiani, allora? In parte, sostengono Tuchman e Levine, perché i ristoratori cinesi cercavano di attirare anche clienti al di fuori della loro comunità, mentre i ristoratori italiani all'inizio cercavano di attirare quasi solo clienti italiani. Poi i locali italiani spesso avevano in bella mostra immagini sacre cattoliche, mentre i ristoranti cinesi erano privi di riferimenti religiosi: di conseguenza i clienti ebrei potevano sentirsi più a casa. Resta la questione della kasherut. E qui si spiega il titolo “Safe treyf” (non kasher, ma “sicuro”): i due sociologi sostengono infatti che gli immigrati ebrei di seconda generazione
spesso non rispettavano le regole alimentari, ma per abitudine
“provavano un disgusto” istintivo per carne di maiale e frutti di mare.
Ingredienti di cui abbondano e la cucina italiana e la cucina cinese. La differenza, sostengono gli autori dello studio, è che il cibo cinese è sempre stracotto e tagliato in piccoli pezzi: “Poteva essere mangiato dagli ebrei ribelli, perché le sostanze proibite erano così ben nascoste che non sembravano più così repellenti”. Un
tantino forzato? Probabilmente sì. Seguono pagine e pagine di
riflessioni accademiche sul valore culturale dell'agrodolce e dello
stracotto. Sarà. Io preferisco la spiegazione di una vecchia amica di
Filadelfia. Quando le hanno chiesto perché gli ashkenaziti americani
amano tanto il cibo cinese, lei ha risposto: “Vi sembra meglio il
gefiltefish?”
Anna Momigliano
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rassegna stampa |
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Rassegna stampa piuttosto scarna, quella di oggi. Sul Corriere della sera trova
un certo rilievo, in un articolo a firma di Francesco Battistini, la
notizia del risarcimento richiesto da un giudice degli Stati Uniti alla
Repubblica islamica d'Iran per l’assassinio del diciannovenne Nach
Wachsman, israeliano con doppia cittadinanza americana, che nel ’94
venne rapito e ucciso da un gruppo di terroristi addestrati e sostenuti
dall’Iran. Una sentenza simbolica, scrive Battistini, visto che “in tre
anni d'udienze, nessun rappresentante di Ahmadinejad s'è mai presentato
in aula”, ma senz'altro molto significativa. Da leggere, sul Manifesto,
l’articolo di Michele Giorgio dedicato alla controversa tramvia in
costruzione a Gerusalemme, un’opera da circa 600 milioni di euro in
certo senso emblematica delle contraddizioni religiose e politiche
d’Israele. Sul Sole 24 ore Ugo
Tramballi propone invece un’intervista a Mario Vargas Llosa a partire
dalle posizioni espresse nel nuovo libro dello scrittore, “Israele o
Palestina – Pace o guerra santa”, frutto di un viaggio compiuto nel
2005 dopo il ritiro da Gaza di cui il Corriere ieri aveva fornito
un’ampia anticipazione. Sul fronte culturale si segnalano infine
sul Sole 24 ore la recensione di Giulio Busi al libro della storica Anna Foa “Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento” e, ancora sul Sole 24 ore uno
stralcio dell’introduzione di Gian Maria Vian, direttore
dell'Osservatore romano al suo libro di prossima uscita “In difesa di
Pio XII. Le ragioni della storia”, dedicato a quello che negli ultimi
due anni è uno dei temi più delicati nel dialogo tra ebrei e cattolici.
Daniela Gross |
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notizieflash |
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Peres, “il nuovo governo proseguirà il processo di pace” Gerusalemme, 29 mar Il
nuovo governo guidato da Benjamin Netanyahu, "proseguira' il processo
di pace". Lo ha affermato in un’intervista alla radio israeliana il
presidente Shimon Peres in risposta all’appello lanciato dall’Unione
europea affinché il governo si impegni per la creazione creazione di
uno stato palestinese. "Il nuovo governo è vincolato alle decisioni di
quello precedente” – ha spiegato Peres che ha aggiunto che “vi sarà una
continuita' anche nel processo di pace”. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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