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    6 aprile 2009 - 12 Nisan 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Ormai sappiamo tutti che tra due giorni, nelle prime ore del mattino, si reciterà una benedizione speciale per ricordare la creazione del sole. E' un semplice rito, che si compie una volta ogni 28 anni. La formula che verrà recitata è "benedetto sia Colui che fece l'opera della creazione". Ma questa  benedizione non si recita solo in questa ben rara circostanza. E' prescritta in occasione di altri fenomeni naturali: il passaggio di comete, lampi, tuoni, venti eccezionali, e guarda caso, terremoti (Shulchan Arukh Orach Chaym 227). Questa notte, come abitanti dell'Italia centrale svegliati dal terremoto abruzzese, se ne avessimo avuto la presenza di spirito avremmo dovuto recitarla, anticipando di due giorni l'altra benedizione "ufficiale". L'idea che sta dietro a queste prescrizioni è che i fenomeni naturali siano espressione della creazione divina che continua (altri benedicono con la formula "benedetto sia Colui della cui forza e potenza è pieno il mondo"). Insieme a questo, un ridimensionamento del ruolo umano, che ad  esempio, ancora oggi, non è neppure in grado di fare previsioni. C'è una cosa in cui però l'uomo può essere grande in queste occasioni, ed è nella solidarietà.
La ragazza di diciassette anni frustata
pubblicamente in Pakistan perché in compagnia di un uomo che non era suo marito è solo l'ennesimo caso, particolarmente violento, di una discriminazione e di una subordinazione che nei paesi islamici colpisce le donne, tutte le donne in quanto tali. Intanto, in maniera meno cruenta ma altrettanto forte simbolicamente, i giornali ultaortodossi israeliani cancellano dalle foto ufficiali del governo le immagini delle due ministre. Per gli ebrei ultraortodossi, fare il ministro è cosa contraria alla decenza e alla modestia delle donne. Per fortuna, gli ultraortodossi non hanno il potere di fare di più. Solo nel mondo occidentale le donne godono di parità di diritti con gli uomini, ed anche questa parità è in fondo assai recente. Potrebbe anche non durare un altro secolo, potremmo essere ributtati indietro, in un mondo dove comandano gli uomini e le donne non possono nemmeno andare a scuola. Pensiamoci, non smettiamo di pensarci, di appoggiare le donne obbbligate a portare il velo, a rinunciare allo studio, ed anche ad essere cancellate dalle fotografie, cosa che ci sembra talmente ridicola da non farci nemmeno indignare: folklore! Certo, ad essere cancellata è un'immagine, ma quest'immagine rappresenta una persona, viva, che pensa, che lavora, che esiste come persona. Cancellarla dalla foto vuol dire volerla cancellare dalla realtà.
Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  aquila via fortebraccioTerremoto in Abruzzo - La Giunta dell'Unione
chiama tutti a un grande slancio di solidarietà

Momenti febbrili, di fronte alla tragedia del terremoto in Abruzzo, anche per le istituzioni degli ebrei italiani
La Giunta dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è riunita dalle prime ore di questa mattina e sta seguendo con apprensione l'andamento dei primi soccorsi alle popolazioni colpite dal sisma. Fra le ipotesi prese in considerazione, in collaborazione con le Comunità ebraiche italiane, anche la messa in campo di risorse e competenze dell'Ospedale Israelitico della Capitale e di altre strutture sanitarie e assistenziali dell'ebraismo italiano.
Come già avvenuto in altre circostanze difficili, l'Unione ha lanciato un pressante appello agli ebrei italiani e a tutte le Comunità ebraiche italiane affinché offrano il loro apporto a ogni iniziativa, organizzata in sede locale o nazionale, che possa portare sollievo alle popolazioni colpite. La Giunta dell'Unione ha espresso la propria partecipazione al dolore delle famiglie delle vittime e delle popolazioni colpite dal disastro.

carta aquilacarta gerusalemmeMessaggi di solidarietà e proposte di aiuto sono state inviate anche dallo Stato di Israele, l'ambasciatore di Israele in Italia Gideon Meir ha riferito a radio Gerusalemme che il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha espresso al presidente del consiglio Silvio Berlusconi le condoglianze per le vittime del terremoto che oggi ha colpito l'Italia centrale. L'ambasciatore ha aggiunto che il ministro degli esteri Avigdor Lieberman resta in contatto con il suo omologo italiano Franco Frattini. Radio Gerusalemme ha detto che mancano ancora notizie aggiornate su alcuni studenti israeliani iscritti all'Università dell'Aquila.
Nel frattempo i dirigenti del Maghen David Adom, l'equivalente israeliano della Croce rossa internazionale, in un messaggio alla Croce rossa italiana hanno espresso
partecipazione al lutto delle famiglie colpite dal sisma e hanno assicurato di essere disposti ad inviare aiuti, anche immediatamente.


(Gli inestimabili tesori della città dell'Aquila racchiudono anche antichissimi legami con le tracce delle presenza ebraica nella regione e con la cultura ebraica. La pianta della città abruzzese ripete la fisionomia urbanistica di quella di Gerusalemme. Nella via Fortebraccio - nell'immagine in alto - aveva sede, dopo il primo millennio, una presenza ebraica nella città. Nella piantina a sinistra L'Aquila - In blu la "Fontana delle 99 Cannelle e il fiume Aterno. In  rosso la linea delle antiche mura. Nella piantina a destra Gerusalemme - Il puntino blu è la "Fontana di Siloe" adiacente al fiume Kidron. In rosso la linea delle antiche mura)




schiaviVerso Pesach - Primavera di Israele
e primavera dei popoli

Siamo usciti dall'Egitto nel mese di primavera e Pesach deve ricorrere sempre di primavera (Esodo 13,4; 26,15; Deut. 16,1) ed è proprio questa richiesta che ha fatto sì che il lunario ebraico debba prendere in considerazione anche il calendario solare.
Secondo la concezione ebraica la storia del popolo ebraico ha diverse influenze: prima di tutto una influenza nazionale: nel mese "di Nisan sono stati redenti, di Nisan saranno redenti" (così secondo Rabbì Yeoshua; Talmud, Rosh Hashanà 10b); ma dal popolo ebraico si passa all'umanità intera: "la primavera della nazione ebraica è la primavera di tutti i popoli" esclamerà il Rav Kook, che, nella sera del Seder di Pesach, arrivato nella lettura della Haggadà al passo: "se non ci avesse fatto uscire dall'Egitto…" spiegava: ché se non avesse fatto uscire i nostri padri dall'Egitto verso la libertà, alle pendici del monte Sinai per la donazione della Torà, tutto il mondo ne avrebbe risentito in modo irreparabile: allora fu data la visione della redenzione di tutta l'umanità, della verità e della giustizia.
Siamo usciti dall'Egitto verso la libertà, per portare la libertà al mondo intero, per poter migliorare il mondo con il Regno dei Cieli e nostro compito è appunto quello di insegnare l'unicità di D-o e l'unicità del mondo. Ma da qui, dalla primavera di Israele a quella dei popoli, si arriva anche ad una primavera cosmica: tutta la natura sembra partecipare a questa primavera, i cui effetti si sentono anche sopra della natura.

Alfredo Mordechai Rabello, giurista, Università Ebraica di Gerusalemme

(Immagine tratta dall' Haggadà di Pesach curata da Lea Campos e Riccardo Di Segni, Carucci Editore)




mazzahSpeciale Pesach 5769

Diario
Questi sono i giorni dei preparativi più intensi. Ricordiamo le cose più importanti: sistemare le abitazioni, togliendo chametz e isolando i recipienti usati tutto l’anno per il chametz; domani sera la ricerca del chametz deve essere la fine e non l’inizio del lavoro; finire gli acquisti di alimenti, pensando anche agli alimenti tollerabili per necessità, che è meglio non acquistare proprio a Pesach, preoccuparsi di chi non può celebrare degnamente Pesach, portando cibo od offerte direttamente o attraverso istituzioni affidabili (come la Deputazione di assistenza a Roma), predisporre il documento di delega per la vendita del chametz da consegnare entro mercoledì mattina.


Guida alle regole: La vendita del chametz
La Torà ripetutamente (Shemot 12:19, 13:7, Devarim 16:4) proibisce, oltre al consumo di chametz, la sua presenza in casa (“non deve essere visto”, “non deve essere trovato”). Si adempie a questa regola semplicemente eliminando da casa le sostanze lievitate, programmando da tempo il loro consumo ed evitando di comprarlo in quantità eccessive prima di Pesach. La complessità della vita attuale rende spesso difficile osservare questa regola, eliminando abbondanti e costose scorte, senza incorrere in gravi perdite economiche. La tradizione rabbinica ha per questo trovato una soluzione legale, che è quella della vendita del chametz. Se il chametz non è di nostra proprietà e sta in locali di cui non si possa anche temporaneamente disporre, la sua presenza non rappresenta più una trasgressione del divieto della Torà. Se è di un altro ebreo, sarà lui a essere il trasgressore. Ma se la proprietà è di un non ebreo, non ci sarà nessuna trasgressione, perché questi non ha nessun obbligo personale sul chametz. Come mettere in pratica questa soluzione? Prima di tutto, limitarne l’impiego con una programmazione attenta di acquisti e consumi. Poi, concentrando tutte le sostanze in un unico ambiente separato (una stanza, una soffitta, una cantina, un garage, al limite –anche se non è una soluzione ideale- un armadio che rimane chiuso per tutto il tempo della festa). La proprietà del locale deve essere quindi ceduta con un contratto di affitto e quella delle sostanze ceduta con un atto di vendita. Alla fine di Pesach il contratto di affitto scade; l’acquirente, che ha versato alla stipula del contratto un acconto, può decidere di versare il saldo, diventando proprietario della merce, o rinunciare alla proprietà recuperando l’anticipo. In questa seconda ipotesi le merci tornano di proprietà del venditore. Ciascuno, avendone le competenze, può predisporre personalmente gli atti e affittare/vendere a un non ebreo i suoi locali e le sostanze che vi ha messo. Tutto questo potrebbe sembrare una finzione legale, ma perché funzioni è necessario che non sia una finzione ed abbia effettivo valore legale; è quindi necessario predisporre atti che siano validi sia per la legge ebraica che per la legge civile. Per questo è necessaria una adeguata competenza, che non tutti possono avere. Si risolve il problema delegando un rabbino competente alla stipula dell’atto; nell’atto di delega il delegante dovrà indicare il suo nome e l’esatta collocazione dei locali, rendendosi disponibile a renderli accessibili. Il rabbino delegato dispone il contratto collettivo di affitto/vendita e vi allega tutte le deleghe ricevute. Tutto questo entro l’ora di mercoledì mattina entro la quale è consentito godere del chametz.
Il chametz che non è stato venduto non può essere goduto dopo Pesach. Chi per esempio non ha venduto un pacco di spaghetti, o una bottiglia di whisky, dopo Pesach non può usarli per sé ma non può neppure offrirli a chiunque inviti in casa sua perché oltre a trasgredire una norma personale, metterebbe in situazione imbarazzante anche i suoi ospiti. Un motivo in più per stare attenti all’osservanza di questa regola.


Un pensiero rabbinico: Schiavi del Faraone
La Haggadàh si apre con le parole “in Egitto eravamo schiavi del Faraone”. Il rav Soloveitchik si chiede perché ricordare che fummo schiavi del Faraone, mentre forse sarebbe stato sufficiente dire che fummo schiavi in Egitto. Nella storia dell’umanità sono esistiti vari tipi di schiavitù: in Grecia e in America gli schiavi appartenevano ad individui; nella Germania nazista e nella Russia sovietica le persone erano schiavizzate dallo stesso sistema politico. Nel primo caso fra padrone e servo è possibile che si realizzi un rapporto di empatia, confidenza e fiducia: questo è ad esempio il caso di Yosef e Potifar; nella schiavitù di Stato invece l’anonimato esclude ogni forma di rapporto umano, e lo schiavo si tramuta in un numero. Questa era la condizione degli ebrei in Egitto, e la Haggadàh enfatizza questa dimensione.

Rav Ariel Di Porto


Questo e altri contenuti speciali su Pesach nel sito moked.it
 
 
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  donatella di cesareMoses Mendelssohn e la portata universale
del Seder di Pesach

Moses Mendelssohn, il grande filosofo tedesco che nel Settecento ha dato voce al rinnovamento dell’ebraismo moderno, ha visto nel Seder di Pesach un modello rituale e simbolico di portata universale. Tutti i riti ebraici – sostiene Mendelssohn – sono connessi con l’esodo.

Per questo si richiama a Nachmanide che nel suo commento alla Torah spiega che questo nesso non è casuale: il miracolo della liberazione è la prova manifesta dell’esistenza, dell’onnipotenza e della giustizia di Dio. Ma spetta a Israele rammentare e rinnovellare con segni (ottijot) il miracolo della liberazione. Proprio durante le apparenti assenze di Dio Israele può e deve rinviare, con le sue “testimonianze” (edot) rituali, a un ordinamento del mondo altro e migliore dove non sono i Faraoni ad avere l’ultima parola.

Queste testimonianze insegnano a vedere l’oltre nella vita del singolo e della comunità, e cioè quel nascosto e incessante operare della Torah. Perciò l’esodo è il fondamento stesso della religione ebraica. Non si tratta infatti della celebrazione di una identità particolaristica, ma dell’affermazione dell’ebraismo come religione universale che nel segno dell’esodo promette la redenzione dell’umanità. 

Donatella Di Cesare
 
 
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Solo due notizie e qualche intervento o analisi nella rassegna di oggi. La prima notizia, data dal Secolo XIX e dal Messaggero e dunque prodotto di agenzia riguarda una ragazza beduina che l’altro ieri è stata uccisa durante uno scontro a fuoco mentre tentava di assalire una caserma della polizia di confine nel sud di Israele. Brava ragazza, a quanto pare, che si sentiva così solidale con la lotta palestinese da scegliere consapevolmente una morte da “martire”. C’è da interrogarsi naturalmente sul perché di questa morte assurda, priva anche del senso pratico di un crimine terroristico e da considerare l’educazione che l’ha indotta.
La seconda notizia (Il Mattino) riguarda l’adunata neofascista di Milano, contro cui l’Ucei aveva protestato. L’incontro convocato da Forza nuova si è svolto regolarmente in un albergo milanese, con la solita coreografia di saluti romani. Non vi sono stati i due interventi pubblici alla basilica di Sant’Ambrogio e alla Borsa che i neofascisti avevano annunciato, e anche il presidio antifascista si è svolto senza incidenti.
Le opinioni. Da segnalare innanzitutto un bell’editoriale di Pierluigi Battista sul Corriere che prende spunto dal filmato di una pubblica fustigazione avvenuta nella valle dello Swat, dove recentemente il governo Pakistano ha restaurato la shaaria; la torturata che chiede invano pietà è una giovane donna “colpevole” di aver visto un uomo diverso da suo marito. Battista si interroga sull’assuefazione, che in fondo è acquiescenza dell’opinione pubblica occidentale a questo orrore islamico.
Sull’Herald Tribune, Michel Slackman parla della freddezza delle reazioni egiziane alla ricorrenza dei trent’anni del trattato di pace con Israele. Su Le Monde Schlomo Sand difende – in maniera molto aggressiva ma poco convincente, a mio modo di vedere - il suo libro sull’”inesistenza” del popolo ebraico, di cui avevamo segnalato lunedì scorso su questa rassegna stampa la stroncatura di Eric Marty sullo stesso giornale.
Da leggere sul Jerusalem Post (Howard Smith) e sul Tempo (intervista a Sandro di Castro, con qualche spiacevole errore di trascrizione dall’ebraico) delle opinioni e spiegazioni alla “benedizione al Creatore del sole” che si pronuncia ogni 28 anni e ricorrerà mercoledì prossimo.
Francesco Battistini infine racconta sul Corriere le reazioni alla nomina da parte della commissione Onu sui diritti umani (se non andiamo errati quella presieduta dalla Libia, che sta organizzando la conferenza Durban 2) per indagare sui “crimini” israeliani a Gaza di un “giudice ebreo” che vive in Sudafrica. Il problema però non è l’appartenenza di questo giudice Goldstone al popolo ebraico, che dovrebbe essere una sua privata qualità, ma la missione di condanna che gli è stata affidata e che lui ha accettato dicendo che indagherà in tutte le direzioni. C’è, per la mia sensibilità, un sospetto di razzismo non casuale, nell’insistere sull’appartenenza ebraica di Goldstone.

Ugo Volli

 
 
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Israele, preoccupazione per gli armamenti nucleari iraniani
Tel Aviv, 6 apr -
Lo stato maggiore delle forze armate israeliane è preoccupato della possibilità che un Iran dotato di armi nucleari possa in futuro proteggere i nemici immediati dello Stato ebraico.Il generale Dan Harel, vice capo di stato maggiore, ha affermato che "malgrado i tentativi internazionali, prosegue la corsa agli armamenti nucleari da parte dell'Iran" e ciò rappresenta la 'minaccia numero uno' per lo Stato ebraico".
"Israele - ha proseguito il generale Harel - ha già detto in passato che preferisce in merito una soluzione politica, ma deve egualmente essere pronto ad un ventaglio di possibilità di reazioni".
"Il timore - ha detto ancora il generale Harel, in una conferenza il cui contenuto è stato riferito dalla radio militare - non è solo per gli ordigni nucleari, ma anche per l"ombrello nucleare che l'Iran garantirà alle organizzazioni terroristiche". Il generale faceva riferimento in particolare agli Hezbollah libanesi e ai palestinesi di Hamas, entrambi di orientamento filo-iraniano, con i quali le forze armate israeliane sono state impegnate negli ultimi anni in aspri confronti. 

 
 
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