se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui |
|
|
 |
|
L'Unione informa |
|
|
|
30 marzo 2009 - 5 Nisan 5769 |
|
|
|
| |
|
alef/tav |
|
|
 |
|
 |
Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Abbiamo iniziato questo sabato la lettura del terzo libro della Torà, il Levitico, Waiqrà
in ebraico, dalla prima parola del testo. Proprio il modo in cui questa
parola è scritta ha destato la curiosità dei commentatori. Perché la
lettera alef finale di waiqrà
compare nei rotoli manoscritti in un corpo più piccolo. Mistero da
decodificare, con molte soluzioni. Partendo dal presupposto che
l'espressione waiqrà el Moshè,
"[il Signore] chiamò Moshè" indichi una rivelazione divina continua e
un atto di particolare predilezione nei confronti di Moshè, le
spiegazioni prevalenti si concentrano sul senso della chiamata e della
rivelazione; per alcuni l'alef (prima lettera dell'alfabeto, dal valore
numerico uguale ad uno) rappresenta l'essenza divina che rivelandosi e
comunicando con gli uomini necessariamente si riduce; per altri è Moshè
che scrivendo di suo pugno la Torà si dichiara non degno di tanta
attenzione e modestamente cerca di ridurre l'impatto di tanta
attenzione nei suoi confronti. Ma un geniale commentatore italiano,
Shemuel David Luzzatto, riduce tutto quanto a una semplice spiegazione
grafica: essendoci due lettere uguali affiancate, la alef di waiqrà e la alef di el,
una prima scrittura stenografica ha sostituito con un segno grafico o
eliminato la prima alef, per rimetterla in secondo momento in uno
spazio ormai ridotto in piccole dimensioni. Abbiamo la spiegazione
semplice e razionale davanti ai voli dell'esegesi morale e mistica. Chi
ha ragione? Qualcuno, tutti o nessuno? Una cosa è certa, che si può
volare, ma partendo con i piedi per terra.
|
 |
Ricordate
le foto delle ragazzine afgane che tornavano a scuola sorridenti nel
2002, dopo la prima fase della guerra in Afganistan, quando i talebani
sembravano sconfitti? Ricordo la gioia di quelle immagini, ricordo di
averle mostrate alle mie nipotine per far loro capire che andare a
scuola poteva essere una libertà grandissima. Sette anni dopo, si
succedono le notizie di donne sfregiate con l'acido perché osano andare
a lavorare, di bambine assassinate mentre vanno a scuola. L'idea di una
sia pur minima uguaglianza fra i sessi è annegata nella violenza più
selvaggia. E noi ci facciamo di nuovo poco caso. Come si può discutere,
stringere patti, fare contratti economici con chi tiene in catene le
sue mogli e le sue figlie? La condizione delle donne nei paesi islamici
non appartiene al campo delle usanze, delle differenze culturali, ma a
quello dei diritti umani essenziali. La tragedia della guerra che
alcuni paesi islamici conducono contro le loro figlie è un problema di
tutti noi.
|
Anna Foa,
storica |
 |
|
|
 |
|
|
torna su |
davar |
|
|
|
|
Giornale nazionale: una priorità e un'occasione da non perdere
L'approvazione
da parte del Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
aperto ai Presidenti di Comunità, che si è tenuto a Livorno lo scorso
15 marzo, del progetto di un giornale ebraico nazionale, capace di dare
forza e risalto all'identità e alle idee di tutti gli ebrei italiani,
nel rispetto delle autonomie locali, della pluralità delle opinioni e
delle diverse identità di cui è composta la realtà ebraica italiana, ha
suscitato in questi giorni numerose reazioni, interrogativi e persino
indiscrezioni apparse su organi nazionali di informazione. Ritengo
utile diffondere queste brevi note sia per ringraziare tutti gli amici
che hanno manifestato interesse nei confronti dell'iniziativa, sia per
rispondere ad alcuni interrogativi che una novità così significativa
porta inevitabilmente con sé, sia per rettificare alcuni dati del tutto
distorti che sono stati diffusi. Più precisamente, ritengo che sia
necessario proseguire senza indugi sulla strada della realizzazione di
un giornale ebraico nazionale che parli contemporaneamente agli ebrei
italiani dovunque essi si trovino, nelle comunità maggiori o isolati
nei luoghi più reconditi, e all'intera società italiana; che
contribuisca a mantenere aperto il dialogo all'interno del mondo
ebraico italiano e internazionale e verso la società civile di cui
siamo parte integrante. I principali obbiettivi che il giornale si
propone sono di trovare ascolto fra gli italiani che per motivi
culturali, professionali o politici sono chiamati ad assumere
importanti decisioni (parlamentari, giornalisti, professionisti,
esponenti del mondo della cultura e dell'economia) e di dialogare con
le decine di migliaia di cittadini che ogni anno sottoscrivono
l'opzione dell'Otto per mille, indispensabile fonte di finanziamento e
garanzia di sopravvivenza e di autonomia delle realtà ebraiche italiane. Sarebbe
un grave errore continuare a ignorare l'esistenza delle migliaia di
persone che ogni anno lanciano un tangibile segnale di presenza, di
vicinanza e di amicizia e che esprimono un desiderio di partecipare e
di sapere. Al tempo stesso tale giornale non potrà svolgere lo
stesso ruolo di altri organi di informazione comunitaria che si
rivolgono alla cerchia degli iscritti di una specifica comunità per
fornire loro informazioni e servizi insostituibili. Si tratta di
due realtà complementari, entrambe necessarie, che in ogni caso non
devono e non possono escludersi a vicenda, ma solo completarsi e
integrarsi. Ferma restando l'utilità e la necessità di procedere
su questa strada, rimangono da approfondire e da definire idee e
potenzialità che, nella realizzazione pratica del progetto, potrebbero
consentire una razionalizzazione delle procedure industriali, di
produzione, di distribuzione e di raccolta pubblicitaria. L'integrazione
tra la comunicazione per via telematica e quella attraverso la carta
stampata produrrebbe un immediato allargamento dei potenziali
destinatari, annullerebbe le distanze e ridurrebbe drasticamente i
tempi. Renderebbe possibile la creazione di una grande “community” di
amici e sostenitori fra i quali sviluppare lo scambio e la circolazione
delle idee e delle notizie. Costituirebbe un prezioso strumento capace
di reagire con la vivacizzazione e con l'intensificazione degli scambi
alla preoccupante tendenza discendente nel numero degli iscritti alle
Comunità ebraiche. Sono infatti convinto che la principale possibilità
di recupero sia legata alla creazione di una fitta rete di contatti
capillari, possibile attraverso l'uso dei mezzi più moderni, che
ci permetta di individuare e raggiungere, prima che sia troppo
tardi, coloro che manifestano la tendenza ad allontanarsi. Per
tutti questi motivi, considero la realizzazione di questo giornale una
priorità e un'occasione, forse irripetibile, che non può essere perduta. Le
finalità che il giornale dovrà perseguire sono così importanti che dal
loro raggiungimento potrebbe dipendere la qualità del futuro che ci
attende.
Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Speciale Pesach 5769
Un pensiero rabbinico: La riconoscenza di Moshè Rabbenu Abbiamo visto ieri (vedi il pensiero Le 10 piaghe e la loro sigla pubblicato
su moked.it) come la struttura del racconto della Torà delle 10 piaghe
che colpirono gli egiziani sia modulare, con temi e motivi che tornano
con un ritmo e un significato preciso. Tra questi motivi c’è anche il
ruolo di Moshè e Aharon. Le prime tre piaghe sono scatenate da Aharon;
la settima, ottava e nona da Moshè; la sesta da Moshè e Aharon insieme;
le altre dal Signore direttamente. Perché questo cambio di soggetti, e
perché in particolare Moshè in alcune circostanze si astiene dal
prendere parte attiva in un processo che deve portare alla salvezza del
popolo ebraico? L’esame attento del racconto serve a spiegare queste
domande e la risposta in questo caso è di tipo psicologico e morale,
facendo risaltare costanze e contrasti. Una delle principali differenze
fra Moshè e il Faraone è la riconoscenza: quando il Signore si serve
per le piaghe di elementi che hanno consentito a Moshè di sopravvivere
(il Nilo, da cui era stato salvato alla nascita, o la terra, che aveva
nascosto l’egiziano che Moshè aveva ucciso) la piaga (il sangue nel
Nilo, le rane dai fiumi, i pidocchi dalla terra) arriva per mezzo di
Aharon. Ugualmente quando il Signore dirà a Moshè di attaccare la terra
di Midian (Bemidbar 25:17), dove Moshè trovò rifugio, inseguito dal
Faraone, questi se ne asterrà, incaricando Pinechas. Moshè mostra
riconoscenza non solamente nei confronti di una popolazione (Midian),
che era stata benevola con lui, ma persino nei confronti di elementi
inanimati. Il Faraone, al contrario, sembra essere animato da un
sentimento completamente opposto; la Torà ce lo presenta come colui che
non conosceva Yosef, che tanto aveva fatto per salvare dell’Egitto dal
tracollo economico. Da questa forma di negazione ne deriva una ben più
grave: il Faraone persisterà a lungo a misconoscere il Signore, e le
dieci piaghe, oltre a salvare Israele, convinceranno il Faraone del suo
grossolano errore.
  
(Immagini tratte dall' Haggadà di Pesach curata da Lea Campos e Riccardo Di Segni, Carucci Editore)
Guida alle regole: Medicine e Pesach Ogni
farmaco può porre problemi di kasherut in tutto il corso dell’anno, che
a Pesach si complicano ulteriormente, perché vi sono dei divieti
speciali che riguardano il chametz: non solo mangiarlo, ma anche
goderne e tenerlo in casa; le medicine posso contenere chametz in varie
forme. Per fare un esempio, l’amido è presente in molte compresse; può
derivare dal mais, che rientra nella categoria dei kitnyiot (legumi e
simili), ma può essere ricavato dai cereali, e allora è chametz. Per
rispondere alle numerose domande bisogna considerare diversi aspetti:
la gravità della malattia (in genere si distinguono tre livelli: il
pericolo di vita, una malattia che impedisce di lavorare e un disturbo
di lieve entità), la modalità di somministrazione del farmaco (orale
per deglutizione o con avvertimento del sapore, o non orale come
endovenosa, intramuscolare, spray, supposte, cutanea ecc.), la quantità
e qualità della sostanza presente nel farmaco (se è chametz vero e
proprio o un suo derivato, se è visibile, se è riconoscibile per il suo
sapore). Si pongono pertanto numerosi differenti interrogativi che
richiedono competenze specifiche. In linea di massima valgono queste regole di comportamento: -
Nessuno è autorizzato a decidere per conto proprio, interrompendo
l’assunzione di medicine, pensando in questo modo di rispettare le
regole religiose. Le regole religiose prescrivono anche di tutelare la
salute e non incorrere incautamente in rischi non necessari. Ogni
decisione deve essere preceduta da una consultazione con il medico, che
deve chiarire se e quando è necessario il farmaco, se può essere
interrotto o sostituito da altri o da altre vie di somministrazione. In
base a queste informazioni si consulta un rabbino. - L’opinione
prevalente è che tutte le compresse, con e senza chametz che si
inghiottiscono senza avvertirne il sapore siano permesse. Rientrano in
questo ambito i farmaci antiallergici, antidolorifici, antireumatici,
antiacidi (non masticabili), antidiarroici. C’è chi è più rigoroso e
non si ferma a questo permesso generico, ma chiede che il prodotto sia
controllato. Se il prodotto non compare nelle liste controllate,
consultare un rabbino. - Le vitamine e gli integratori alimentari,
tranne in casi molto specifici e gravi, non sono considerate come
farmaci e necessitano di controllo per poter essere autorizzate. A
parte il chametz, questi tipi di prodotti sono molto spesso di origine
proibita in tutto il corso dell’anno. Casi particolari in cui chiedere
istruzioni sono la gravidanze e l’età neonatale. - Le medicine in
forma liquida, solubile in liquidi aromatizzati o masticabile, di cui
si avverte il sapore e che possono contenere il chametz richiedono una
verifica con il curante (necessità/sostituibilità) e l’opinione
rabbinica. - Il divieto ashkenazita dei derivati dai kitnyot non riguarda il loro uso come medicine. Pomate, lozioni, supposte, gocce oculari, cerotti cutanei sono permessi.
Negli
Stati Uniti, in Francia e in Israele vengono pubblicate liste di
farmaci controllati per Pesach. La lista francese e quella israeliana
sono consultabili alla pagina Informazioni utili
di moked.it. Se il nome del prodotto (che deve essere della stessa
ditta produttrice) corrisponde a quello in commercio in Italia si può
ragionevolmente presumere che siano prodotti identici e quindi
permettere il prodotto italiano.
Nel sito moked.it
una pagina speciale, costantemente aggiornata, dedicata a Pesach, con
istruzioni, pensieri e link.
|
|
|
|
|
torna su |
pilpul |
|
|
|
|
La tradizione, anima universale e permanente della coscienza ebraica
Nell’ebraismo, molto più che altrove, la tradizione svolge un ruolo – è
il caso di dire – fondamentale. Non sono pochi i precetti o anche le
consuetudini riconducibili solo alla tradizione. E se si pretende di
trovare una spiegazione razionale, ci si trova in grande imbarazzo.
Questo porta alcuni a credere che la tradizione sia qualcosa di fermo e
statico. Perciò dovrebbe essere sottoposta al vaglio critico della
ragione, riformata e alla fin fine respinta. Questo è l’atteggiamento
dell’uomo che crede di essere illuminato e che chiama la tradizione a
rispondere davanti al tribunale della ragione. Ma di quale ragione? La
sua? O una ragione che si vuole a tutti i costi universale? E
soprattutto: c’è davvero una alternativa fra tradizione e ragione?
Quanta tradizione è già confluita nella nostra ragione che è sempre
finita e storica? È sbagliato prendere per tradizionalismo un concetto
positivo di tradizione. Perché la tradizione è un processo vivo di
trasmissione storica del passato. È come un dialogo ininterrotto a cui
tutti prendiamo parte. Nell’ebraismo la tradizione è quel momento
riflessivo che si inserisce fra l’assoluto del Sinai e l’oggi peculiare
di ciascuno, fra la rivelazione e la ricettività spontanea e creativa
di ogni ebreo.
Donatella Di Cesare, filosofa
|
|
|
|
|
torna su |
rassegna stampa |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pochissime notizie nella rassegna di oggi, e non particolarmente significative. Le pagine romane di molti giornali (per esempio Spadaccino sul Corriere, De Chiara su Libero, Di Mario sul Tempo)
parlano del viaggio ad Auschwitz di un folto gruppo di studenti della
capitale, nel corso del quale il presidente della provincia Zingaretti
ha annunciato l’inizio dei lavori per il museo della Shoà, che dovrebbe
essere aperto nel 2012. Andrea Colombo su Libero
racconta la storia dell’impiegato di una banca svizzera, l’UBS, che
denunciò le manovre del suo istituto per incamerare i depositi
“dormienti” delle vittime della Shoah e che dopo essere fuggito negli
Stati Uniti per evitare una denuncia per violazione del segreto
bancario è costretto dalla miseria a tornare in una patria “che non gli
vuole bene”. Umberto De Giovannangeli approfitta del vuoto di notizie per ricucinare sull’Unità
la storia dei soldati laici buoni dell’accademia dei kibbutzim che
denunciano i cattivi religiosi per aver commesso atrocità durante la
guerra di Gaza: neanche una parola, naturalmente, sulle smentite
arrivate nel frattempo e sul carattere ideologicamente antisraleiano di
chi ha ispirato lo scandalo, il direttore della loro scuola Zamir, ex
ufficiale di zahal condannato per aver rifiutato di fare la guardia a
una cerimonia religiosa: calunniate, calunniate qualcosa resterà. Repubblica pubblica
un'intervista di Eugenio Occorsio a Zeki Yamani, “lo sceicco del
petrolio”, da cui si apprende che sarebbero le mosse di appeasement di
Obama con l’Iran e non la crisi economica a tener basso il prezzo del
petrolio. Il Messaggero racconta dell’ultima riunione del governo Olmert, Francesco Battistini su Il Corriere
parla dello scandalo in Giordania perché la regina Rania durante
l’operazione di Gaza avrebbe mandato a curare il suo cane malato in una
clinica veterinaria in Israele. Su Le Monde Eric Marty stronca l’ultima creazione della scuola masochistica/dilettantesca
della sedicente storiografia politica israeliana. Questa volta un certo
Shlomo Sand, specialista di tutt’altro, ha scritto un libro intitolato
in francese “Comment le peuple juif fut inventé”, in cui si sostiene
che non esiste alcun popolo ebraico sul piano genetico, che si tratta
di un’invenzione ottocentesca, che i veri discendenti di Abramo
sarebbero i palestinesi. Le prove sarebbero nell’espansione
internazionale dell’ebraismo durante l’impero romano, nel regno dei
Kuzari ecc., cioè negli episodi di conversioni massicce che si possono
ritrovare nella storia. Il punto politico della faccenda è naturalmente
la solita inversione di ruolo, questa volta a favore dei palestinesi:
il “verus Israel” non sono gli ebrei ma i loro nemici. Peccato che noi
siamo qui a testimoniare il contrario: am Israel chai (ndr Israele vive). Infine particolarmente surreale è un editoriale di Amira Hass sulla solita Haaretz,
che somiglia sempre più a un’edizione israeliana del Manifesto. La
pasionaria dei diritti palestinesi se la prende sia con Fatah che con
Hamas, perché discutendo delle regole per le elezioni del corpo
legislativo palestinese, legittimano lo statu quo post Oslo e non
denunciano la falsità della fine dell’occupazione. Capite, Al Fatah e
Hamas insieme complici di Israele per parlare di elezioni. E’ un
peccato, per Amira Hass e Haaretz che non si riuniscano per progettare
migliori attentati suicidi?
Ugo Volli
|
|
|
|
|
torna su |
notizieflash |
|
|
|
|
Israele:
29 ministri per il nuovo governo Netanyahu
che verrà presentato domani
alla Knesset Tel Aviv, 30 mar - Secondo
alcune anticipazioni uscite sulla stampa israeliana, quello che
Benyamin Netanyahu presenterà alla Knesset (parlamento israeliano) sarà
un "governone" composto da 29 ministri e 6 sottosegretari. Si tratta di
una cifra record di dirigenti, eguagliata in passato solo da Ariel
Sharon. Netanyahu, rileva il quotidiano Haaretz, si era accontentato di
18 ministri quando assunse la carica di premier per la prima volta, nel
1996. La moltiplicazione delle cariche e la creazione di nuovi
ministeri è una conseguenza diretta delle complesse trattative per la
composizione della coalizione di governo, in una Knesset molto
frammentata dove il Likud controlla appena un quarto dei deputati.
Secondo la stampa nemmeno la abbondanza di cariche ministeriali è
servita comunque a calmare le acque nel Likud - dove l'ex ministro
degli esteri Silvan Shalom attende ancora di sapere se riceverà un
ministero adeguato - e nel partito laburista dove restano forti
resistenze all'ingresso nel governo Netanyahu. Alcuni deputati
laburisti hanno avuto nei giorni scorsi contatti discreti con i
centristi di Kadima (che passano alla opposizione) e domani potrebbero
astenersi dal votare la fiducia al nuovo governo.
MO: ANP scioglie orchestra perché suona per le vittime della Shoah Gerusalemme, 29 mar - "Una
questione politica" così ha definito l'Olocausto un funzionario
palestinese, per motivare lo scioglimento di un'orchestra giovanile, da
parte delle autorità palestinesi a Jenin, in Cisgiordania, rea ai
loro occhi di aver suonato per sopravvissuti all'Olocausto, alcuni
giorni fa a Holon in Israele. Secondo quanto ha riferito oggi
l'edizione on line dello Yedioth Ahronoth, infatti, il funzionario
palestinese ha spiegato il provvedimento affermando che i 13
membri dell'orchestra Archi per la Libertà non avrebbero dovuto
suonare per i sopravvissuti in quanto l' Olocausto è "una questione
politica". L'orchestra si era esibita a Holon nel quadro di una serie
di iniziative per il Giorno dei buoni gesti. Uno dei musicisti, Ali
Zeid, di 18 anni, ha detto di avere simpatia per i sopravvissuti ai
campi di sterminio nazisti. "Solo popoli che hanno sofferto possono
comprendersi l'un l'altro" ha detto il musicista.
|
|
|
|
|
|
torna su |
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
|
|